Migranti, pm di Catania contro le ong: "Fino alla Libia ma non collaborano"
Migranti, il pm di Catania accusa le ong: "Vanno fino in Libia ma non collaborano"
Migranti: Pm Catania, Ong fino acque Libia ma non collaborano
La situazione di notevole instabilita' dello scenario libico hanno determinato, a partire dall'estate del 2016, l'adozione di modalita' operative diverse da parte dei trafficanti, "che hanno incrementato in misura esponenziale il numero dei migranti da avviare sulle rotte del Mediterraneo". A partire da questo periodo, sottolinea stasera in una nota la procura di Catania dopo la convalida del sequestro da parte del gip della nave della Ong spagnola Proactiva Open Arms, "l'attivita' di soccorso in mare e' stata in larga misura svolta dalle navi di Ong straniere che sono intervenute a ridosso del confine tra le acque libiche e quelle internazionali (e in alcuni casi anche all'interno delle acque territoriali libiche, come e' stato segnalato dagli organi investigativi per precedenti operazioni effettuate da natanti della Ong Proactiva), che hanno portato in Italia un numero assai elevato di migranti, spesso - sottolinea l'ufficio diretto da Carmelo Zuccaro - senza fornire alcuna collaborazione agli organi di investigazione per la raccolta tempestiva di informazioni utili all'individuazione degli autori del traffico".
La necessita' di recuperare un qualche controllo del flusso migratorio, "attivita' questa indispensabile - prosegue la nota della procura etnea - per le istituzioni statali che debbono assicurare condizioni di sicurezza interne compatibili con la tenuta democratica del Paese, hanno indotto il governo italiano all'adozione di misure di varia natura, tra le quali vanno ricordate per gli aspetti piu' rilevanti nel caso in esame quelle intese a fornire alla Guardia costiera del governo libico riconosciuto dall'Onu motovedette e uomini addestrati dall'Italia per operare un controllo delle coste libiche; al riconoscimento pattizio della zona Sar proclamata dal governo libico per l'intervento delle proprie unita' navali; all'adozione di un codice di condotta al quale devono uniformarsi le Ong operanti nel Mediterraneo per interagire con la Guardia costiera italiana in vista dell'autorizzazione ad approdare in un porto italiano per condurvi i migranti soccorsi". Per i pm appare "di tutta evidenza" che da una parte l'attivita' dei trafficanti (che stanno ritraendo profitti assai ingenti che li rafforzano sempre piu' e li pongono in condizione di ostacolare seriamente la stabilizzazione dell'area), volta a far partire dalle coste libiche il maggior numero di barconi possibile, e dall'altra l'ingresso in Italia di un numero incontrollabile di migranti non possono essere impediti se tutti gli attori coinvolti nella vicenda non si uniformano al rispetto delle norme vigenti e tentano di eluderle con vari espedienti". L'immane problema umanitario, argomenta la procura etnea, che e' alla base dei flussi migratori dall'Africa, "non puo' certamente essere risolto affidando ai trafficanti la gestione delle partenze dei migranti e alle Ong la gestione del loro recupero in mare, perche' cosi' si arricchiscono solo le organizzazioni criminali dei trafficanti, si aumenta il numero dei morti in mare e si fa gravare su di un solo Paese, l'Italia, l'onere insostenibile dell'accoglienza di tutti coloro che vengono recuperati in mare. Al riguardo non puo' non far riflettere il fatto che l'Ong spagnola in questione non si sia occupata del soccorso di migranti sulla rotta Marocco Spagna, dove pure sussistono analoghe esigenze umanitarie".