Cronache
Terrorismo, Gioele Magaldi: "Dietro gli attacchi un messaggio massonico"
di Lorenzo Lamperti
@LorenzoLamperti
Gioele Magaldi, il Gran Maestro del Grande Oriente Democratico, analizza in un'intervista ad Affaritaliani.it i significati nascosti degli attentati a Parigi.
Come vanno interpretati i tragici fatti di Parigi? Quale potrebbe essere stato il ruolo di Al Qaeda e Isis?
I tragici fatti di Parigi, sia del 7 gennaio che dello scorso 13 novembre 2015, sono anzitutto opera di coloro che hanno creato a tavolino prima Al Qaeda e poi l’Isis. Di costoro ho parlato nel mio libro MASSONI. Società a responsabilità illimitata, Chiarelettere Editore (primo volume), profetizzando già nell’autunno 2014 (quando il libro è uscito), in termini minuziosi e inequivocabili, eventi terribili come quelli che sono accaduti a Parigi quest’anno e come altri che continueranno a verificarsi.
Lo scorso anno su Charlie Hebdo c'era stato chi ipotizzava ci fosse dietro una mano non islamica. Si può fare lo stesso discorso anche per questi nuovi attacchi a Parigi?
Le menti e le mani che hanno prima pianificato ed effettuato gli attentati a “Charlie Hebdo” e poi le terribili stragi di venerdì 13 novembre 2015 sono le stesse, identiche. E sono menti e mani che amano particolarmente le simbologie della tradizione esoterica e massonica occidentale…in modo impressionante. Non ho ancora sentito nessuno, a livello di mainstream mediatico, ricordare che il venerdì 13 ottobre del 1307, proprio in Francia, il re Filippo il Bello, ordinò l’arresto dei Templari. Da allora, quella data ha assunto una rilevanza fondamentale in determinati ambienti appunto esoterici e massonici, e persino nella produzione letteraria e filmografica. Chi ha voluto realizzare la strage di Parigi, facendola compiere proprio un venerdì 13, ha mandato un segnale preciso di natura infra- massonica. Spiegherò in seguito di che segnale si tratti e perché, al lume delle notizie riservate che mi sono pervenute, sia stato scelto egualmente l’autunno per questo attentato, ma non il mese di ottobre, bensì quello di novembre.
Secondo lei come dovrebbe rispondere l'Occidente?
C’è sempre stato un solo modo per reagire adeguatamente a questo tipo di situazione. Se solo si volesse (ma non si vuole, perché lo show del terrorismo hollywoodiano a cura dell’Isis fa comodo a molti…), si dovrebbe procedere cosi: 1) Un’azione militare poderosa, per via aerea ma soprattutto via terra, concertata tra tutte le maggiori potenze almeno nominalmente democratiche, preferibilmente sotto l’egida dell’ONU. Un’azione risoluta per spazzare via il cosiddetto Califfato dell’Isis dalla faccia della terra. Militarmente, se solo si volesse, in poco tempo i miliziani dell’Isis sarebbero travolti dalla infinitamente preponderante forza bellica che le nazioni democratiche potrebbero mettere in atto. 2) Solo che, per essere credibile, legittimato, giustificabile e ben accetto, al presente come per il futuro, un tale intervento militare, una volta conseguita la vittoria, dovrebbe essere seguito rapidamente e seriamente dalla costruzione di infrastrutture materiali e immateriali, culturali, istituzionali ed economiche volte a trasformare quei territori martoriati medio- orientali (ora dominati dal Califfato) in società libere, democratiche, laiche, con un grande dispendio di risorse per aiutare la popolazione locale ad associare un ritrovato benessere economico-sociale alla implementazione di istituzioni democratico-liberali. Non si tratta di fingere di “esportare la democrazia”, come volevano far credere all’opinione pubblica mondiale i farabutti massoni contro-iniziati che, tramite la superloggia sovranazionale Hathor-Pentalpha (si legga il primo volume della serie di MASSONI, per capire di che si tratti), andarono a mettere a ferro e fuoco l’Iraq nei primi anni ‘2000 e altri territori in tempi successivi. Si tratta di costruirla davvero una vita democratica, libera, laica, pluralista e pacifica in quello che ora è lo stato totalitario-integralista-ierocratico dell’Isis, e nel resto del Medio Oriente. E per farlo, occorre che i governi delle maggiori potenze democratiche mondiali collaborino con gli ambienti islamici più laici e moderati dell’area nord-africana e medio-orientale.
C'è il rischio che ora, in Europa, prendano sempre più forza i populismi e gli estremismi, come Le Pen in Francia o Salvini in Italia?
E’ uno spauracchio, questo della possibile avanzata dei movimenti populistici ed estremistici, agitato strumentalmente da coloro che poi, per far fronte a questa eventuale avanzata, propongono governi consociativi che, per loro natura, annullano la normale dialettica democratica tra forze politiche alternative. Governi consociativi che poi favoriscono l’approvazione, quasi sempre con scarso dibattito politico-mediatico (si ricordi l’approvazione totalitaria e silenziata del funesto Fiscal Compact, ad opera del governo Monti, in Italia, e altri provvedimenti simili presi in tutta Europa), di misure legislative contrarie all’interesse del popolo sovrano ma assai utili ad interessi privati sovranazionali e apolidi. D’altra parte, non ho alcuna simpatia per i populismi e gli estremismi, tanto più se di natura neo-nazionalistica, e occorre anche osservare che i gruppi dirigenti di questi movimenti, solitamente, quando vanno al governo, si dimostrano del tutto docili e subalterni a quegli stessi poteri apolidi che di consueto si servono di maggioranze consociative e formalmente “moderate”. Non bisogna però confondere il carattere cinico e apolide delle élites massoniche neoaristocratiche e reazionarie, cui mi sto riferendo, e che in alcuni loro segmenti sono responsabili dell’atroce strage di Parigi del 13 novembre scorso, dal positivo cosmopolitismo dei gruppi massonici progressisti, per i quali la patria non è la propria nazione, ma ogni luogo dove occorra combattere per la democrazia, la libertà e i valori racchiusi nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani approvata all’Onu il 10 dicembre 1948, grazie al “matrocinio” della libera muratrice Eleanor Roosevelt.
In molti chiedono ora di bombardare la Siria e chiudere le frontiere. Lei è d'accordo?
Non serve chiudere alcuna frontiera. E non servirebbe bombardare e basta (come è stato fatto in passato, spesso senza considerare le pesanti conseguenze per le popolazioni civili coinvolte), in assenza di quell’impegno concreto e lungimirante nella costruzione di infrastrutture materiali e immateriali necessarie per costruire, consolidare e difendere qualsivoglia società aperta, libera, laica, democratica ed equa. Come del resto spiegavo più sopra, rispondendo a un’altra domanda.
Il procuratore nazionale Antimafia e Antiterrorismo Roberti ha detto che "dobbiamo esser pronti a cedere una parte delle nostre libertà" di comunicazione. Un Patriot Act all'italiana sarebbe una scelta giusta?
Se davvero Franco Roberti si è espresso cosi, devo allora dire che trovo gravissime, scellerate e inaccettabili le parole del procuratore nazionale Antimafia e Antiterrorismo. Proprio il 14 novembre, sul sito ufficiale del Movimento Roosevelt (www.movimentoroosevelt.com), poi rilanciato anche sul sito di Grande Oriente Democratico (www.grandeoriente-democratico.com), è apparso un importante intervento intitolato “Strage a Parigi del 13 novembre 2015: il tragico avverarsi delle profezie di MASSONI e di Gioele Magaldi (risalenti al 2014) e un necessario impegno di tutti e di ciascuno per difendere democrazia e libertà, contro qualsivoglia deriva autoritaria e illiberale in stile Patriot Act sul suolo europeo e contro altre conseguenze strumentali e scellerate auspicate dai mandanti degli attentati di ieri (13 novembre) e del 7 gennaio 2015 in Francia”, articolo pubblicato il 14 novembre 2015 sul sito MR, di cui consiglio un’attenta lettura. Se Franco Roberti si è espresso cosi, il Movimento Roosevelt, entità politica metapartitica da me presieduta, chiederà ufficialmente le dimissioni dell’attuale procuratore nazionale Antimafia e Antiterrorismo, per manifesta incompatibilità ideologica con i principi e i fondamenti di quelle istituzioni democratiche e liberali che egli, con le strutture da lui guidate, dovrebbe difendere dalle minacce del terrorismo e della malavita organizzata. Sarebbe il caso di ricordare a Franco Roberti e a coloro che, a questo punto, hanno il diritto-dovere di indurlo a dimettersi, che il massone progressista Benjamin Franklin, uno dei massimi padri della nascita della prima Repubblica costituzionale e democratica al Mondo, gli Stati Uniti d’America, soleva affermare: “Chi è pronto a dar via le proprie libertà fondamentali per comprarsi briciole di temporanea sicurezza, non merita né la libertà né la sicurezza”. E Franco Roberti certo non merita di continuare a presiedere l’Antimafia e l’Antiterrorismo in Italia, lo dico con forza e convinzione. Peraltro, vogliamo anche dire una cosa che ancora non ho sentito osservare da nessuno? Ho diversi amici fraterni onesti e scrupolosi, tra i quadri e i dirigenti dei servizi d’intelligence (di diverse nazioni) operanti in Francia e in particolare a Parigi. E sa cosa mi hanno suggerito? Che senza una falla grossa come una casa nell’operato degli stessi servizi segreti occidentali e francesi (qualche agente infedele che, evidentemente, ha “collaborato” con i terroristi, tradendo con infamia i propri doveri e la propria dignità di uomo e di servitore dello Stato), quello che è accaduto venerdì 13 novembre non sarebbe mai potuto accadere. Ma stiamo scherzando? Terroristi che arrivano indisturbati a pochi passi da dove si muove il Presidente della Repubblica e che vanno a fare il più atroce attentato in un locale che avrebbe dovuto essere scientificamente guardato a vista da servizi d’intelligence e sicurezza, in quanto già attenzionato in precedenza per possibili atti di terrorismo e violenza? Senza la connivenza di apparati deviati dell’intelligence militare e civile, tutto ciò non sarebbe stato assolutamente possibile. Perciò, vorrei dire a Franco Roberti e ad altri, di non venirci a cantare la canzone stonata della rinuncia alla libertà in favore della sicurezza. Semmai, il successore di Roberti (dopo che costui si sia doverosamente dimesso) si prodighi per evitare, in Italia, le falle clamorose e inescusabili relative alla prevenzione degli attentati e al presidio capillare dei luoghi più esposti a rischi.
Isis ha minacciato attentati a Roma. Quanto rischia secondo lei l'Italia?
L’Italia rischia come ogni altro importante Paese europeo. Ma sarà cura mia personale, e di altri fratelli dell’area di Grande Oriente Democratico, vigilare al fine di rendere molto difficile la vita ai terroristi che volessero operare a Roma o altrove, magari con la connivenza anche qui di pseudo- servitori dello Stato infedeli e infami.