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Cronache
Carcere, sì alla sessualità: è un diritto. La sentenza storica della Consulta

Sentenza storica della Corte Costituzionale: sì all'affettività in carcere

La Corte Costituzionale ha detto sì all' affettività e alla sessualità in carcere, dichiarando illegittimo l'articolo 18 dell'ordinamento Penitenziario che, in materia di colloqui visivi, imponeva il controllo a vista. Lo riporta Redattore Sociale.


“Finalmente, grazie alla Corte costituzionale, le relazioni affettive dei detenuti e delle detenute si arricchiscono della possibilità di incontri riservati e cade il tabù della sessualità in carcere. Ora tocca all’amministrazione penitenziaria garantire l’effettiva possibilità dell’esercizio di questo diritto, a partire dalla individuazione degli spazi necessari alla riservatezza degli incontri con i propri partner”.

Così il Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale della regione Lazio, Stefano Anastasìa, dopo aver appreso proprio che la Consulta, con la sentenza n. 10 del 2024, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo della legge sull’ordinamento penitenziario, nella parte in cui non prevede che la persona detenuta possa essere ammessa a svolgere i colloqui con il coniuge, la parte dell’unione civile o la persona con lei stabilmente convivente, senza il controllo a vista del personale di custodia, quando, tenuto conto del suo comportamento in carcere, non ostino ragioni di sicurezza o esigenze di mantenimento dell’ordine e della disciplina, né, riguardo all’imputato, ragioni giudiziarie.

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Antigone era nel procedimento


Afferma Antigone: “La Corte con una sentenza storica ha ricordato che senza affettività, e quindi sessualità, è lesa la dignità delle persone detenute e si rischia di non rispettare la finalità rieducativa della pena. Una sessualità che la Corte, con una sentenza chiara ed esplicita, apre anche alle coppie di fatto e dunque anche alle coppie omosessuali. Seppur con alcuni limiti la Corte si rivolge all'amministrazione penitenziaria e alla magistratura di sorveglianza per rendere effettivo questo diritto”.


Antigone era nel procedimento davanti alla Corte con un proprio atto di intervento. "Adesso - dichiara Patrizio Gonnella, presidente di Antigone - bisogna trasformare un diritto di carta in diritto effettivo. Finalmente, anche grazie alla determinazione e all'impegno di giudici di sorveglianza come chi ha rimesso gli atti alla Consulta, l'affettività e la sessualità non sono più un tabù. Così ci si avvicina ad altri Paesi che da tempo hanno previsto tale opportunità nei loro ordinamenti".

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