L'Europa alla sfida della comunicazione 4.0
Raccontare l'Unione europea non é una sfida facile. A provarci é l'Ufficio di informazione in Italia del Parlamento europeo. L'intervista al direttore, Gian Paolo Meneghini
Di Tommaso Cinquemani
@Tommaso5mani
La crisi che l'Europa sta attraversando mette a dura prova chi ha il difficile compito di raccontare che cosa accade a Bruxelles. L'Unione europea é percepita spesso come un mondo distante, popolato di tecnici che poco hanno a che fare con le realtà locali. Il lavoro di raccontare l'Europa diventa ancora più difficile quando si deve parlare ai più giovani, ai Millennials, che non guardano la tv e non leggono i giornali, ma si informano in Rete e sui social. “Spiegare a giovani e meno giovani quanto le politiche europee incidano sulla vita di tutti i giorni é un compito complesso”, spiega ad Affaritaliani.it Gian Paolo Meneghini, direttore dell'Ufficio di informazione in Italia del Parlamento europeo.
Meneghini, di che cosa si occupa l'Ufficio di informazione in Italia del Parlamento europeo?
“Come Ufficio siamo impegnati a comunicare le politiche dell'Ue attraverso diverse attività, divise in quattro settori. Prima di tutto i seminari per i giornalisti, che incontriamo nelle tappe di un tour nelle cinque circoscrizioni elettorali europee, per presentare l'attività dell'Ufficio, il Parlamento europeo e favorire il contatto tra gli operatori dell'informazione e gli eurodeputati della circoscrizione”.
Oltre ai giornalisti a chi vi rivolgete?
“Ai cittadini. Portiamo avanti una attività di informazione sull'Europa dei valori. Giriamo l'Italia raccontando alcuni passaggi cruciali per l'Unione europea. Come il premio Sakharov che il Parlamento europeo assegna ogni anno per la libertà di pensiero e la difesa dei diritti umani. Il premio Lux per il cinema e la festa dell'Europa del 9 maggio”.
C'é una attenzione particolare ai giovani?
“Assolutamente sì. E infatti all'interno del nostro terzo filone di attività incontriamo i ragazzi nelle scuole per spiegare cosa accade a Bruxelles. Abbiamo anche delle competizioni: abbiamo lavorato ad esempio con le città europee per lo sport (Pisa, La Spezia e Ravenna) chiedendo ai ragazzi di raccontare in un video che cosa significa per loro sentirsi europei e sportivi. I giovani vincitori del concorso sono venuti a Strasburgo per assistere ai lavori del Parlamento europeo, per toccare con mano un mondo che sembra lontano”.
Qual é il quarto pilastro della vostra strategia di comunicazione?
“Raccontiamo direttamente sul territorio, attraverso il coinvolgimento di eurodeputati e stakeholder locali, come le politiche europee hanno impatto sulle comunità. Sono occasioni di dibattito importanti. A Torino abbiamo creato un momento di incontro sulla Macro-regione Alpina e a Lecce sul Corridoio Adriatico-Ionico”.
Esistono delle difficoltà particolari da affrontare quando si racconta l'Europa?
“C'é una difficoltà oggettiva data dalla complessità della materia, ma esiste in generale un problema di comunicazione del mondo politico e istituzionale. Sfido quanti dei 62 milioni di italiani hanno partecipato ad una seduta consiliare del proprio comune o del parlamento nazionale".
Come mai c'é questo disincanto?
"C'é un problema di percezione per cui molti pensano che che 'quello che é europeo non é mio'. Invece dobbiamo distruggere questo tabù e far capire alla gente che quello che viene deciso a Bruxelles ha ripercussioni sulla vita di tutti i giorni”.
Come raggiungete i giovani che sempre di più sono sui sociale network?
“I ragazzi tra i 12 e i 20 anni non guardano la tv né leggono i giornali. Ma si informano attraverso altre tecnologie e hanno dei propri referenti, i web-masters, che godono di grande reputazione. Noi cerchiamo di adattare la nostra comunicazione alle loro abitudini. Ma é cambiata anche la percezione di che cosa l'Europa rappresenta”.
In che senso?
“I ragazzi di 15-16 anni sono nati che l'euro era già in circolazione. Per loro é una cosa normale. Non sono interessati alla moneta unica, come non si sentono coinvolti quando raccontiamo dei padri fondatori dell'Ue”.
C'é più europeismo tra i ragazzi rispetto alla media nazionale?
“Gli alunni delle elementari sono molto genuini e spontanei. Quando ti sposti alle scuole superiori i ragazzi sono invece molto più critici”.
Facebook, il web, youtube... la tecnologia ha cambiato anche il modo in cui lavorate?
“Certamente. Tutto é più veloce e facile, anche se prima c'era più tempo per digerire le informazioni. Sono arrivato a Bruxelles nel 1995 e all'epoca si traduceva tutto a mano, gli emendamenti venivano stampati e inviati via fax. Dovevi aspettare venti minuti davanti alla stampante per evitare che si inceppasse. C'era un tempo di lavoro diverso, oggi sei connesso sempre e ovunque, magari su più device”.
Quali sono le prossime attività che avete in programma?
“Il 23 di settembre saremo a Firenze per il premio cittadino europeo, a villa Salviati. Il 13 e 14 ottobre andremo a Cagliari per un seminario per giornalisti. Il 4 di novembre saremo a Viterbo, per un dibattito con il ministro Franceschini sulla salvaguardia del patrimonio culturale europeo. L'11 novembre presenteremo al festival del cinema di Roma e di Salerno il premio Lux. Mentre a dicembre trasmetteremo in diretta a Roma la cerimonia di consegna del premio Sakharov che si svolgerà a Strasburgo”.