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Sofo (FDI): “In Europa, per la difesa delle identità e dei confini"

Sofo (FDI): “In Europa, per la difesa delle identità e dei confini"

“Immigrazione, difesa delle identità e diritti civili sono temi cruciali per il nostro Paese e il nostro continente. Rappresentato i rischi e le opportunità per l’Europa”. Vincenzo Sofo, candidato con Fratelli d’Italia nel Nord-Ovest, corre per una riconferma come eurodeputato. Eletto al Parlamento europeo in quota Lega 5 anni fa per la circoscrizione Sud, ha lasciato il partito di Salvini tre anni fa – in polemica con l’ingresso nel governo Draghi – e ora da esponente di Fratelli d’Italia e del gruppo ECR corre per il partito di Giorgia Meloni. L’intervista ad Affaritaliani.it.

Quali sono i temi da porre al centro della prossima legislatura?
I temi principali sono la difesa delle identità e le istanze dei territori che rappresentiamo. Ho fatto 5 anni da parlamentare europeo in cui sono stato il rappresentante di Fratelli d’Italia nella Commissione Affari Interni, che si occupava di immigrazione e diritti civili, temi cruciali. Oltre ai temi legati all’economia e alle follie pseudo green come la direttiva sulle case e i ritmi della transizione energetica assolutamente insostenibili, c’è un tema identitario: che Europa vogliamo per i prossimi 50 anni? Siamo di fronte a ondate migratorie che se non gestiamo bene rivolteranno la composizione e la tenuta sociale del nostro continente. Lo vediamo già in Francia e Belgio. Siamo di fronte a una battaglia per salvaguardare i principi cardine e i fondamenti della civiltà europea. L’Europa ha senso come civiltà ma se distruggiamo i pilastri della civiltà a colpi di cancel culture e ideologia woke distruggiamo la base di un’Europa che si è definita come tale.

Altra sfida è l’intelligenza artificiale. Ha denunciato i rischi portati da quella che ha definito “ideologizzazione degli algoritmi per imporre l’ideologia woke e del politicamente corretto sponsorizzata dalle sinistre”. Vede questo rischio? È soddisfatto delle risposte contenute nell’AI Act?
L’intelligenza artificiale è un tema molto delicato e importante perché da una parte c’è il progresso tecnologico, che dobbiamo sostenere, ma anche qui c’è un problema di sovranità: come Europa ci siamo fatti trovare in colpevolissimo ritardo e oggi la tecnologia che utilizziamo è in mano a potenze straniere, Usa e Cina, e questo porta un tema di sovranità dei nostri dati personali. Ora è un tema di dibattito a Bruxelles il fatto di chi detenga tutte quelle che sono le informazioni riguardanti i cittadini europei. Dobbiamo essere capaci di sviluppare una tecnologia europea per essere sovrani dal punto di vista tecnologico. Poi c’è un tema etico: l’AI pone una serie di problemi sulle conseguenze che può avere sul lavoro. Di recente è uscito un report di Goldman Sachs che spiega come l’intelligenza artificiale metta a rischio 300 milioni di posti di lavoro nel mondo, soprattutto nei Paesi più sviluppati. Dobbiamo riflettere a un ripensamento totale e drastico. Già oggi in Europa abbiamo il 20% della popolazione che rasenta la soglia di povertà. L’Ai Act è un primo piccolo tassello, noi non ci siamo opposti, ma ancora siamo lontanissimi dal proporci come attori protagonisti in questo scenario rivoluzionario. Dobbiamo porci il tema etico a 360 gradi. Il tema anche della sorveglianza e social scoring già viene toccato in quel documento ma va approfondito e sviluppato.

L’Europa ha cercato di dare risposte comuni anche sulla migrazione. Soddisfatto dell’ultimo Patto votato dal Parlamento?
Sulla migrazione, quello votato in Parlamento è sicuramente un documento migliorativo rispetto alla proposta iniziale che era passata nella mia Commissione di competenza. Quello era un manifesto immigrazionista a tutto tondo. Poi grazie alla mediazione fatta dal Consiglio europeo, e dai governi di destra che siedono nel Consiglio, siamo arrivati a una forza di compromesso che fa passi in avanti dal punto di vista delle procedure di rimpatrio e dei controlli alle frontiere su chi arriva. Ma non fa passi in avanti nel dossier sulla gestione dell’asilo e della migrazione che noi in Parlamento europeo come Fdi abbiamo votato contro, per il fatto che non affronta il tema della ripartizione dei migranti tra Stati europei. È una soluzione che non affronta i problemi dei Paesi di primo approdo che si trovano da soli a dover gestire l’accoglienza e soprattutto non affronta il vero problema, che non è ripartire e ricollocare ma fare in modo che non arrivino, non farli partire. Abbiamo iniziato ad affrontarlo come Italia, grazie ai memorandum con la Tunisia che sta portando a cali del 70% dei flussi migratori illegali. Lo ha ammesso lo stesso Commissario europeo all’immigrazione, che nella prossima legislatura occorre porsi il problema di un’azione esterna che metta dei filtri. Finché non c’è questo non possiamo dirci soddisfatti. Chi ha attaccato il governo Meloni dicendo di aver promesso il blocco navale e non averlo fatto, noi rivendichiamo come soluzione il blocco navale ma abbiamo sempre parlato di blocco navale europeo, operazione militare europea per chiudere quelle frontiere. Non può farlo da sola l’Italia. C’è bisogno di un’operazione congiunta dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo: anche Spagna, Francia, Grecia. Peccato che la Spagna e la Francia hanno detto no a questa soluzione.

Cosa ne pensa del voto contrastante sulla riforma del Patto di Stabilità?
Penso che con il Recovery Fund poi declinato in Pnrr abbiamo fatto un passo in avanti, oltre l’Europa dell’austerity, verso l’Unione come soggetto investitore e costruttore. Poi credo anche che il Pnrr sia stato mal declinato in fase di negoziazione iniziale da parte del governo giallo-rosso. Il problema è che ora non possiamo annullare questo passo avanti con il ritorno alle regole del Patto di Stabilità che fanno tornare indietro di 10 anni. Non possiamo andare avanti alimentando il debito pubblico perché anche questo pone problemi di sovranità. Ma dopo la crisi del Covid e quella inflazionistica non possiamo chiudere le maglie del welfare state per porre solo delle regole di pareggio di bilancio. Torna un problema atavico, storico, che va risorto: la divergenza tra i paesi del Nord e del Sud Europa.

La leader del suo partito, e presidente del Consiglio, corre da capolista per le europee. Lo fanno anche altri leader italiani come la segretaria Schlein e il vicepremier Tajani. È un unicuum italiano? Meloni è anche l’unica premier candidata tra i Paesi europei.
Non è strano che Meloni sia l’unico premier a candidarsi. La corsa alle europee dei leader di partito come capilista fa parte delle strategie che i partiti si danno in questa competizione. Chi sottolinea il fatto che sia una cosa tipicamente italiana dice il vero ma si dimentica di dire tutta la verità. È tipicamente italiano alle elezioni europee avere circoscrizioni territoriali e preferenze. Noi siamo l’unico grande Paese europeo che ha questo sistema elettorale per le europee. In Francia e Spagna ci sono liste elettorali bloccate. Avere un sistema di questo tipo implica scelte di questo tipo.

Nella scorsa legislatura come rappresentante della circoscrizione Sud ha portato avanti battaglie attente al territorio la Statale 106, sulla dosale ionica. Da eventuale rappresentante del Nord-Ovest porrà al centro infrastrutture e territori?
Continuerò a battermi per la realizzazione delle infrastrutture perché penso siano fondamentali per lo sviluppo dei territori. Penso che dobbiamo ripensare il nostro modello di sviluppo dei territori, in Italia e in Europa. il modello della concentrazione di servizi, infrastrutture e opportunità in poche grandi città, il famoso “modello delle città Stato” che anche a Milano a un certo punto ha preso piede è fallito. Lo abbiamo visto anche con il Covid e il moto di reazione dei cittadini che hanno capito quanto sia insostenibile vivere in queste città, anche a causa di politiche portate avanti da alcune Giunte come quella di Sala. Dobbiamo invece redistribuire queste risorse e sviluppo anche nei territori di provincia per demetropolizzare, dare respiro e far vivere tutti i territori. Le aree interne sono fondamentali, le città intermedie anche. Dobbiamo valorizzare tutti i territori e avere un’armonia di sviluppo.

Meloni sembra avvicinarsi a Ursula von der Leye. Come valuta la sua presidenza alla Commissione?
L’operato della presidente von der Leyen lo valuto non sufficiente. È innegabile che nell’ultima fase del suo mandato abbia cercato di correggere la sua rotta e avvicinarsi alle istanze delle destre, ad esempio sulle politiche migratorie.

Chi vede come suo successore?
Non si sceglie un presidente del Consiglio nemmeno in Europa. Sono elezioni proporzionali, si votano i partiti e si vede poi la coalizione che ha la maggioranza: sulla base di questo si fanno le trattative. Il nostro obiettivo è impedire una nuova maggioranza Ursula, una maggioranza di centrosinistra, e arrivare a una maggioranza di centrodestra. È il consiglio europeo a scegliere il presidente della Commissione, non è un tema da Parlamento europeo. Il Ppe ha indicato von der Leyen che già è stata azzoppata da una parte del partito stesso e vediamo in base ai numeri chi avrà l’onore e l’onere di indicare un nome e che tipo di programma porterà avanti. Noi l’alleanza con la sinistra non la faremo mai.

Come valuta un eventuale ruolo di Draghi in Europa? Lei è uscito tre anni fa dalla Lega proprio in contrasto all’appoggio di Salvini al governo Draghi
Ho contestato l’operazione Draghi. È stato proposto come presidente del Consiglio di un governo di centrosinistra e sono uscito dalla Lega il giorno stesso in cui Salvini ha preso parte al governo. Se domani mi dovessi trovare Draghi al governo di un centrosinistra in Europa il giudizio sarà esattamente lo stesso.

La Lega è spaccata sulla candidatura divisiva del generale Vannacci. Cosa ne pensa?
Sono molto sovranista su questo. Sono cose interne alla Lega. Compete a loro gestirle e commentarle. Rispetto le loro scelte ma non ci entro dentro.

È infine soddisfatto dei candidati per il Nord-Ovest?
Si. Inoltre, è molto stimolante sapere che ci sfideremo con capilista come Ilaria Salis, Emma Bonino, Cecilia Strada o candidati come Zan. Sarà stimolante far confrontare due idee chiaramente opposte di società e di Europa. Una figura come la mia sarà nettamente contrapposta a queste candidature che esprimono la sinistra.








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