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“Mio figlio ora autonomo ma la madre non libera la proprietà.Riavrò casa mia?"

“Gentile Avvocato, il mio unico figlio ha quasi 30 anni e fortunatamente ha avviato da un paio di anni una promettente carriera professionale all’estero, dove vive insieme alla propria fidanzata. La mia ex moglie, invece, risiede ancora nella casa di mia esclusiva proprietà, che le era stata assegnata all’epoca del divorzio (Roberto, nostro figlio, era minorenne). Vorrei tornare in possesso dell’immobile, ma la mia ex sostiene di avere ancora il diritto di abitarci lei, dal momento che talvolta, durante le vacanze estive o invernali, nostro figlio vi trascorre qualche giorno o settimana. Davvero non posso fare nulla? La ringrazio per l’aiuto, Giovanni”

Caro Giovanni,

Lei ha tutto il diritto di agire in giudizio per ottenere la revoca dell’assegnazione della casa di Sua proprietà. Da quello che mi racconta, infatti, Suo figlio, oltre che economicamente indipendente, non ha più alcun legame fisso con l’ex casa familiare.
Perché le dico questo?          


L’art. 337-sexies del codice civile prevede che l’assegnazione della casa familiare sia disposta “tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli”. Il principio è quello di voler garantire ai figli di minore età, o ai figli maggiorenni non economicamente sufficienti, il mantenimento dell’habitat domestico. L’assegnazione, tuttavia, viene meno quando il figlio maggiorenne raggiunge l'indipendenza economica o non convive più con il genitore assegnatario della casa perché si è trasferito altrove. 

  
Nel Suo caso, caro Giovanni, da quello che mi racconta, si sono verificate sicuramente due circostanze: Roberto, infatti, non solo ha rescisso il proprio legame con la casa familiare, perché si è trasferito e ha incentrato altrove le proprie attività e interessi, ma ha anche una vera e propria stabilità lavorativa all’estero. Si può affermare quindi che abbia raggiunto l’indipendenza economica. E’ evidente che l’interesse di Suo figlio a continuare ad abitare con il genitore assegnatario, cioè la madre, non c’è proprio più e, di conseguenza, è venuta meno anche l’esigenza di tutelare l’ambiente “familiare” del ragazzo.           

           
Ciò considerato, la pretesa della Sua ex moglie di rimanere in casa, sull’unico presupposto per il quale Roberto vi trascorrerebbe saltuarie vacanze, non ha fondamento. La Giurisprudenza si è più volte pronunciata sul tema, ribadendo che per confermare l’assegnazione a un genitore, ci deve essere un collegamento stabile del figlio con la casa, caratterizzato da coabitazione, anche non quotidiana, ma che costituisca comunque una presenza effettiva e costante. I rientri, specificano ancora i Giudici, devono essere regolari e continuativi, “non meramente lasciati alla discrezionalità del figlio” (Cass. 27 ottobre 2020, n. 23473) e non saltuari.

Consideri che in altri casi, simili alla Sua situazione, è stata revocata l’assegnazione della casa coniugale perché i figli, “semplicemente” iscritti all’università in altra città, rientravano nell’abitazione del genitore divorziato solo per pochi giorni durante le vacanze natalizie, pasquali ed estive, integrando un “rapporto di mera ospitalità”. Proprio come Suo figlio e senza che, addirittura, avessero un lavoro.        


In conclusione, gentile Giovanni, ritengo che l’immobile in questione non si possa più definire “casa familiare” nell’interesse di un figlio ormai “evaso”. Pertanto, Lei ha tutto il diritto di agire in giudizio per tornare a godere pienamente della Sua casa.

 

*Avvocato Michela Carlo - Studio Legale Bernardini de Pace

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