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Cronache

Le sue indagini hanno portato a importanti sviluppi investigativi sulle stragi di mafia del 1992. Le sue importanti ricerche hanno messo in luce un ipotetico ruolo dei Servizi Segreti e svelato dettagli inquietanti su "Faccia di mostro" e non solo. Ora il magistrato Gianfranco Donadio, ex sostituto procuratore nazionale antimafia adesso consulente della commissione parlamentare d'inchiesta sul sequestro Moro, rischia di subìre un provvedimento disciplinare dal Csm.

LA VICENDA - Come scritto da Affaritaliani.it nel 2013, l'inchiesta di Donadio non era piaciuta a tutti. Per circa 11 anni il magistrato ha lavorato sulla pista della presenza nei luoghi delle stragi di elementi appartenenti ai servizi segreti, in particolare legati all'eversione di destra. Donadio aveva ipotizzato un diretto collegamento tra le stragi, Gladio e la base di capo Marracciu dove, secondo lui, sarebbero stati addestrati in via segreta sia "Faccia da mostro" sia la "segretaria Antonella". Donadio ha ipotizzato un intervento di pezzi di servizi segreti, italiani e/o stranieri, ed ex appartenenti alle forze di polizia. La convinzione di Donadio si basa soprattutto sull'esplosivo usato per uccidere Falcone. Impossibile che l'esplosivo della mafia possa aver provocato da solo quella devastazione. Il pm ritiene certo l'utilizzo di un esplosivo cosiddetto "nobile", utile a rendere più efficace e scenografica l'esplosione. Insomma, l'esplosivo recuperato sulle barche da Spatuzza non sarebbe stato l'unico a essere azionato. Donadio ipotizza una seconda bomba e un secondo innesco oltre a quello mafioso sotto il manto stradale. Nei giorni seguenti all'attentato, diversi testimoni fornirono sei identikit di uomini intenti a lavorare a un "cantiere fantasma" al di sopra del livello dell'autostrada. Senza contare le testimonianze su un furgono presente sulla verticale del luogo minato. Due piste che non erano state seguite né approfondite. Donadio stava provando a farlo, ipotizzando un intervento esterno a Cosa Nostra, in qualche modo legato all'eversione di destra e probabilmente a Gladio. La scelta del sito, le carte clonate e tanti altri elementi gli hanno suggerito la netta diversità con l'attentato fallito dell'Addaura, così tipicamente mafioso nel modus operandi, e l'inquietante somiglianza con un'azione militare. Ma i risultati di 11 anni di indagini sono andati in fumo quando rivelazioni e riflessioni venute fuori durante segretissime riunioni in procura sono state diffuse all'esterno.

LA RIMOZIONE DELLE DELEGHE E IL PROCEDIMENTO DEL CSM - Il problema è che nella sua inchiesta Donadio avrebbe pestato i piedi ad altre procure e altri procedimenti, almeno secondo l'accusa. E il procuratore antimafia Franco Roberti gli toglie le deleghe. Il magistrato della Dna, secondo l'accusa promossa dalla Procura generale della Cassazione, avrebbe inoltrato più di 600 richieste di informazioni alla polizia giudiziaria e utilizzato la procedura dei colloqui investigativi (secondo il Corriere si tratta di 119 colloqui di cui la maggior parte condotti da solo), nei confronti di persone già sottoposte a indagini redigendo verbali che, sempre secondo l'accusa, non sempre corrispondevano alle dichiarazioni raccolte. Per questo la Procura generale chiede la disponbilità dei nastri originali dei colloqui, richiesti in primi dalla procura di Caltanissetta che indaga sulle stragi. In passato mil Csm aveva archiviato l'ipotesi di "incompatibilità ambientale" perché non ci furono invasioni di campo in quanto i colloqui investivativi non hanno valore giuridico. Ma adesso Donadio, nel frattempo passatto alla Commissione Moro, rischia un provvedimento disciplinare.

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