Cronache
Obbligo vaccini: una manovra del Big Pharma. Parla il candidato al Nobel
Dietro i vaccini obbligatori Big Pharma e il terrorismo mediatico. L'obbligo è dannoso e pericoloso. Lo spiega Giulio Tarro pruricandidato al Nobel in medicina
“Non siamo un Paese scandinavo o anglosassone, manchiamo di conoscenza scientifica e allora qualcuno pensa al nostro posto, il Grande fratello, Big Pharma”, dice ridendo il virologo e professore Giulio Tarro, più volte (anche di recente) candidato al Nobel per la Medicina, allievo di Albert Sabin, presidente della Commissione sulle biotecnologie della virosfera all’Unesco e autore di numerose ricerche presso le università statunitensi tra cui alcune sul rapporto tra virus e tumori. Una vera autorità nel campo. Napoletano, con un esperienza internazionale, dotato di una proverbiale ironia, ci ha parlato delle sue analisi e di come bisognerebbe approcciarsi al tema al di là delle bufale dei media.
“L'obbligo vaccinale di massa non ha alcun senso. E' controproducente. E' chiaro che la vaccinazione è un fatto positivo per la saluta delle popolazioni ma bisognerebbe fare un anamnesi di ogni caso, capire quale è la storia di ogni paziente. Siamo invece al cospetto di campagne di masse e medici che per principio dicono che i vaccini non hanno effetti collaterali. Ma è assurdo. Il vaccino è di per sé un farmaco e può avere effetti collaterali, anche gravi. Se immettiamo milioni di dosi e facciamo vaccinazioni di massa è ovvio che può essere dannoso per i soggetti immunodeficitari. Io sono per un Paese civile dove prevale la persuasione e il dialogo e si analizzi caso per caso”
E qual è la ragione di questa onda che li ha imposti in Italia?
“Hmm... la ragione è Big Pharma”, ride sottovoce, “Probabilmente l'Italia è stata scelta come pacemaker dei vaccini per dare il passo alle altre nazioni. Di recente in Francia ne hanno resi obbligatori 11. Una bella vaccinazione totale di massa...”
Ah...
“Vorremmo una pastiglia che ci protegga da ogni tipo di malattia al mondo, da tutto... e siamo a posto, ma la vita non funziona così. Dal 2000 a Davos si riuniscono non solo per i grandi problemi economici ma anche le grandi case farmaceutiche che cercano di fare vaccini per qualsiasi cosa. Ci sono campagne in giro che favoriscono il terrorismo mediatico. Addirittura qualcuno parla del ritorno del vaiolo (ride)”.
Quindi capiremo gli effetti di questa campagna di vaccinazione di massa fra qualche anno!?
“Ah, bisogna raggiungere l'immunità di gregge. Effettivamente se si riesce a vaccinare il 95% della popolazione poi abbiamo un 5% che vive a sbafo e può permettersi di non correre né rischi né malattie (ride). Dovremmo quindi vaccinare tutti i bambini dell'Africa, del sud est asiatico, del sud America. Oltre al fatto che sarebbe impossibile ci rendiamo conto di cosa significhi? Avremmo ben altri problemi”.
Quindi lei dice che per proteggersi dalle malattie invece che pensare ai vaccini sarebbe più importante investire in alimentazione adeguata, istruzione, migliori condizioni igienico-sanitarie!?
“E certo. Bisogna tornare a Pasteur che diceva 'L'organismo è tutto e il microbo è niente'. E' l'organismo che deve essere in grado di far fronte alle malattie.”
Ci spieghi come è potuto accadere quanto vediamo oggi.
“Negli anni 80 c'è stato un notevole calo dell'uso dei vaccini, quando si è scoperto che si potevano citare i produttori in giudizio. Ad un certo punto solo tre case farmaceutiche erano rimaste a fare vaccini. Quando nel 1992 è stata fatta la legge, giustissima, per il risarcimento dei danni per le trasfusione e per i danni da vaccino si è previsto di fare un bugiardino per dare delle spiegazioni maggiori a chi fosse obbligato alle vaccinazioni. Ma non è mai stata scritto dal ministero. Oggi con Davos si è rilanciato il sistema.”
E cosa risponde al professor Stefano Burioni che dà del somaro a chi è contro i vaccini?
“Penso che Burioni capisca poco. I vaccini sono farmaci veri e propri ed è quindi ovvio che possano causare reazioni avverse. Se usati in modo generalizzato e di massa ancora peggio. E' ovvio che possono essere utili in alcuni soggetti, inutili in altri e dannosi in altri ancora. Ma non penso ci possa essere un colloquio con persone del genere. Le racconto un aneddoto?”
Dica.
Il 2 marzo scorso l'ordine dei biologi ha organizzato un convegno a Roma ed è nata una gran polemica se era legittimo o meno parlare di vaccini. Mi sono permesso di mandare una lettera dove dicevo che non serviva polemizzare. Bisognava prima discutere e ascoltare. Poi nel caso polemizzare, ma solo dopo aver discusso. Burioni mi ha risposto che non posso parlare perché ho 80 anni (ride). Nell'antichità si è inventata la categoria dei senatori che erano apprezzati se anziani perché avevano maggiore saggezza. E' proprio anche della cultura orientale. Ma qui il mondo è capovolto. Lui cerca solo di imporre l'ipse dixit aristotelico (avendolo detto lui, vale a dire una persona famosa e autorevole, non si può più discuterne, ndr) che è di per sé sbagliato. Io sono per il dialogo. Che vuole che le dica. L'aneddoto spiega già tutto.
E' disponibile da qualche giorno un suo libro “10 cose da sapere sui vaccini”, edito dalla Newton Compton, dove spiega anche come non sia vero che il fatturato delle grandi case farmaceutiche sui vaccini non sia irrilevante come sostengono in tanti.
“Miloud Kaddar, senior adviser e health economist dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, ha spiegato con documenti come i vaccini siano diventati il motore dell’industria farmaceutica. Lo spiego nel libro. Così qualcuno pensa per noi e noi siamo felici”.
Infatti Miloud Kaddar racconta che se è vero che nel fatturato farmaceutico globale i vaccini occupano un posto limitato (2-3 per cento) stanno godendo un esponenziale sviluppo economico. I vaccini sono diventati per l’industria una miniera d’oro: hanno moltiplicato il fatturato che da 5 miliardi di dollari nel 2000 è passato a quasi 24 miliardi nel 2013. E raggiungeranno i 100 miliardi di dollari entro il 2025 grazie ai 120 nuovi prodotti che sono stati programmati e di cui 60 vengono dichiarati rilevanti per i Paesi in via di sviluppo.