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Affari Europei
Cina economia di mercato? No di Strasburgo

Entro la fine dell'anno la Commissione europea dovrà decidere se riconoscere alla Cina lo status di economia di mercato. Uno formula che si porta dietro alcuni benefici per Pechino che potrà avere maggiore libertà di esportazione delle sue merci senza che gli Stati possano, ad esempio, imporre dazi particolari anti-dumping. 

Il riconoscimento, dice Pechino, é automatico, visto che da ormai quindici anni il Dragone é membro del Wto, l'Organizzazione mondiale del commercio, ma secondo il Parlamento europeo un simile riconoscimento é da escludere. Primo, perché l'economia cinese é ancora strettamente a guida statale. Secondo, perché le imprese europee che operano in Cina spesso sono vittime di politiche ostruzionistiche. Terzo, perché la Cina ricorre a pratiche scorrette, come il dumping, per inondare di beni sottocosto i mercati europei e fare fuori la concorrenza nostrana, vedi acciaio e pannelli solari. 

La Commissaria europea al commercio, Cecilia Malmstrom, ha aperto all'ipotesi del riconoscimento, ma i parlamentari temono che il suo giudizio sia influenzato dalla partecipazione di Pechino al Fondo strategico europeo, uno strumento voluto da Juncker e che dovrebbe muovere in Europa fondi per 300 miliardi di euro.

"È evidente che mancano i requisiti per riconoscere lo status alla Cina: attualmente ne possiede solo uno su cinque", ha dichiarato Salvatore Cicu, eurodeputato di Forza Italia e membro della commissione per il commercio internazionale. "Il Ppe ha assunto l'iniziativa di voler consultare il sistema imprenditoriale europeo, tramite audizioni per confrontarsi con le aziende e comprendere i reali effetti sui diversi settori di un eventuale riconoscimento alla Cina. L'Europa gioca una scommessa di serietà e dovrà agire in maniera cauta, mantenendo attenzione e trasparenza. È in gioco l'equilibrio mondiale, dove l'Europa è chiamata a mantenere un ruolo chiave".

Sulla stessa linea anche i socialisti europei. "Il gruppo S&D è convinto che la concessione automatica dello status di economia di mercato alla Cina sarebbe prematura", ha dichiarato il presidente del gruppo, Gianni Pittella. "Data l'attuale situazione economica in tutto il mondo chiediamo alla Commissione europea di procedere ad una valutazione completa e formale dell'impatto prima di prendere qualsiasi decisione in merito. Ci sono molte industrie europee, specialmente nel settore dell' acciaio, della ceramica, del solare e dei tessuti che potrebbero essere drammaticamente colpite dal dumping cinese sul piano sociale, ambientale e fiscale".

Dello stesso parere anche i 5 Stelle. "In Ue chi ci guadagna? Non possiamo consentire che vengano letteralmente distrutti interi comparti produttivi della nostra economia, solo perché il commercio di alcuni Paesi ne trae beneficio, solo perché le imprese di alcuni Stati membri hanno investito molto in Cina negli ultimi anni”, ha dichiarato David Borrelli, membro delle Commissioni Inta e Itre. “L'impatto di tale decisione sul comparto produttivo italiano sarebbe disastroso, un colpo di grazia alle nostre industrie, con ricadute pesantissime sull’occupazione e sul nostro know-how: siderurgia, meccanica, chimica, ceramica, bulloneria, carta, calzature, tessile, arredo."

Uno studio dell'Economic Policy Institute ha rilevato come il riconoscimento dello status di economia di mercato alla Cina potrebbe portare ad una contrazione del 2% del Pil dell'Europa e ad una perdita di posti di lavoro pari a 1,7-3,5 milioni di unitá.

Chi si schiera con Pechino? Uno dei pochi Stati favorevoli a tale concessione é la Germania che, accusano i critici, esporta in Cina macchinari e prodotti semilavorati. Una espansione in Europa delle esportazioni cinesi avrebbe dunque come effetto quello di aumentare anche l'export tedesco verso Pechino, a scapito pero' dell'industria nostrana.

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