Festival di Cannes 2018: smoking e ciabatte di spugna
Al 71esimo Festival di Cannes tutte le celebrities, dopo i vari red carpet, gironzolano per le feste sugli yacht in abito da sera e ciabatte bianche di spugna
di Carlotta Ghirardini
Al 71 esimo Film Festival di Cannes tutte le celebrities, dopo i vari red carpet davanti ai fotografi, gironzolano per le feste sugli yacht in sfavillanti abiti da sera e ciabatte bianche di spugna, perché se non ti togli le tue jimmy choo dal tacco vertiginoso non ti fanno salire in barca, neanche se sei la statuaria Heidi Klum o perfino lo 007 Pierce Brosnan.
La più simpatica è la coppia Paris Hilton e Chris Zylka, inseparabili, che si intrattengono con i fan e concedono selfie divertiti, anzi si mettono proprio a chiacchierare di gusto e ne aiutano qualcuno ad entrare ai blindatissimi party con loro. Oppure la divina Cate Blanchett, forse la più chic nei look Givenchy, che si ferma a mangiare coi fotografi al semplice brunch organizzato dal sindaco di Cannes per la stampa.
Qualche altra celeb risulta meno simpatica, forse perchè troppo nuova al successo, come la top model con la vitiligine Winnie Harlow, sempre infastidita da scatti e riprese, che passa il tempo (invece di godersi le strepitose tartine del charity Amfar) a urlare “no please” a chi cerca di immortalarla.
Ma forse lo sgarbo maggiore ai selfie-maniaci lo infligge proprio l’organizzazione del Festival: assolutamente proibite le foto sul red carpet, pena la espulsione immediata dallo stesso e l’ingresso (per punizione) dal retro.
Insomma un festival denso di insidie ma non privo della solita magia, sin dalle mattinate sulle terrazze della Croisette, dove vengono allestiti trionfi di fiori freschi, parure di diamanti, smeraldi grossi come carciofi e cibi esotici per la gioia di modelle e miliardari, ospiti del gioielliere Fawaz Gruosi (il cretore di Degrisogono) o della famosa Madame Chantal, padrona di casa da Chopard.
Di tutti i film presentati si è stradetto in ogni dove, ma di un film poco si è scritto: l’ultima fatica del regista Kazako Adilkhan Yerzhanov, in cui una graziosa contadina va in città per recuperare soldi con cui estinguere i debiti lasciati dal padre e salvare la madre dalla prigione. La storia strappalacrime di lei, nelle grinfie di uomini senza scrupoli che ne fanno un oggetto sessuale, non è nuova né avvincente, ma la tenerezza di certi dialoghi in kazako sottotitolato è toccante. La verità è che di questo film ci hanno colpito le immagini bellissime, amplificate dallo schermo gigantesco del Palazzo del Cinema di Cannes: i vasti panorami di terre lontane, le distese di grano oro, le montagne in lontananza, i primi piani sui fiori di campo, il canto in sottofondo di grilli e cicale, e luce incredibile di ogni scena, quasi fosse ognuna un quadro.
Perché vivere Cannes è anche e soprattutto questo: uscire dalla distrazione del nostro ordinario ed entrare condotti per mano in realtà virtuali possibili, mondi irreali o distantissimi da noi che ci incantano con quella magia del cinema che evoca ed amplifica.
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