Cronache
Aeronautica Militare, un incursore del 17° stormo: "La mia vita da commando"
Intervista con un ufficiale delle Forze Speciali dell’Aeronautica Militare. VIDEO
di Luciano Castro
“Il mio nome è Massimo, ho il grado di capitano. E sono un combattente”. Il misterioso militare che parla è un incursore del 17° Stormo dell’Aeronautica Militare, reparto super-addestrato con sede sull’aeroporto di Furbara, a nord di Roma, che fa parte dell’organizzazione delle Forze Speciali della nostra Difesa. Inutile chiedergli il cognome o altro: questioni di sicurezza. Siamo seduti, uno davanti all’altro, in una saletta appartata del Palazzo Aeronautica a Roma. Sguardo attento, un leggero paio di occhiali, barba ben curata, il capitano Massimo indossa la mimetica chiara versione desertica, con sul petto il grado e lo stemma del suo reparto a bassa visibilità. Parla misurando le parole, con un impercettibile accento partenopeo che ne rivela le origini. “Sono nato in Campania”, conferma, “ho 37 anni. Nel 2007 sono entrato in Accademia Aeronautica e ho deciso subito che volevo diventare un incursore”.
Ma come si diventa un commando?
In Aeronautica, ogni anno organizziamo due bandi di concorso interni per il personale della nostra Forza Armata ed un altro bando per i civili. Sono necessari precisi requisiti psicofisici. Innanzitutto, bisogna superare la selezione atletica, con una prestanza fisica a 360 gradi. Poi è la volta dei test psicoattitudinali e quindi dell’analisi comportamentale per accertare le capacità di leadership e di followship in condizioni di stress estremi fisici e mentali.
Qualcosa a che vedere con Rambo?
Rambo è una figura hollywoodiana, che non corrispondere alla realtà dell’incursore. Noi siamo professionisti, che devono avere tra le attitudini quella di lavorare in gruppo. Invece di Rambo, preferirei pensare ad un altro film famoso dedicato alle Forze Speciali, Act of Valor. Il livello di rischio è molto elevato nelle operazioni speciali. Mi colpisce sempre quando i giovani che si presentano al nostro reparto ci dicono che vogliono fare qualcosa per il proprio Paese. L’attaccamento alla nostra bandiera si sente tantissimo
Può dirci qualcosa sulle missioni che ha svolto nella sua carriera?
Posso dire poco. Ho operato in tutte le aree di crisi, in Afghanistan, in Iraq e in altri Paesi che non posso nominare. Un operatore di Forze Speciali di media partecipa ad almeno un’operazione all’estero all’anno. Le missioni del 17° Stormo hanno una forte connotazione aeronautica, ad esempio lanciare oltre le linee nemiche la ricognizione di un’area dove poter far atterrare successivamente aerei da trasporto o per effettuare aviolanci, oppure operazioni di Combat SAR per il recupero di personale oltre le linee nemiche, o infine la gestione di assetti aerei in zona operazioni.
Però può almeno illustrarci una missione tipo del 17° Stormo…
In un certo Paese si chiede l’intervento di un velivolo italiano per evacuare la nostra Ambasciata in una zona di crisi. L’autorità politica coinvolge il Comando Operativo Interforze (COI) se il livello di rischio è basso e sono quindi sufficienti le forze convenzionali. Se invece il livello di rischio è considerato maggiore, la missione passa al Comando Operativo Forze Speciali (COFS), che attiva la sala operativa e manda un allarme ai vari reparti delle Forze Speciali. Il nostro Stormo predispone il materiale necessario, in massimo 72 ore, o 48 o anche meno. Quindi ci imbarchiamo su un velivolo da trasporto C.130 e raggiungiamo il luogo delle operazioni. La missione si conclude con l’evacuazione in sicurezza del personale civile dell’Ambasciata.
E nelle missioni ad alto rischio come si gestisce la paura?
La paura è un campanello d’allarme, va rispettata, in qualche modo è una nostra amica per tenere al massimo il livello di attenzione. Un incursore deve essere in grado di gestirla, per evitare che sfoci nel panico. La paura si gestisce con l’addestramento e con il controllo delle emozioni.
A proposito di emozioni, come fa a gestire i rapporti familiari?
Non sono sposato e non ho figli. Mi dedico al cento per cento al mio lavoro. Certo, in altre situazioni familiari, è tutto più difficile. Anche se il nostro personale riesce comunque a contattare la propria famiglia anche quando si trova in missione tramite i social.
Insomma, sempre in prima linea…
Ho scelto la professione dell’incursore. Credo che ci voglia una vocazione specifica. Noi siamo combattenti e lo facciamo per il nostro tricolore.