Giorgetti, se non ora quando?
Quando leggo e vedo le dichiarazioni del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, il leghista Giancarlo Giorgetti, non posso trattenermi dal rammentare un aneddoto-barzelletta che racconto da sempre ai miei collaboratori per spronarli ad assumersi le loro responsabilità e ad essere consapevoli, attivi e assertivi.
La barzelletta racconta di un giovanissimo medico, appena laureato, che si imbatte per strada in un brutto incidente stradale e, al cospetto di un ferito grave e sanguinante, dimentico delle sue competenze, si porta le mani nei capelli e terrorizzato urla dando l’allarme: oddio, presto, presto, ci vuole urgentemente un dottore,chiamate un dottore...
Allo stesso modo il dottor Giorgetti, il commercialista varesotto, leghista di lungo corso, dimentico del suo ruolo e delle sue competenze di uomo di sperimentata esperienza nel potere e nel Palazzo, messo a Palazzo Chigi dal leader Matteo Salvini come uomo di fiducia a coprirgli le spalle durante i suoi giri elettorali, regista e uomo-macchina, in quanto vice operativo del premier indicato dai grillini Giuseppe Conte, glissa. E, anziché intervenire da uomo di raccordo, punto di sintesi governativa e amalgama della cultura ruspante dei lumbard con quella disruptive dei grillini all’interno delle difficile alchimie del patto di governo, vede l’alleanza pentaleghista agonizzante sotto i colpi e gli irrigidimenti del suo stesso partito e, novello Alice, come fosse lì di passaggio, dichiara a Porta a Porta: "Se il livello di litigiosità resta questo dopo il 26 maggio è evidente che non si potrebbe andare avanti”.
E chi le provoca quelle liti, se non la stessa Lega? E Giorgetti, dall’alto del suo scranno, non potrebbe spendersi per spegnere il fuoco per sedare incanalando i dossier verso una sana e proficua collaborazione?
Se non lui, che sta dietro le quinte, messo a presidiare il centrocampo e non deve raccattare voti come Salvini, che si sbatte da una parte all’altra della penisola a colpi di selfie, chi altri?
Così con questa sorta di De profundis freudiano, forse un wishful thinking, Giorgetti aggiunge conflittualitaà e fa sprofondare ulteriormente un’alleanza già molto provata, fiaccando ulteriormente la fiducia che gli italiani dovrebbero riporre nello stesso Giorgetti e nella squadra di cui fa parte, ossia il team governativo di Giuseppe Conte.
Si capisce che Giorgetti, uomo di potere, non ama i furori iconoclasti dei Cinquestelle. Forse si trova più a suo agio nell’usato sicuro dell’antica casa del Centrodestra a trazione arcoriana, a lui più omogenea?
Oppure no, non è vero. E allora ci aspettiamo che si prodighi perché l’alleanza gialloblù riprenda il suo vigore. Ne ha il ruolo, ne ha facoltà. Se non ora quando.
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