Culture
Chiesa, resistere e combattere contro Papa Francesco
Pena la débacle del cattolicesimo romano
Di Gaetano di Thiène Scatigna Minghetti
Aper de silva. Maiale selvatico. In questi termini, mutuati dal Salmo 80 (79), 14, si esprime Papa Leone X de'Medici (1513-1522), nella Bolla di condanna Exsurge Domine, del 15 giugno 1520, allorchè si rende pienamente conto, sebbene con notevole ritardo, di quale esiziale devastazione, anche a lunga prospettiva, siano portatrici le cosiddette 95 tesi che Martin Lutero (1483-1546), volle affiggere sui battenti della Cattedrale di Wittenberg, il 31 ottobre del 1517, che costituiscono l'humus velenoso del suo pensiero per lanciare un attacco violento contro la Chiesa di Roma, colpevole, a suo dire, della dilagata corruzione tra il clero e i popoli del Vecchio Continente, specialmente quelli tedeschi, dovuta alla vendita delle indulgenze per finanziare la costruzione della grandiosa Basilica di San Pietro in Vaticano, che doveva sostituire quella costantiniana, ormai irredimibilmente pericolante. Da cui, in seguito, nacque la Riforma protestante che indusse a recidere, di netto, il proprio filiale legame, con le popolazioni tedesche e del nord Europa con la Cattedra Petrina e la millenaria tradizione sulla quale, letteralmente, riposa, nel bene e nel male, l'Istituzione ecclesiastica cattolica e l'intera civiltà dell'Occidente permeato intensamente, sin nelle sue più intime latèbre, della cultura classica, ellenica e latina.
Costituì, quella di Lutero, un aggressivo monaco agostiniano di carattere intollerante e ribelle, appartenente al ceto sociale del sottoproletariato contadino, un violentissimo attacco, estremamente brutale, al sacrificio della messa e contro la figura istituzionale del Sommo Pontefice, per affermare, tra l'atro, il principio che solo la fede, ma non le opere, sia bastevole a giustificare l'uomo al cospetto di Dio e della sua onnipotenza. D'un solo colpo costui spazzò via l'intero impianto della Chiesa Universale che basa la propria "ideologia" sulle speculazioni filosofiche e teologiche di San Tommaso d'Aquino che, con la sua poderosa sintesi dei principi cristiani, interpretati alla luce della filosofia di Aristotele, riuscì felicemente a conciliare fede e ragione, costituendo, nella Summa theologica, il vivificante sostrato della dottrina evangelica della Chiesa.
Ora, dopo cinquecento anni esatti da quella violenta tempesta che si abbattè con i suoi marosi sulla vita della Chiesa con inusitata bestialità, ecco che il capo dei preti "estetici", secondo l'accezione conferita al lemma da Tomasi di Lampedusa, nel suo "Gattopardo", supportato dai suoi accoliti più proni, afferma come questo volgare eretico, plebeo libidinoso, anche nei tratti fisionomici, sgraziato nei modi e nell'approccio, ne tesse le lodi affermando che costui sia stato un grande riformatore, ispirato, nell'azione di rinnovamento della Chiesa nell'età moderna direttamente dallo Spirito Divino costituendo, del pari, un dono ineffabile e gratuito.
Si può mai assentire e consentire con simile gravi esternazioni? Puo' essere credibile, dopo mezzo millennio e , ancora, dopo una lunga serie di Santi che ne costituiscono la testimonianza più incontroversa, con la loro esistenza e le loro azioni, e una sequenza ininterrotta di Pontefici e innumeri teologi che hanno esaltato e ribadito, senza jato alcuno, il tradizionale pensiero della Chiesa del Cristo, la vera Chiesa, che costituisce la virideggiante interprete del Salvatore mentre indica l'unica, indefettibile via da percorrere per raggiungere la salvezza eterna, un individuo che, masochisticamente, di cui non riesco a capire per quali inconfessati scopi, di punto in bianco, senza che se ne avverta una stretta necessità, stia operando con subdola pervicacia al fine di scardinare, sin dalle fondamenta più profonde, la Chiesa Cattolica, che, invece di essere protetta nella propria quotidiana vicenda di vita contro i nemici esterni, ora, deve altresì guardarsi da un nemico interno tanto più subdolo quanto inaspettato.
Che cosa stanno a significare, d'altra parte, i replicati inviti ad accogliere torme di diseredati, adepti di una religione che con la Cattolica nulla hanno da spartire? Cosa nasconde la proterva insistenza nel demonizzare tutti coloro che in questa indiscriminata politica dell'ospitalità non vedono altro se non il suicidio, l'eutanasia dell'Occidente della sua cultura, della sua primigenia fede religiosa; che hanno creato libertà di pensiero e di azione, hanno posto in essere tutti i prodromi per redigere il codice umano dei suoi popoli, delle sue famiglie, dei loro componenti, in una sinergia di libertà e di sano progresso che i tanti vulnera della vita e della storia non sono stati in grado di scalfire nella essenza caratteriale sua propria che possiede come codice genetico il crisma dell'umanesimo occidentale.
Significativamente, Edward Luttwak, in un'intervista al quotidiano Libero, del 23 ottobre scorso, lo ha definito un "extracomunitario", focalizzando con le sue espressioni caratterizzate da logica stringente, il nocciolo della questione. Per l'Italia, che se lo ritrova, praticamente, in casa, afferma Luttwak, "il Papa è un extracomunitario che chiede al Paese che lo ospita di accogliere tutti gli extracomunitari. Li chiama in Italia e lo fa senza alcun diritto, in completa opposizione alla volontà del popolo".
Parole pesanti che devono far riflettere chiunque abbia un minimo di buonsenso, di amor proprio, e cerca di pensare al futuro suo, dei figli, della famiglia. In sostanza, delle proprie tradizioni e convinzioni; dei princìpi in cui si è formato e crede e si specchia. In una parola soltanto: della sua identità di uomo e di autentica persona. Che ne connota l'individualità non semplicemente per quello che concerne la sfera intima, spirituale di ogni soggetto, ma in concomitanza, anche la facies fisica che risulta il fattore primo che pone l'uomo immediatamente in contatto con tutti gli altri simili a sè più prossimi. E, in tanto, con essi si rapporta.
E' un ragionamento semplice, questo, forsanche semplicistico, che il discendente di poveri contadini piemontesi, emigrati in Argentina, non tenta nemmeno di compiere perché esula del tutto dalle sue categorie mentali ma non da quelle nostre, dei puri cattolici. Per cui bisogna resistere, combattere nei confronti di questo cianciere, pervenuto "dalla fine del mondo", per non esserne travolti: pena la débacle del cattolicesimo apostolico e romano e della stessa civiltà occidentale che da essa trae umore corroborante e slancio vitale. In particolare, contro la deriva luterana, protestantica, che si vuole infliggere, con un subliminale messaggio, alla vera Chiesa di Cristo individuando, per rinfrancarsi, nei dettati del Concilio di Trento (1545-1563) il vero itinerario da percorrere ed il comportamento da seguire, da osservare, per non smarrirsi nei melmosi meandri delle false dottrine che serpeggiano sempre più sinuosamente e con pertinace sequenza sulle bocche degli attuali falsi profeti che infestano, ammorbandola, l'odierna società, libera e civile, dell'Occidente.