Contratto romeno ma lavoro in Italia. Cosí le imprese sfruttano le norme Ue
Per abbattere i costi del lavoro sempre piú imprese italiane assumono dipendenti con contratti dell'Est europa, sfruttando le norme europee
Lavoravano in Italia come autisti di tir, ma lo stipendio lo percepivano in lea, la moneta romena. E' lo scandalo scoppiato a Stradella, in provincia di Pavia, dove 70 dipendenti di un colosso internazionale della logistica sono entrati in sciopero a causa del contratto che erano stati obbligati a firmare. Per lavorare, questo il ricatto, avevano dovuto accettare di risultare come dipendenti di una agenzia interinale romena da cui percepivano lo stipendio in valuta locale (appena 307 euro al mese) nonostante lavorassero in Italia.
La truffa: lavoro in Italia, contratto romeno
Lo sciopero ha fatto scoppiare il caso, ma non é la prima volta che le aziende sfruttano le norme europee (in questo caso illegalmente) per pagare meno i loro dipendenti. Giá, perché uno dei principi cardine dell'Unione europea é la libera circolazione delle persone e dei lavoratori. Un italiano puó essere assunto in Germania senza dover chiedere green card o passare attraverso procedure burocratiche particolari. Così come un avvocato o un dentista nostrani possono aprire uno studio in Danimarca o Polonia senza oneri aggiuntivi o fare richiesta per una concessione pubblica (la famigerata Direttiva Bolkestein).
La nuova frontiera dell'Europa: il dumping sociale
Capita peró che questi principi, sacrosanti, siano sfruttati dalle aziende per fare dumping sociale. Date le profonde differenze di retribuzione all'interno dell'Europa, basti pensare al gap tra un salario britannico e uno bulgaro, le aziende delocalizzano nell'Europa dell'est. E quando questo non é possibile assumono personale con contratti di Paesi dell'est. Questo tuttavia é illegale, come é accaduto a Stradella, visto che i dipendenti erano italiani e lavoravano in Italia per una ditta con sede italiana (anche se attraverso una agenzia interinale romena).
Il caso dei camionisti pagati in Polonia, ma italiani
Piú difficile invece accertare l'illegalità nel caso dell'autotrasporto all'interno dell'Unione. Capita infatti che per continuare a lavorare un guidatore sia costretto a farsi assumere da una impresa con sede magari in Polonia con contratto e stipendio polacco, anche se poi la famiglia rimane in Italia e il guidatore gira per l'Europa.
Bruxelles ora vuole anche una Europa dei servizi
Se le norme europee offrono in alcuni casi delle scappatoie alle imprese che cercano costantemente il massimo ribasso, a Bruxelles stanno tentando di incentivare anche la creazione di un mercato unico dei servizi bancari, assicurativi e delle telecomunicazioni. Se infatti in linea di principio un cittadino italiano puó farsi assumere in qualunque Paese europeo e una merce puó circolare liberamente, dovrebbe anche valere per i servizi. Un italiano dovrebbe poter stipulare un contratto telefonico con una impresa francese, una assicurazione con una polacca e un mutuo con una britannica. L'obiettivo é aumentare la concorrenza e abbattere i costi.