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Vanni Santoni: "Ecco perché ho deciso di scrivere (anche) dei 'fantasy'..."

 

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di Antonio Prudenzano
su Twitter: @PrudenzanoAnton

Vanni Santoni, classe ’78, scrittore e responsabile della narrativa del marchio indipendente Tunué, dopo tre libri “impegnati” come “Personaggi precari” (RGB, 2007), “Gli interessi in comune" (Feltrinelli, 2008) e “Se fossi fuoco, arderei Firenze” (Laterza, 2011), due romanzi a più mani e alcuni racconti, ha deciso di lavorare a una trilogia fantasy, che sarà pubblicata da Mondadori. E spiega perché ad Affaritaliani.it.

VanniSantoniVANNI SANTONI - Foto di Pietro Paolini – TerraProject

Santoni, come mai lei, un autore “di nicchia”, ha deciso di cambiare? Com’è nata l’idea di una trilogia fantasy? Non teme le critiche?
"Tre premesse: 1) Preferisco non parlare di fantasy, che nella vulgata italiana è diventato un termine fuorviante, ma più in generale di fantastico. Non che ci sia niente male nella definizione in sé – anzi, il romanzo che sto scrivendo, che è avventuroso e ambientato in un mondo 'altro', vi rientra in pieno – ma se pronunci il termine 'fantasy' tutti ormai si immaginano orde di elfi cosplayer. Dico questo, ovviamente, nella piena consapevolezza della diversa 'gradazione' che hanno in realtà i due termini. 2) Preferisco non parlare di trilogia, ma di tre romanzi: basta dire 'trilogia' e subito si pensa al pacchetto commerciale pronto per i supermercati. Quello che voglio fare, semplicemente, è sviluppare una narrazione molto ampia, e quindi ho bisogno di più volumi. 3) Chi ha detto che il fantastico non possa essere anche una cosa seria?

Poi una precisazione: nessun 'cambio', solo sperimentazione. Mentre sto scrivendo questo romanzo fantastico, ne sto infatti scrivendo anche altri due di ambientazione contemporanea (e certamente 'impegnati'): un nuovo Contromano e un romanzo lungo, in cui cercherò di mettere a frutto tutto quello che ho imparato in questi anni. Non abbandonerei mai la strada della letteratura – per quanto la si percorra sempre col dubbio di esser ciechi e di star sbagliando tutto –, ma mi considero, rispetto ai miei obiettivi, ancora un principiante, e trovo grande utilità nello sperimentare, nel creare 'spin-off di me stesso'. Mi spiego: sono cresciuto e mi sono formato con i classici, e mi viene naturale confrontarmi con essi; si capisce che da un simile confronto si esce sempre annichiliti – rispetto alla letteratura non sono neanche un principiante: sono niente  ma se non lo si tenta, sarebbe meglio non cominciare neanche a scrivere. Parafrasando Re Theoden – visto il tema della conversazione, mi si concederà tanto la parafrasi quanto la sua sciocca pomposità – alla fine dei miei giorni vorrei andare al cospetto dei 'padri' e alla loro possente presenza non essere completamente pieno di vergogna. Per ora, dunque, mi interessa innanzitutto ampliare la gamma delle mie sperimentazioni ed esercitarmi su più fronti possibili. Ho il sospetto – e libri come 2666 e Infinite Jest, tra i più chiari capisaldi letterari dei decenni appena trascorsi, lo confermano – che per fare un romanzo davvero grande, oggi, si debba superare la diade nuovo realismo/postmodernismo e non si possa prescindere anche da elementi che alcuni chiamerebbero 'di genere'. Così, eccomi intanto a prendere le misure al fantastico.

 

C’è poi il fatto, e questa è la ragione pratica che ha dato l’innesco a tutta la faccenda, che posso farlo. Mi spiego: sono cresciuto con i classici russi e francesi, ma anche con Dungeons & Dragons e Ultima; con la poesia inglese dell’ottocento, ma anche con Conan e Highlander; con Steinbeck e Faulkner ma anche con Berserk e JoJo; ho scritto cinque libri, ma anche quindici ambientazioni per altrettante campagne annuali di gioco di ruolo. È stata la mia amica Martina Donati, un giorno, a farmi notare che questa doppia competenza era qualcosa di inusuale, che sarebbe stato un peccato non sfruttare. All’inizio ero perplesso: come provano i libri che ho scritto finora, non mi ero mai interessato al fantastico come genere letterario, e tuttora lo considero una strada parallela, di esplorazione; tuttavia, una notte di alcuni mesi fa, complici anche la fresca rilettura di tutto il Sandman di Gaiman e la scoperta di Queste oscure materie di Pullman, per la quale devo ringraziare Francesca Matteoni, ho cominciato a gingillarmi con tre personaggi: in breve mi sono ritrovato tra le mani una dozzina di pagine, e ho capito che si poteva fare. Inizialmente ritenevo che sarebbe stato solo un divertimento, e che se lo avessi pubblicato sarebbe stato sotto pseudonimo – per gioco, appunto. Poi, via via che andavo avanti, e via via che si risvegliavano nella coscienza un sacco di letture che erano rimaste fin lì relativamente 'inutilizzate' (L’Eneide! La Bhagavad-Gītā! La Chanson de Roland! La Pietra Lunare! Il cavaliere inesistente! ... ), ho capito che anche all’interno dei frame del fantastico potevo fare qualcosa di 'serio', che dialogasse, sia pure indirettamente, con ciò che avevo scritto fin lì. Per questo ho deciso di lavorare alla luce del sole: anche se con ogni probabilità inserirò un 'marcatore' – un nome diverso, una lettera ulteriore, l’aggiunta del cognome di mia madre, vedremo cosa – volto ad avvisare chi ha una idiosincrasia verso il fantastico di evitare quei libri lì (o viceversa tenere lontano dai miei romanzi realistici chi ama esclusivamente il fantastico), non intendo nascondermi. È normale che, quando un autore percepito come 'letterario' fa qualcosa 'di genere', arrivino critiche di ordine pregiudiziale, ma è pure pacifico, ormai, che anche all’interno dei 'generi' si può fare, o almeno provare a fare, letteratura. Se il fantastico in Italia ha una cattiva reputazione – nonostante esistano molti autori validi, sia annoverati tra i 'fantastici' che mimetizzati tra quelli considerati più letterari – è anche perché gli editori, nella speranza di far cassetta, hanno fatto uscire, negli anni, una quantità enorme di libri ingenui, poco curati, spesso scritti da autori troppo giovani per saper gestire la materia romanzesca, e pian piano il genere ha perduto credibilità.

 

Dato che oggi ho le idee abbastanza chiare su cosa farò in futuro, ovvero sul prossimo paio di romanzi più 'impegnati' che scriverò, ho trovato anche lo spazio mentale per questo nuovo esperimento. Chi non vuole saperne di avventure in mondi immaginari, non avrà che da leggere i miei altri libri: non mancheranno".

 

Che tipo di romanzi saranno?

"Chiariamo subito un dubbio che è forse potuto venire a chi ha letto la prima risposta: il mio obiettivo non è convincere i miei amici letterati delle possibilità racchiuse nel genere fantastico, ma parlare a un pubblico più ampio possibile. La cosa interessante dello scrivere narrativa fantastica è che puoi, anzi devi, confrontarti continuamente con gli archetipi, e ho intenzione di farlo senza risparmiarmi, sia a livello strutturale che di singoli elementi. Per questo la struttura di base sarà più che classica, con l’ibridazione di tre filoni chiave di questo tipo di narrazioni, il Bildungsroman (che nel fantastico è sempre anche percorso iniziatico), il romanzo di esplorazione e l’epica guerresca. A queste fondamenta vanno ad aggiungersi la mia passione per l’esoterismo – scrivere un romanzo fantastico era del resto l’unico modo per mettere a frutto anni di cartomanzia, di studi crowleyani, di passi dei Veda mandati a mente... –, la volontà di riscoprire le fiabe, non in senso etnografico, ma jungiano, come finestre sul profondo, e un certo gusto per l’azione che ho sviluppato coordinando i lavori di In territorio nemico, il romanzo storico collettivo che uscirà ad aprile per minimum fax.

 

L’idea è quella di dare vita a un romanzo fantastico con più livelli di lettura, ma nel quale il primo, quello della grande narrazione avventurosa, sia dominante: in una parola sto cercando di scrivere il libro fantastico che mi sarebbe piaciuto leggere. Ci sarà però, ben nascosta, anche 'ciccia' per letterati: tutto il romanzo ha un sistema interno di riferimenti che vanno oltre la letteratura fantastica, ma su questo non voglio sbottonarmi troppo; dico solo che a mio avviso Il signore degli anelli può essere visto anche come un’opera modernista imparentata con La terra desolata di T.S.Eliot... Chi ha orecchie per intendere, intenderà".

 

A proposito, Luca Ussia, responsabile della “varia” Rizzoli, ha anticipato ad Affaritaliani.it che Benedetta Parodi, star della cucina in tv e in libreria, in primavera proporrà “il primo romanzo di una saga fantasy per bambini nata come fiaba della buonanotte per le due figlie (...) in cui le ricette saranno un ingrediente magico". Evidentemente, la passione per il fantasy sta contagiando anche gli autori più popolari…

"Premesso che mi sembra fuorviante elencare tra gli 'autori più popolari' Benedetta Parodi, poiché l’inserimento dei libri di cucina – che appartengono alla manualistica – nelle stesse classifiche dei romanzi è un’assurdità, si può parlare di 'saga fantasy' nel caso di una fiaba della buonanotte innervata di ricette? È facile immaginare (lasciando al testo la possibilità di smentirci, ovvio) che si tratterà di un prodotto per bambini che punta a venir venduto alle loro mamme, le quali hanno già confidenza con l’autrice-brand per via dell’aiuto che dà loro in cucina: definendolo 'saga fantasy' si fa del male al genere. Si tratta di un indicatore abbastanza chiaro di come una buona parte dell’editoria italiana considera, e ha considerato per anni, il lettore di fantastico: come qualcuno disposto a ingollare qualunque cosa purché ci sia sopra un elfo o un drago. L’esempio che lei porta è un caso limite, ma è figlio della stessa linea di pensiero che, negli anni, ha portato molti dei maggiori editori a mandare allo sbaraglio adolescenti con libri inevitabilmente acerbi, che hanno ottenuto solo il risultato di esasperare il pubblico degli appassionati. Nessuno vuole crocifiggere un quindicenne per aver scimmiottato Tolkien o aver messo su carta l’ultima sessione di D&D giocata con gli amici, ma il fatto è che il genere in Italia non si rianima imitando Tolkien, bensì (sia pur tenendo conto del suo lavoro e dell’enorme influenza che ha avuto) ripartendo dalla solida tradizione fantastica che abbiamo in casa. Il filone fantastico in Italia parte dai classici, da Virgilio, Ovidio e Apuleio, passa dall’Inferno di Dante e dall’Orlando Furioso toccando lande curiose come quella dell’Hypnerotomachia Poliphili e poi, dopo una tappa attraverso le nostre fiabe, o 'novelle', arriva a Collodi, Papini, Buzzati, Landolfi, Calvino e Manganelli. Bisogna ripartire da questa genealogia, e però lo si deve fare tenendo conto del fatto che oggi, in epoca di crossmedialità, il fantastico è un genere tra i più ibridati: la sua forma odierna gli viene anche dal fumetto (penso, più che a lavori europei deliberatamente paratolkieniani come Leggende delle Contrade Dimenticate o Cronache della luna nera, allo Slaíne di Mills e Bisley, o ancora a opere giapponesi come Berserk di Kentaro Miura, Bastard!! di Kazushi Hagiwara e, in senso più ampio, a tutto il macrogenere shonen, al modo in cui ha fatto virare verso l’actionl’intero filone), dal cinema (guardo soprattutto ai fantasy anni ’80, come l’Excalibur di Boorman e il Conan di Milius, ma anche a anime come La principessa Mononoke di Miyazaki), TV (Game of Thrones, anyone?) e addirittura videogioco (la saga Ultima è una delle grandi narrazioni fantastiche del secolo scorso, ma si potrebbero citare anche Legend of Zelda e Final Fantasy), e di fronte a tutto ciò non si può far finta di essere ancora a fumare la pipa nella Contea (a maggior ragione se tali pipe sono già state fumate, e nel migliore dei modi). Solo se si ricomincerà a lavorare seriamente sul fantastico, case editrici e mondo culturale smetteranno di considerarlo una cosa 'facile', e torneranno a dargli la considerazione e la dignità che merita".