Cronache
Migranti? Un affare di ‘ndrangheta. Confraternite, un prete, un broker e...
Cassazione nega scarcerazione a broker del clan Arena. Dietro la gestione del centro migranti tra i più grandi d’Europa c’è la ‘ndrangheta. Il processo continua
Sant'Anna è una frazione di Isola Capo Rizzuto, Comune di 17.000 abitanti a sud di Crotone, dove ha sede uno dei più grandi Cara in circolazione per migranti.
Gli Arena sono uno dei più potenti e pericolosi clan che esercita il controllo su Crotone e Catanzaro, avendo imposto con numerosi delitti e azioni armate la propria supremazia alle altre famiglie della zona, i Nicoscia, i Manfredi, i Corda e i Capicchiano.
Per la DDA di Catanzaro, guidata da procuratore capo Nicola Gratteri, il caso, che ha preso il nome di “Affaire Misericordia", evidenzia come dietro la gestione dei migranti di Sant’Anna vi fosse il clan Arena da almeno 10 anni: il clan creava delle imprese ad hoc che partecipavano agli appalti indetti dalla prefettura di Crotone per aggiudicarsi tra le altre cose i servizi di ristorazione e di lavanderia per lenzuola e tovaglie del Cara.
Leonardo Sacco invece è l’ex vicepresidente nazionale della Confraternita delle Misericordie, “broker” del clan e ne garantiva gli interessi. Un giro di milioni di euro che ne ha fatto scattare l’arresto a maggio del 2017 insieme ad un’altra sessantina di persone, 85 sono invece gli imputati nell’inchiesta.
Il business sviluppatosi almeno dal 2006 avrebbe assicurato proventi milionari “attraverso un sistema di fatture gonfiate, documentanti prestazioni e costi totalmente o parzialmente inesistenti”, così scrivono le toghe, tanto da “accaparrarsi la quasi totalità delle risorse stanziate per l'assistenza ai migranti ricoverati nel centro” che, “dopo il Cara di Mineo, è il secondo più grande hub di accoglienza in Italia”.
“Il Tribunale ha considerato”, scrivono gli ermellini “sorrette da gravi e convergenti indizi di colpevolezza tutte le ipotesi di accusa ascritte al Sacco, alla luce della dettagliata rassegna delle fonti di prova e della connessa ricostruzione delle specifiche attività compiute dall'indagato, partecipe alla cosca Arena con il ruolo di organizzatore, in particolare garantendo al sodalizio il controllo e la gestione esclusiva dei servizi subappaltati dall'ente gestore Misericordia, del quale era governatore, così assicurando un costante e consistente afflusso di risorse finanziarie nella ‘bacinella’ della consorteria”.
Un business milionario che coinvolge anche un prete, don Edoardo Scordio di 70 anni. Secondo le intercettazioni “il don” pretendeva durante le feste padronali, "addirittura 200 euro per ogni fedele". Una sorta di quota di partecipazione alla cerimonia. Per gli inquirenti in dieci anni “il don” si sarebbe messo in tasca 3,5 milioni di euro, sfilati dalle casse del Cara di Crotone per mano di Leonardo Sacco. Scordio è agli arresto domiciliari in un convento.
E mentre si sta tenendo il processo sul caso, la Cassazione ha rigettato la richiesta di scarcerazione di Sacco, ritenendo il materiale accusatorio fondato su una “plausibilità logica e giuridica” circa “la responsabilità” di Sacco in ordine al reato di associazione mafiosa. Sacco avrebbe anche preparato i bandi di gara, assegnato i subappalti, erogati i pagamenti ai fornitori.
Secondo le dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia, ritenuti attendibili, il clan dava a Sacco anche il 10% dei proventi dell’usura per gli “investimenti”. L’unica accusa che per la Cassazione è da verificare in ultima istanza, riesaminando le convenzioni tra Prefettura di Crotone e Misericordie, è quella relativa a 6 episodi di malversazione. Aspetto fondamentale per capire il danno sulla base della norma esistente.
Nel giugno 2017, sentito dalla commissione parlamentare antimafia il presidente della Confederazione nazionale delle Misericordie Roberto Trucchi ha detto di non aver mai ricevuto segnalazioni di sorta su Sacco. Ogni volta che si era recato in Calabria aveva trovato tutte le autorità locali, dalle amministrative alle militari coese intorno alla gestione del Cara, aggiungendo: “Quello che è accaduto lo abbiamo subito, in maniera molto pesante. Non avevamo sentore di questa situazione così grave”