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Lo sguardo libero
Da Pericle a Joe Biden a Israele, l’Occidente non invidia le altre civiltà
Joe Biden, 46° presidente degli Stati Uniti, col primo ministro di Israele Benjamin Netanyahu

Russia, Cina, Iran e Paesi islamici radicali alleati ideologicamente nel totalitarismo 

Dalla Russia dell’autocrate (dittatore?) Vladimir Putin che invade l’Ucraina seminando morti, feriti, distruzione e mandando il mondo in (quasi) recessione, alla Cina del partito unico di Xi Jinping che tramite il benessere economico fa il lavaggio del cervello ai suoi cittadini, giovani inclusi, che  girano per il mondo indifferenti alla democrazia e alla libertà di cui sono privi (del resto scrive Dante – riferendosi ad altro -: “Intender no la può chi no lo prova”) all’ Islam radicale che tramite Hamas compie il più bestiale atto dopo l’Olocausto contro gli ebrei e Israele trucidando 1.400 tra donne, uomini e bambini e facendo oltre 200 ostaggi al regime teocratico di Teheran che imprigiona, tortura e in qualche caso uccide le donne che non portano il velo e gli uomini che solidarizzano con esse, i totalitarismi che odiano l’Occidente e i suoi valori rialzano la testa.

A chi afferma che Joe Biden, gli Stati Uniti e i loro alleati falliranno nel loro intento di riportare l’ordine democratico nell’Occidente e nei rapporti internazionali e che è difficile e faticoso sostenere contemporaneamente l’Ucraina e Israele nella loro giusta risposta alla Russia e ad Hamas, si può rispondere ricordando il celebre discorso che fece Pericle nel 461 avanti Cristo agli ateniesi, riportato da Tucidide nelle “Storie”.

Discorso basato sui principi di uguaglianza, merito (e quelle che oggi chiameremmo pari opportunità), tolleranza (e non invidia) e giustizia.

La premessa è fondamentale: l’orgoglio di non guardare le costituzioni degli altri. L’Occidente non invidia le altre civiltà.

Dice Pericle: “Noi abbiamo una forma di governo che non guarda con invidia le costituzioni dei vicini, e non solo non imitiamo altri, ma anzi siamo noi stessi di esempio a qualcuno. Quanto al nome, essa è chiamata democrazia (…).”

Questo il discorso - che conferma che l’Atene del V secolo avanti Cristo è stato il momento “miracoloso” della storia dell’umanità in cui è stato detto tutto -:

“Qui ad Atene noi facciamo così.

Qui il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi: e per questo viene chiamato democrazia.

Qui ad Atene noi facciamo così.

Le leggi qui assicurano una giustizia eguale per tutti nelle loro dispute private, ma noi non ignoriamo mai i meriti dell’eccellenza. Quando un cittadino si distingue, allora esso sarà, a preferenza di altri, chiamato a servire lo Stato, ma non come un atto di privilegio, come una ricompensa al merito, e la povertà non costituisce un impedimento.

Qui ad Atene noi facciamo così.

La libertà di cui godiamo si estende anche alla vita quotidiana; noi non siamo sospettosi l’uno dell’altro e non infastidiamo mai il nostro prossimo se al nostro prossimo piace vivere a modo suo. Noi siamo liberi, liberi di vivere proprio come ci piace e tuttavia siamo sempre pronti a fronteggiare qualsiasi pericolo. Un cittadino ateniese non trascura i pubblici affari quando attende alle proprie faccende private, ma soprattutto non si occupa dei pubblici affari per risolvere le sue questioni private.

Qui ad Atene noi facciamo così.

Ci è stato insegnato di rispettare i magistrati, e ci è stato insegnato anche di rispettare le leggi e di non dimenticare mai che dobbiamo proteggere coloro che ricevono offesa.

E ci è stato anche insegnato di rispettare quelle leggi non scritte che risiedono nell’universale sentimento di ciò che è giusto e di ciò che è buon senso.

Qui ad Atene noi facciamo così. Un uomo che non si interessa allo Stato noi non lo consideriamo innocuo, ma inutile; e benché in pochi siano in grado di dare vita a una politica, beh! tutti qui ad Atene siamo in grado di giudicarla.

 Noi non consideriamo la discussione come un ostacolo sulla via della democrazia. Noi crediamo che la felicità sia il frutto della libertà, ma la libertà sia solo il frutto del valore.

Insomma, io proclamo che Atene è la scuola dell’Ellade e che ogni ateniese cresce sviluppando in sé una felice versatilità, la fiducia in se stesso, la prontezza a fronteggiare qualsiasi situazione ed è per questo che la nostra città è aperta al mondo e noi non cacciamo mai uno straniero.

 Qui ad Atene noi facciamo così.”

 

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