Cronache
Sanità Emilia. L'incredibile via crucis dei disoccupati senza coperture sanità
Il “modello” Emilia Romagna? Senza soldi non si cantano messe. La Regione non dà l’esenzione dal ticket ai disoccupati che lavorano con ritenuta d’acconto e...
...seconda parte
Chiunque potrebbe trovarsi nella stessa condizione.
“Non ho un soldo e chi come me non ne ha, di fatto, è senza copertura sanitaria perché non ha neanche il denaro per pagare il ticket, sempre se ti trovano la possibilità di una visita”. E’ questo l’epilogo dell’incredibile via crucis che ha dovuto affrontare Gianni*, per farsi prendere in giro dal sistema sanitario emiliano. “A meno che non si voglia vivere da irreperibile a vita. Se non paghi il ticket del pronto soccorso ti arriva il bollettino a casa con la cifra che lievita col passare del tempo. Mi verranno a cercare con un debito sempre più grande, pignorandomi ogni cosa. Sono facilmente perseguibile, non sono un immigrato, sono italiano”.
E’ questa la drammatica situazione di chi aveva un lavoro fino a ieri, con un contratto non tradizionale, ma oggi è disoccupato. La colpa? Aver lavorato, anche solo per un giorno o per cifre minime con ritenuta d’acconto, e non essere stato né un lavoratore dipendente né una partita Iva. “Non sono un imbucato. Ho sempre vissuto del lavoro che mi sono conquistato, come milioni di italiani, ma oggi l’ho perso”, ci dice.
Teoricamente chi è disoccupato avrebbe l’esenzione dal pagamento del ticket in modo da ricevere gratuitamente le spese sanitarie di base. Ma in realtà, a differenza di altre regioni, l’Emilia Romagna dà zero coperture ai disoccupati con ritenuta d’acconto, anche se regolarmente iscritti al centro per l’impiego. Lo abbiamo raccontato qui (nella prima parte del servizio) con tanto di documenti ufficiali, reazione della Regione all’interrogazione del consigliere Michele Facci e risposta della Regione Veneto che invece dispone l’assistenza per tutti coloro che hanno un reddito sotto una certa soglia senza distinzione di categoria. In Italia questo tipo di lavoratori si aggirano, più o meno, intorno a un milione e mezzo di persone, secondo l’Agenzia dell’Entrate (dato del ministero del Lavoro 2017). Parliamo dell’ultimo gradino della scala sociale, lavoratori senza una busta paga fissa, senza coperture di alcun conto, né ferie né malattia pagate, a cui nessuna banca si sogna di fare un mutuo.
E questo accade perché il tanto decantato servizio sanitario regionale emiliano romagnolo non ha un modulo di autocertificazione del diritto all’esenzione per questa tipologia di disoccupati. Ma la scoperta non è gratis. Devi investire il tuo poco denaro e tanto tempo per scoprilo. Abbiamo seguito Gianni passo passo nella via crucis che lo ha portato alla rivelazione.
Gianni è disoccupato e vive a Bologna ed è iscritto al centro per l’impiego per poterlo attestare. Così sapendo che chi sta sotto una certa soglia di reddito avrebbe diritto all’esenzione dal pagamento del ticket sanitario si reca al più vicino centro unificato di prenotazione per l'accesso elettronico alla sanità, il Cup di Bologna. L’operatore allo sportello gli mostra un modulo, l’ E0 (in base alla legge finanziaria 95/96 e successive modifiche DM 11/12/2009). Gli spiega che è un’autocertificazione. Sul modulo bisogna scrivere l’ultimo rapporto di lavoro da dipendente. Ma avendo lavorato con ritenuta d’acconto non può trascrivere il falso. Chiede all’operatore cosa fare. Risposta: “Deve consultare un Caf o un fiscalista, un patronato o l’Agenzia delle Entrate, perché noi non sappiamo e non possiamo darle questo tipo di informazioni. Noi diamo solo il modulo. Non spieghiamo come si compila”. “Ma non si può parlare con un responsabile?”. Dopo un po' d’insistenza arriva la responsabile del Cup che in sostanza riferisce le stesse cose.
Gianni prende un autobus e si reca al primo sindacato che gli ha trovato un appuntamento al servizio Caf. Sembrano tutti ben informati su ogni argomento riguardante il lavoro ma sul tema dell’esenzione del ticket sanitario non sanno che pesci pigliare, se non dire che fa fede la sua dichiarazione di disoccupazione al centro per l’impiego. Così contatta un fiscalista che gli risponde di non sapere come comportarsi. Il giorno dopo l’Agenzia delle entrate: “Ma chi l’ha mandata da noi? Non ne sappiamo niente. Facciamo solo controlli. Se poi c’è qualcosa che nel suo profilo non quadra emetteremo delle sanzioni o comunque verrà fuori”.
Passa del tempo e Gianni si sente poco bene. Ha delle palpitazioni. Si fa accompagnare al pronto soccorso. Dopo ore di attesa lo visitano e gli spiegano che non è niente di grave. Per la prestazione dovrà pagare 75 euro di ticket. Cerca di spiegare che è disoccupato. Ma dalla reception chiedono il modulo dell’esenzione. Quello per il quale si è dato tanto da fare nei giorni prima. Il mattino seguente torna al Cup, rispiega la sua condizione di lavoratore atipico che lavora con ritenuta d’acconto e sembra che una funzionaria abbia compreso l’arcano. Gli consegna il modulo E99 (sulla base del DGR 1036/09 e modifiche-per lavoratori colpiti dalla crisi economica). Il modulo presenta lo stesso problema del modulo E0 consegnatogli la volta precedente. Nell’altro si poteva indicare la casella “lavoratori dipendenti” qui c’è anche l’opzione “lavoratori autonomi con partita Iva”. Ma se non si appartiene a nessuna di queste due categorie cosa si fa? Siamo alle solite. Ricapitola alla funzionaria la sua situazione. Al Cup non hanno risposte. Finché allo sportello non arriva una seconda funzionaria. “Noi abbiamo solo due misure che regolano l’esenzione e sono sulla base di una legge regionale e una nazionale a cui corrispondono i due moduli. E’ lei che deve sapere come compilarli, non noi. La invitiamo ad andare al Caf di un sindacato, da un fiscalista o all’Agenzia delle Entrate o all’Ufficio relazioni con il pubblico dell’Usl di Bologna”. La solita risposta imparata a memoria. Ne nasce una discussione.“Ma se il modulo ve lo siete inventati voi!?, chiede Gianni, “mi spiegate come dovrei compilarlo, visto che non avete previsto la mia categoria?”. “No, non è di nostra competenza”, gli risponde l’impiegato.
Gianni riprende l’autobus e va ad un’appuntamento che è riuscito a fissare con l’Urp dell’Usl centrale di Bologna. Ricapitola la sua situazione. L’operatrice dopo circa 30 minuti di ricerche e telefonate non sa che dire. “Non trovo traccia di casi di questo genere e la mia dirigente non c’è”, spiega. Così gli fa inoltrare una richiesta scritta che invia attraverso il suo terminale e di cui gli lascia copia.
Passa qualche giorno e Gianni chiama l’Urp e l’Usl centrale di Bologna per chiedere della sua segnalazione. Non la trovano. Non si sa che fine abbia fatto. Alle sue insistenze per parlare con un dirigente gli dicono che “non è possibile parlare con dirigenti o superiori ed eventuali informazioni o risposte vengono date via mail entro 30 giorni”. Richiama al telefono l’Usl, poi l’Urp. Niente, nessuno sa che fare. Bisogna chiedere alla Regione. Strada che Gianni segue, spiegando quanto accaduto al consigliere Facci che presenta un’interrogazione. Ma tutti gli uffici interpellati di una cosa sono sicuri: anche se avesse diritto all’esenzione dovrà prima pagare il ticket di visite ed esami che farà, come le 75 euro del pronto soccorso, perché l’eventuale esenzione dei pagamenti inizierà nel momento in cui gli faranno compilare il modulo, se mai ne esiste uno per lui. Quindi, in quel caso, l’esenzione non sarebbe comunque retroattiva.
Dopo un mese arriva una risposta via mail dall’Urp dell’Usl : “La informiamo del fatto che l’autocertificazione della condizione reddituale (sia per la richiesta di esenzione per età/reddito o disoccupazione o titolare di pensione al minimo o disoccupazione, sia regionale E99 che nazionale E02) è una responsabilità in capo al cittadino, unico a conoscenza della propria situazione. I nostri operatori non sono infatti autorizzati a dare indicazioni ai cittadini in merito ai contenuti relativi alle autocertificazioni. L’identificazione della tipologia di esenzione di appartenenza rimane sempre e solo di pertinenza del cittadino. La invitiamo pertanto a verificare, rivolgendosi a un CAF di Sua scelta”, ecc… “Ma quale Caf…!? Il modulo non se l’è inventato il Caf che non fa neanche le leggi. E’ la Regione. Quindi me lo dica la Regione cos’è ‘sta roba qui!”, Giovanni è stufo di essere preso in giro. “Ecco se per incassare lo stipendio tutti questi burocrati e politici che si sono inventati sto giochetto, dovessero finire nello stesso labirinto, penso che ci metterebbero poco a risolvere il problema!” ci dice, “e poi parlano di amministrazione illuminata e di semplificazioni per il cittadino”.
Io la sposto a te che tu la sposti ad un altro che la sposta ad un altro ancora. E’ il solito gioco della patata bollente che scotta chi la tiene in mano.Il dilemma, come spesso capita negli enti pubblici, é capire come spostare la responsabilità di un fatto così grave a qualcun altro. Per il resto c’è poco da fare, siamo numeri. Le persone, non contano.
* (nome modificato per tutela della privacy )