Culture
"Il numero più grande è due", un romanzo poetico. Nuovo genere letterario
Sulla paura di essere amati. Recensione a firma di Lidia Sella
Il numero più grande è due di Fabrizio Caramagna: un interessante esperimento editoriale, targato Mondadori, uscito di recente, gennaio 2019. L’autore, con questo libro, inaugura un nuovo genere letterario. Una vicenda amorosa che procede per brevi lampi, uno in ogni pagina. Il percorso narrativo si snoda attraverso una serie di aforismi e/o poesismi, frammenti in prosa poetica, raccordati da micro-dialoghi che suggeriscono riflessioni e interrogativi esistenziali, in bilico tra speranze e amarezza, abbagli e sconforto.
Una scrittura moderna, a descrivere sentimenti eterni. La dichiarazione immaginifica che ti conquista, poiché riesce a stupirti: “Vicino a te tutti gli orologi segnano la gioia in punto. "L’abbraccio che diventa una casa. O un mezzo di trasporto. L’entusiasmo di partire per un viaggio nell’altro: “Prendo una valigia leggera e salgo sul treno/ carrozza meraviglia/ lato finestrino...” Un’interiorità di matrice mistica che, per approssimarsi al mistero, penetra nel nucleo delle emozioni, e si impegna a donare l’essenza:“Dimentica l’altezza e il peso/misurami in intensità luminosa.” Il coraggio di denudare il cuore, perché talvolta una maggior forza scaturisce proprio dal riconoscere e confessare le nostre fragilità: “Guardami mentre inciampo e cado./ Quando combatto e sbaglio.”La consapevolezza che un amore è grande appunto in ragione del dolore che lo ha preceduto.La sensualità trasformata in veicolo per l’anima: “La mia posizione preferita/salire sul tuo corpo/ scendere dalle mie paure.”La gelosia che somiglia a un Universo in espansione: “Nasce come un puntino invisibile/ poi a poco a poco cresce/... e certi giorni ... /non basta tutto il corpo a contenerla.”La preghiera, tenera e accorata, del maschio che teme l’abbandono: “Non andare via/sono un lupo timido/non ho mai saputo rincorrere nessuno.”L’angosciosa precarietà di una passione ondivaga, capricciosa: “L’amore è un gioco strano/ Puoi perdere più del dovuto.”La consueta, dolorosa incomunicabilità tra i sessi: “Le parole se ne stanno zitte sulla soglia/ a un passo da te/ che resti fuori.” Oppure: “Ci sono parole killer/ saltano fuori senza preavviso/ si fingono innocenti.” Il momento fatale della separazione, fotografato così: “Sono strani gli abbracci quando si dice addio./Sei lì sospeso, e stringi qualcosa a cui non potrai mai più aggrapparti.”
La disperazione solitaria, ostinata, che si mette “in ginocchio/ e scava nel ghiaccio/ a cercare antiche promesse.”Un rancore che si vendica a parole contro le trappole della vita: “A volte penso che il paradiso sia un posto dove si è felici perché non ci si innamora più.”
Molto spesso, conclude Caramagna, se i rapporti di coppia naufragano è perché “Ciò che più fa paura non è amare ma essere amati./ Accogliere l’amore/aprire il nostro cuore a quello dell’altro/significa diventare vulnerabili/accettare di essere feriti.” Prospettiva dalla quale, in effetti, rifuggono in molti.
A tratti, fra le righe, fa capolino l’ancora dell’ironia:”Se non riuscissimo più a incontrarci in questa vita/hai un piano per far pace nella prossima?”Non manca il lieto fine. Simile a un’onda che gioca con la Luna, periodicamente Eros torna a medicare ferite sanguinanti, ricostruisce rapporti devastati dall’incomprensione, dai tradimenti, trae in salvo coppie che agonizzano sotto il macigno dell’abitudine e del tempo. “A volte due persone, per combaciare/devono prima rompersi in mille pezzi.”
E, nel riprendere il cammino insieme, per non sbagliare ancora, gli amanti potranno magari rivolgersi tale reciproco avvertimento: ”Non guidarmi, non calpestarmi, non spingermi,/non frenarmi, non superarmi./ Accompagnami.”
Parecchi, in sostanza, gli spunti stimolanti, luminosi, contenuti nella presente silloge. Soltanto, qua e là, com’è inevitabile, alcuni passaggi meno incisivi e qualche occasionale concessione al sentimentalismo. Leggere questo “canzoniere d’amore”, ad ogni modo, è come tuffarsi in acque limpide. Frasi, concetti e atmosfere rigeneranti regalano una preziosa carica di energia, e un po’ di consolazione allo spirito, una carezza taumaturgica di bellezza, esperienze profonde e ascesi etica.Di certo un idealista, e un esteta, l’autore. Uomo di animo sensibile, refrattario alle logiche dell’omologazione imperante, allergico al materialismo. Il suo protagonista afferma: “Lascio agli arrivisti le scale per il successo. Io preferisco quelle che finiscono nel nulla, e si perdono in soffitte o stanze vuote: quando arrivi al gradino più alto, la vista sulla Luna è magnifica.” Un inguaribile sognatore insomma, un epigono del romanticismo, e un contemplativo, Caramagna. Oltre che un temerario, sempre pronto ad affrontare le tempeste che scompaginano gli amori, a nutrire fede nel divenire, ad attendere cioè che i nuvoloni neri di oggi si mutino nei cieli tersi del domani. È lui stesso, in effetti, a svelarci che il termine destino, in sanscrito, indica la bufera. Un’associazione filologica simile ritorna del resto anche nel vocabolo fortunale, voce che rimanda alla dèa romana della Fortuna, la divinità bendata che, ciecamente, distribuisce felicità o sventure, un lemma la cui radice etimologica riconduce al verbo férre, che significa portare, produrre. E siccome, in ambito sia meteorologico che psicologico, il vento della sorte trascina con sé la burrasca, oppure può spazzarla via, naturale allora l’invito a sopportare con rassegnazione e pazienza i verdetti del caso, le trame ordite dalle circostanze, giacché il risultato sarà comunque effimero, tanto nel bene quanto nel male. Una chimerica illusione, un ingannevole miraggio, in fondo, stabilità e solidità dei sentimenti. Persino nel cuore di una gioia perfetta si cela infatti il parassita della sofferenza e semi di felicità sonnecchiano fra le zolle ghiacciate del dolore. Ogni emozione racchiude in sé il germe del suo opposto. Prelude al declino l’apogeo. Latente, sembra morta, la Luna. Ma attende solo di risorgere, timido sorriso di luce nascente. Ecco dunque un altro messaggio che Fabrizio Caramagna ha voluto chiudere nella bottiglia, una sorta di formula alchemica e inossidabile che i suoi lettori potranno raccogliere lungo la battigia della coscienza. Sul rotolo di questa pergamena affidata all’Oceano dell’umano sentire, Caramagna ha scritto una storia semplice, la cronaca dell’eterno ritorno, e relative ripercussioni sulle maree amorose. Una questione che riguarda tutti noi e condiziona gran parte delle nostre vite. Eppure potrebbe quasi costituire materia per un racconto di fantascienza... Su un vecchio pianeta alla periferia della Galassia abita una creatura bizzarra, un bipede curioso, consapevole di sé ma anche piuttosto irrazionale. Lo strano animale è travolto, insieme ai suoi simili, dal turbine delle passioni che in lui fioriscono, crescono, muoiono, e poi rinascono. Intanto, si interroga. E, a giorni alterni, benedice o maledice il destino.