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LinkedIn, il sogno di carriera degli italiani: lavoro nel tech e all'estero
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LinkedIn, la più grande rete professionale al mondo, rivela oggi i dati della sua nuova ricerca relativa alla percezione degli italiani in relazione al futuro del proprio lavoro, le competenze necessarie per avere successo in ambito professionale e la comparazione degli stipendi attuali rispetto alle generazioni precedenti.

“Il mondo del lavoro è in continuo sviluppo nel tempo, così come le competenze necessarie ad avere una carriera di successo, e questi sono da sempre temi molto delicati sia per la sfera professionale che personale di ogni individuo” ha commentato Marcello Albergoni, Head of Italy di LinkedIn. “Per questo motivo, ormai da qualche anno, abbiamo deciso di agevolare il confronto generazionale come momento essenziale nel percorso di ogni professionista, e che cerchiamo di valorizzare al fine di offrire nuovi spunti di crescita e ottenere qualche consiglio in più da chi ha più esperienza. Un’opportunità da non sottovalutare mai, soprattutto nell’ambito lavorativo moderno nel quale la capacità di risolvere i problemi è una soft skill sempre più importante”.

Tra i principali risultati del sondaggio, svolto dalla società di ricerca Mortar su un campione di circa 10 mila persone nell’area EMEA, di cui 1000 in Italia, divisi per fasce d’età e sesso, emerge che l’86% dei professionisti italiani dichiara di desiderare una nuova opportunità di carriera rispetto a quella attuale e, in modo particolare, i rappresentanti della generazione dei cosiddetti Millennial (24-38 anni) si attesta al 90%, sottolineando come oggi siano sempre di più i lavoratori che non fanno ciò che vorrebbero. Nonostante questo, però, solo il 37% degli intervistati ritiene di possedere le competenze professionali adatte per “fare il grande salto”, con il 54% dei lavoratori che ammette di averne solo qualcuna, e di doversi assolutamente preparare in maniera diversa per poter affrontare nuove sfide professionali.

Solo il 54% degli Italiani, pensa che il proprio lavoro esisterà ancora tra 20 anni, mentre il 29% crede che il proprio profilo professionale rimarrà solo in parte simile nelle caratteristiche a quello attuale. Prevedibilmente, questo senso di sicurezza aumenta tra i più giovani della generazione Z (18 – 23 anni, con il 65%), già oggi impegnati in lavori inesistenti fino a qualche anno fa, mentre decresce tra i più adulti (39 – 53 con il 52% circa).

In questo contesto, a sorpresa, rispetto ai classici segmenti di business che hanno sempre caratterizzato gli alti profili professionali del nostro Paese, come avvocati, medici e professori universitari, il settore preferito dai nuovi lavoratori tricolore per arrivare a guadagnare di più è quello della Tecnologia, con il 30% delle risposte, seguito dal Finance (18%), l’ambito delle professioni legali (14%) e la Sanità (10%). Oltre a questo, in Italia, addirittura un professionista su due (circa il 55%) pensa che andare all’estero sia il miglior modo possibile per ottenere un salario maggiore. Tra questi in particolare le donne (56% rispetto al 53% di uomini) sono quelle che credono di più nelle possibilità offerte al di fuori dei confini peninsulari.

Generazioni a confronto: i lavori di oggi sono più complessi rispetto al passato

Dando uno sguardo più approfondito ai dati si nota come il 58% degli italiani ritenga che i lavori di oggi siano più complessi e difficili rispetto al passato, e sotto questo aspetto viene evidenziato anche come questa percezione di distanza tra generazioni aumenti con l’avanzare dell’età, anche in connessione alle maggiori competenze e responsabilità richieste oggi in ambito professionale. Per il 54% dei millennial il lavoro di oggi è completamente diverso rispetto al passato, e questa percentuale si alza fino al 61% se si guarda alla fascia più adulta (39-54 anni); un gap avvertito in modo particolare dagli uomini nel 60% dei casi, contro il 55% del mondo femminile. In questo senso, il 92% delle persone intervistate sono convinte che, al di là delle differenze lavorative, ci siano proprio anche delle differenze nelle competenze da avere oggi sul luogo di lavoro rispetto al passato. Un fattore avvertito maggiormente dagli uomini (94%) rispetto alle donne (91%).

In modo particolare, ciò che differisce oggi dal lavoro di qualche anno fa risiede soprattutto nella gestione delle comuni prassi di ufficio legate ai sistemi informatici di base, come per esempio l’utilizzo dei pacchetti Office, le email  e i social network, che secondo gli italiani sono al primo posto tra i principali stravolgimenti dei flussi operativi negli ambienti professionali con un 65% delle preferenze rispetto alle cosiddette hard skill (17%), che comprendono competenze informatiche di livello avanzato (come lo sviluppo web, la gestione delle piattaforme di cloud computing e così via), e alle soft skill (capacità di comunicazione, collaborazione con i colleghi, gestione corretta del tempo e altro) ferme al 15%.

Per fare carriera la laurea non basta

Nonostante la maggior parte dei professionisti italiani creda che la laurea sia l’attestato più importante per avere una buona carriera e quindi un buon salario, l’89% degli stessi pensa sia necessario acquisire nuove competenze una volta laureati per inserirsi al meglio nel mondo del lavoro. Una percezione che si avverte molto (92%) subito dopo il percorso universitario nella fascia d’età 18-24 anni e che gli uomini (91%) avvertono più delle donne (87%). Un aspetto questo che porta il 91% dei professionisti a confermare il proprio interesse per eventuali proposte di corsi di aggiornamento, nonostante solo il 61% degli intervistati confermi di partecipare a quelli proposti in azienda. In questo contesto, inoltre, la maggior parte dei professionisti italiani sostiene di preferire i corsi in aula con la presenza di un tutor in “carne ed ossa”, con il 64% delle preferenze, rispetto a quelli in formato digitale (26%). Il principale motivo che spinge i lavoratori italiani a prendere parte a nuovi corsi di formazione professionale è quello di migliorare la qualità del proprio lavoro (79%), piuttosto che guadagnare di più (49%) e ottenere promozioni (34%).

In Italia lo stipendio medio non è sufficiente

Attualmente, infine, per il 37% dei professionisti italiani interpellati per la ricerca LinkedIn, lo stipendio più adeguato per uno stile di vita accettabile oscilla tra 30 e i 49 mila euro l’anno. Sotto questo profilo, il 47% degli italiani sostiene di guadagnare già più dei genitori, anche se andando a guardare la differenza tra uomini e donne, le professioniste in rosa sono quelle che nella maggior parte dei casi (44%) percepiscono uno stipendio minore dei propri genitori, e quando si chiede loro a quale età riusciranno a guadagnare più di questi ultimi, stupisce notare come più di una su cinque (22%) creda che non avrà mai l’opportunità di farlo.

Inoltre, il 36% dei professionisti italiani, ha dichiarato di guadagnare meno e addirittura il 14% conferma di avere bisogno di un aiuto economico da parte della famiglia e, in particolare, quasi uno su quattro (23%) nella generazione millennial (24-38 anni), con una percentuale femminile che in generale riscontra un’esigenza maggiore in questo senso (15%) rispetto agli uomini. In particolare, i professionisti dicono di dover essere supportati economicamente dalla propria famiglia specificatamente per l’affitto di casa (13%), le cene familiari al ristorante (12%), le vacanze (11%) e il credito telefonico (10%).

“La fotografia che emerge da questa analisi offre uno spaccato italiano importante su cui riflettere”, ha commentato Albergoni. “Il fatto che le nuove generazioni non riescano a essere completamente autonome in termini economici e non siano pienamente soddisfatte in termini lavorativi, infatti, è un campanello d’allerta da non sottovalutare. Per questo in LinkedIn da anni lavoriamo per avvicinare sempre di più la domanda e l’offerta, mettendo a disposizione dei nostri utenti tutti gli strumenti necessari per essere sempre più vicini al proprio lavoro dei sogni. In questo senso, secondo noi, lo sviluppo del primo Economic Graph, la mappatura digitale della forza lavoro globale, è un fattore essenziale che ci permetterà di supportare ancora di più le nuove generazioni di professionisti”.

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