Affari Europei

Brexit? La Groenlandia pensa al ritorno nell'Ue. Ecco perché...

Investimenti sulle infrastrutture e diversificazione dell'economia. Ecco perché la Groenlandia sta pensando di tornare nell'Ue

BREXIT? NIENTE PAURA, TORNA LA GROENLANDIA

La Gran Bretagna lascia l'Unione Europea? Niente paura, perché il suo posto potrebbe essere preso dalla Groenlandia. Proprio così, il paese dei ghiacci sta pensando di chiedere la riammissione a Bruxelles. La Groenlandia è ad oggi l'unico territorio ad aver abbandonato l'Ue. Ne faceva parte a seguito dell'adesione della Danimarca ma dopo l'indipendenza nel 1979 la penisola artica andò a un referendum nel 1981 con la vittoria dei favorevoli all'uscita dall'Ue che venne approvata due anni dopo. Unione Europea e Groenlandia negoziarono un nuovo accordo che riguardava esclusivamente la pesca e impiegarono tre anni per firmarlo.

I MOTIVI AL RITORNO NELL'UE

Ora però qualcuno ci sta ripensando. Complice il referendum del 23 giugno sulla Brexit, in Groenlandia si è riacceso il dibattito sul futuro dell'immenso piccolo Paese. Il collasso dei prezzi e il rallentamento cinese hanno messo in stand by le speranze di investimenti miliardari da Pechino o da altre nazioni che potevano essere interessate alle risorse naturali della Groenlandia. Michael Rosing, membro democratico del parlamento della Groenlandia è uscito allo scoperto: "Dovremmo almeno prendere in considerazione l'idea di chiedere la riammissione nell'Ue", ha dichiarato. L'idea è quella che tornare in Ue avrebbe effetti positivi per gli investimenti su porti, aeroporti e infrastrutture. Ma soprattutto il ritorno all'ovile potrebbe favorire e aiutare a diversificare un'economia interamente basata sulla pesca.

LETTA: "CON LA BREXIT EFFETTI NEGATIVI SOPRATTUTTO PER L'ITALIA"

"Se il Si' all'uscita della Gran Bretagna passasse, sarebbe un messaggio molto negativo: l'Europa, che finora e' sempre cresciuta, comincia a perdere pezzi. Per questo motivo bisogna far di tutto per evitare la Brexit. L'uscita della Gran Bretagna sarebbe il segnale che e' iniziata la parabola discendente della costruzione europea". ha detto nel frattempo l'ex presidente del Consiglio Enrico Letta a Radio radicale, riferendosi al prossimo referendum britannico per l'eventuale uscita del Regno Unito dall'Unione Europa. "Se passasse Brexit - ha detto Letta - si aprirebbe una lunga fase di instabilita' e di controversie legali complicatissime che finirebbero per allontanare gli investitori dal vecchio continente. Sarebbe come un divorzio dove non c'e' nulla di predefinito. E poi gli altri paesi, Dublino, Parigi, Francoforte ma anche Milano, vorrebbero 'spartirsi le spoglie' di Londra capitale finanziaria del mercato unico europeo". Letta si mostra preoccupato soprattutto per le possibili ripercussioni di una vittoria del 'Leave': "L'Italia - osserva - e' uno dei paesi che corre maggiori pericoli in caso di Brexit. Noi abbiamo bisogno di stabilita'. Cio' a causa di un motivo molto semplice, che vedo sottostimato: dagli anni 80, noi ci portiamo dietro un grande debito pubblico, per le scelte di allora. Per questo motivo, il nostro conto, in caso di crisi, e' maggiore di quello degli altri paesi dell'Unione. Se ripartisse l'instabilita' sui mercati, l'Italia sarebbe il primo paese ad essere messo sotto attacco".