Brexit, scoppia la guerra delle tasse in Europa - Affaritaliani.it

Affari Europei

Brexit, scoppia la guerra delle tasse in Europa

Da Londra a Roma si moltiplicano le iniziative per abbattere le tasse e attirare le imprese. Il rischio? Una guerra delle imposte

E se l'effetto principale della Brexit fosse quello di una diminuzione generalizzata delle tasse per le imprese in tutta Europa? É questo lo scenario che si sta delineando dopo che il popolo britannico ha votato per l'uscita della Gran Bretagna dall'Unione europea.

Londra: flat tax al 15%

Il cancelliere dello scacchiere (il nostro ministro dell'Economia) George Osborne ha annunciato una ricetta piuttosto radicale per evitare la crisi post-referendum: portare le tasse alle imprese al 15%, dal 20%, per attrarre le realtà aziendali ora incerte sul futuro economico dell'isola. Una mossa di dumping fiscale nei confronti degli altri paesi europei e che avvicinerebbe la Gran Bretagna ai livelli irlandesi, dove le tasse alle imprese si fermano a uno striminzito 12,5%.

Londra teme la fuga delle imprese

Il terrore della Gran Bretagna é infatti che le molte imprese che oggi hanno sede a Londra, Glasgow o Belfast facciano le valigie e traslochino oltre Manica per rimanere all'interno dell'Europa, o meglio, del mercato unico europeo e delle sue regole. Un taglio delle tasse potrebbe in qualche modo compensare i disagi provenienti dalla Brexit.

Le aziende hanno giá iniziato a fare gli scatoloni

Facciamo un esempio. La Caterpillar, azienda americana, ha i suoi stabilimenti produttivi in Inghilterra. Ma i mezzi per l'edilizia vengono esportati per la maggior parte nell'Europa continenteale. L'uscita dal mercato unico di Londra significa che quei mezzi dovrebbero passare una frontiera ed essere soggetti a controlli e balzelli. Un inconveniente che potrebbe spingere l'azienda Usa a trasferirsi in Germania o in qualche paese dell'Est.

In Europa rischio dumping fiscale

Inutile dire che le altre capitali europee sono sul piede di guerra. Un taglio delle tasse del genre potrebbe addirittura portare imprese che storicamente sono legate ad Paese europeo a scegliere Londra come sede per gli affari. A questo punto la decisione del governo Cameron di abbassare le tasse provocherebbe una reazione a catena, da Bratislava a Roma. I governi sarebbero spinti ad abbassare le tasse per tenersi in casa le imprese o per rubare quelle del Paese vicino.

Anche in Italia l'idea di una no tax area

D'altronde ad aprire questa fase é stato lo stesso Renzi che subito dopo la Brexit ha lanciato l'idea di una no tax area nella zona dell'Expo, a Milano, e in quella di Bagnoli, a Napoli. Due aree in cui le imprese non pagherebbero neppure un euro di tasse per un periodo limitato di tempo. Una mossa tesa a intercettare le aziende in fuga dalla Gran Bretagna, che peró ora hanno ricevuto la contro-offerta inglese.

Per l'Italia piú posti di lavoro, ma rischia l'Erario

E per i privati cittadini? Per le partite iva tartassate e per i lavoratori dipendenti? Nessun vantaggio immediato, anzi, il rischio é che per favorire il flusso di imprese l'Erario veda contrarsi le sue entrate, con ricadute sui bilanci pubblici. Il lato positivo peró c'é. Se davvero nuove imprese si trasferissero in Italia questo si tradurrebbe in nuovi posti di lavoro e nella creazione di un indotto che compenserebbe eventuali svantaggi.

Una distorsione della concorrenza

Ma non tutti sono d'accordo, specie le aziende italiane che potrebbero vedersi arrivare i concorrenti in casa. Un esempio? Mettiamo che una importante società di consulenza inglese decida di trasferirsi a Milano. Giocherebbe alle stesse condizioni delle sue concorrenti italiane ma con il grande vantaggio di non dover pagare neppure un euro di tasse.