Mostre/ L’arte anti-arte imprevedibile di Jean Dubuffet
di Simonetta M. Rodinò
Trascrizione di illusioni le immagini di Dubuffet, sebbene dotate di una presenza concreta. Contrariamente al procedimento degli artisti realisti, partendo da un’illusione inventa una realtà fisica.
Al pittore e scultore francese, innovativo e inventore del termine “art brut”, che irruppe sulla scena negli anni del secondo dopoguerra, è dedicata la grande e articolata retrospettiva “Jean Dubuffet – Metamorfosi del paesaggio”, nelle sale della Fondazione Beyeler di Basilea.
In un periodo in cui astrazioni armoniose dominavano i gusti del mondo artistico parigino, le tele di Dubuffet, dalle figure beffarde inserite in ambienti urbani o rurali e rese con materiali economici per l’epoca impensabili, disturbarono e crearono disagio. Una delle ragioni era la sua opposizione agli ideali classici: l’artista non solo rifiutò il linguaggio dei suoi predecessori, ma il sistema di valori. Chi non era corrotto dalle convenzioni culturali veniva da lui considerato un potenziale artista: non a caso le categorie preferite erano gli alienati, i pazzi e i bambini, perché liberi di sottrarsi a quel consenso culturale che aveva il potere di sopprimere l’arte.
Convinto che l’alienazione fosse la condizione propria della reale attività creativa, i segni e i sintomi della follia, espressione dell’assenza d’inibizioni sociali, furono fonti d’ispirazione così da portarlo, attraverso una totale lucidità, a una forma di arte imprevedibile, in apparenza illogica, provocatoria e indifferente all’apprezzamento del pubblico. Artista rivoluzionario e geniale, riteneva la “art brut” dei lavori realizzati da pazienti di diversi ospedali psichiatrici visitati a Ginevra e Berna, la vera anti-arte, anti-estetica e anti-tradizionale.
Tre i temi che ricorrono nella sua carriera: la figura umana, i paesaggi e l’oggetto quotidiano, anche se l’artista, mancato 84enne nel 1985, sosteneva che “tutto è paesaggio”: anche da volti e corpi possono emergere le strutture e le trame di un paesaggio. Intorno a questa concezione ruota la rassegna curata da Raphaël Bouvier.
Oltre 100 opere ripercorrono il suo iter, iniziato nel 1942, quarantunenne – dopo aver lasciato l’attività di commerciante di vini -: dalle tele dalle ampie superfici compositive suddivise in diverse aree come strati di terra sovrapposti che si perdono in profondità a quelle in cui il corpo umano si appropria dei campi, divenendo paesaggio stesso, dai ritratti caricaturali di amici e conoscenti – in cui ciascun viso è potenzialmente percepibile quale paesaggio in miniatura - ai Paysages grotesques caratterizzati da capi e corpi a forma tonda, dagli ironici Corps de dames ai singolari paesaggi realizzati con ali di farfalle….fino al grande lavoro teatrale Coucou Bazar: straordinaria commistione tra pittura, scultura, danza, linguaggio e musica.
Lavori dai tratti “infantili”, ma divertenti e belli: non è importante saper dipingere. Ma è importante dipingere come vedono i propri occhi. Solo allora si è pittori. Dubuffet lo è stato.
“Jean Dubuffet – Metamorfosi del paesaggio”
FONDATION BEYELER - Baselstrasse 101 - Basilea - Svizzera
Durata: fino all’8 maggio 2016
Orari: tutti i giorni 10 – 18; i mercoledì 10 – 20
Ingressi: intero CHF/ € 25 - libero per bambini sotto 10 anni
Infoline: +41 - (0)61 - 645 97 00
email: info@fondationbeyeler.ch
www.fondationbeyeler.ch
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