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"Chiamatemi Francesco", Daniele Luchetti lo racconta ad Affari

"Non è un film italiano, ma internazionale: parla di una persona religiosa, che crede in Dio e nel demonio e che è capace di parlare a chi non crede in nessuno dei due", racconta Daniele Luchetti. "Il Papa ha una grande capacità di comunicare, riesce a emozionare anche me che sono un laico". Per il ruolo di Papa Francesco Luchetti ha scelto l'attore argentino Rodrigo De la Serna. Il secondo film intitolato "Francesco: il padre Jorge", è diretto dal regista spagnolo Beda Docampo Feijoò e interpretato dall'attore Dario Grandinetti (protagonista di “Storie pazzesche” di Damian Szifòn) e ripercorre il lungo viaggio di padre Bergoglio attraverso le tappe più buie della dittature argentina, rievocando le sue battaglie al fianco dei poveri contro prostituzione, schiavitù e narcotraffico.

Avrà un'anteprima speciale  "Chiamatemi Francesco - il Papa della gente" il film di Daniele Luchetti  che narra  come Jorge Bergoglio, figlio di una famiglia di immigrati italiani a Buenos Aires, è arrivato alla guida della Chiesa Cattolica:  Francesco ha voluto 7000 poveri come invitati speciali, martedì prossimo in sala Nervi al Vaticano, allo spettacolo che racconta la sua vita ed il suo apostolato.  La pellicola che uscirà nelle sale il 3 dicembre è concepita anche la TV e sarà vista in 4 puntate da 50 minuti fra un anno e mezzo su Canale 5. Nato da un'idea del produttore Pietro Valsecchi,  colpito dalla straordinaria statura morale del Pontefice, il film rappresenta per Mediaset che produce con la Taodue film e distribuisce con Medusa, in 700 copie,  un'opera ciclopica costata 15 milioni di dollari e già venduta in 40 Paesi in tutto il mondo. Ma è una sfida soprattutto per il regista che, a due anni dal film "Anni felici" ha cambiato totalmente rotta  impegnandosi in un Biopic  difficilissimo  che l'ha impegnato in lungo lavoro di scrittura ed  in 15 settimane di riprese in Argentina. Qui si è recato dall'inizio del 2014 per incontrare amici d'infanzia, sacerdoti che hanno lavorato con lui e gente comune seguendo, per raccontare "il Papa venuto dalla fine del mondo",  una cifra stilistica che unisce realismo ed emozione.

Prima di fare il film ha sottoposto lo script all'approvazione del Vaticano?
Abbiamo provato, insieme al produttore Valsecchi, a cercare un approccio con persone vicine al Papa per avere un assenso ma non c'è stato interesse, nessuno ci ha risposto. Così abbiamo accettato la sfida di portare avanti il progetto anche senza approvazione. Questo film è la scommessa della mia vita. Sono felice perché ora che  è stato visto in Vaticano dal e la risposta è stata: "E' molto credibile".

Come si è preparato a raccontare la vita di Papa Francesco?
A livello storico c'è una marea di materiale che descrive in modo meticoloso la sua vita ed il suo apostolato quindi ho scelto la strada emotiva. Volevo raccontare Francesco partendo dalla descrizione che ne fa la gente che lo conosce, soprattutto in Argentina. Ho incontrato centinaia di persone perché ha operato molto fra le gente comune, nelle periferie e fra i poveri.  Praticamente tutti  ci dicevano di averlo incontrato o di aver parlato con lui. Ho voluto ricostruire la sua vita nei minimi dettagli partendo dalla sua vita quotidiana; sono stato dal suo barbiere, nel bar dove faceva colazione. Ho chiesto cosa mangiava Bergoglio. Mi hanno risposto: "a colazione una banana in piedi". Questo denota la sua figura di prete sempre in movimento, sempre al servizio della sua gente.

Non crede di aver rischiato di creare un "santino"  del Papa?
Si, il rischio era molto alto perché la figura di un prete che riesce a smuovere i cuori di sacerdoti e laici si presta ad essere intrappolata in un reticolo di luoghi comuni. Per cercare di non esaltarlo, né sminuirlo ho dovuto scavare molto nella sua vita e nella sua personalità. Sono partito dal fatto che Jorge Bergoglio era un uomo preoccupato che si è evoluto attraverso le esperienze. Per raccontarlo mi sono messo dalla sua parte ed ho anche invidiato le sue scelte. Ho scrutato il suo volto durante le omelie e le interviste anche prima della sua elezione.

Perché secondo lei questo Papa non ha paura di nulla?
Ho pensato a questo e mi sono dato una risposta: non ha paura di nulla perché ha attraversato molti inferni e qualche purgatorio.

Il film è girato in spagnolo e per gran parte analizza per periodo della dittatura in Argentina. Voleva in qualche modo far rivivere al popolo argentino quella parte di storia?
Assolutamente no. In Argentina c'è un'ampia filmografia che tratta il tema dei crimini commessi dalla dittatura e racconta del periodo più buio della storia di quel Paese. Volevo solo che vedrà il film, in tutto il mondo, si renda conto che è esistito anche un terrorismo di Stato, che c'è stato un popolo oppresso e schiacciato dal  potere politico e che questo è avvenuto non in un'epoca remota ma ieri.

E' il primo film su un Pontefice vivente. Per girare questo biopic si è rifatto a qualche pellicola in particolare?
Il mio modello è stato "The Queen" il film su Elisabetta II di Stephen Frears. Mi piace il modo asciutto di raccontare questo genere tipico del cinema inglese.

Come ha scritto la sceneggiatura?
Ovviamente per raccontare un personaggio così importante ho voluto al mio fianco Martin Salinas uno sceneggiatore argentino che meglio di me poteva spiegare l'intensità emotiva di Bergoglio. Per un anno e mezzo ho smesso di pensare che il Papa abita ad un chilometro da casa mia e non ho più letto la cronaca sui giornali che raccontava  il suo apostolato.  Volevo evitare che la realtà quotidiana e le opinioni su di lui mi influenzassero.

Quante difficoltà ha incontrato sul set?
In Argentina è stato come essere in un campo di battaglia nel quale ho imparato molto e dove ho conosciuto persone incredibili. Mi ha sostenuto un cast straordinario di attori argentini, spagnoli e cileni. La lavorazione è stata lunga e complessa perché abbiamo dovuto ricostruire tante epoche diverse.
Come ha scelto i due attori che hanno interpretato Francesco?
Non li ho scelti  in base alla somiglianza fisica ma piuttosto a quella emotiva. Ho chiesto sia a Rodrigo Serna che interpreta Bergoglio giovane che a Sergio Hernàndez che interpreta Bergoglio anziano di calarsi nella spiritualità del personaggio di cercare di convivere con la sua umanità. Sono contento del risultato raggiunto; entrambi hanno raccolto la sfida tanto che Rodrigo sostiene di aver imparato a pregare.
Considera "Chiamatemi Francesco - il Papa della gente" un film religioso?
No, è un film che racconta un personaggio che crede.

Oriana Maerini