Per grazia ricevuta, un capolavoro da riscoprire
“PER GRAZIA RICEVUTA”. Un capolavoro da riscoprire
di Antonio Magliulo
Alle volte gli uomini compiono dei prodigi senza accorgersene o almeno senza averne piena coscienza. E quel che accadde a Nino Manfredi, quando nel lontano 1971 girò “Per grazia ricevuta”, un film in apparenza leggero, d’evasione e che invece, ad un esame più approfondito, si rivela un vero e proprio capolavoro, una sorta di opera omnia dell’artista di Castro dei Volsci, collocabile sui gradini più alti della Commedia all’Italiana.
Il film contiene tutto e il contrario di tutto: religione, filosofia, sociologia, psicologia, politica, etc senza però diventare astruso o supponente, ma conservando una semplicità disarmante.
Nonostante abbia ottenuto un David di Donatello, non tutti gli hanno riconosciuto i giusti meriti, qualcuno lo ha liquidato definendolo “bozzetto di periferia”, qualcun altro vi ha rinvenuto limiti “di autobiografismo” oppure “lentezza espositiva”, pareri naturalmente legittimi, ma sbagliati, perché se è vero che la vicenda è ambientata nella Ciociaria e prende spunto dalle esperienze giovanili dello stesso autore, è altrettanto vero che allude al vissuto di tanti, un vissuto fatto spesso di condizionamenti morali e sociali, che ha bisogno di essere riproposto attraverso un ampio “respiro”.
Detto in breve, senza svelare troppo a chi non l’ha ancora visto, la pellicola parla di Benedetto Parisi (Nino Manfredi) un bimbo che ha perso entrambi i genitori e viene cresciuto da una zia nubile, che s’intrattiene spesso e volentieri con gli uomini del paese, ma allo stesso tempo instilla nel nipote dei principi morali molto rigidi, alimentando in lui dei forti sensi di colpa rispetto alla sessualità.
Anche i coetanei del ragazzo sono attratti dal mondo femminile, ma temono di commettere peccato. Il giorno della prima comunione, Benedetto, che la sera prima aveva spiato la zia durante il bagno nella vasca di casa, non se la sente di ricevere l’ostia e scappa via. Inseguito dagli astanti, sale su un muro molto alto, mette un piede in fallo, precipita, sviene e viene creduto morto. Con sorpresa di tutti, si riprende quasi subito, illeso! La circostanza fa gridare al miracolo, così Benedetto viene avviato in convento, in attesa di un segno che confermi la sua vocazione religiosa.
Trascorrono gli anni ma il segno non arriva, così ormai trentenne, spronato dal priore, decide di affacciarsi al mondo, tuttavia i dubbi e i rimorsi sulle proprie pulsioni naturali non lo abbandonano...
Manfredi sceglie un tema difficile, quello del controverso rapporto individuo- religione e lo analizza abilmente, attraverso un’opera delicata ed a tratti poetica, in perfetto equilibrio fra comicità e dramma, senza nascondere il proprio scetticismo di fronte a certi dogmi secolari, all’idolatria, alla superstizione ed agli eccessi.
Benedetto non è tanto diverso da noi, la sua vicenda è simile a quella che hanno vissuto e vivono tanti di noi, vittime a volte di dubbi e tormenti interiori, originati da un’educazione distorta, retriva e persino alienante.
Originali e particolarmente felici le sequenze nelle quali i frati si mostrano attraverso talune finestre del convento, assumendo un aspetto ieratico e irreale.
Va dunque rivista, rivalutata e difesa, Per grazia ricevuta, opera acuta e universale, in cui Manfredi riesce a tratteggiare la parabola della vita umana, spesso in conflitto tra istintualità e censure, Es e Super-Io, dualismo compendiato per altro in una battuta che è una lezione di psicanalisi: “A volte mi sento diviso in due: loro due litigano, ed io mi stanco.
Alla fine del film ci si rende conto che l’esistenza di Benedetto Parisi è un susseguirsi di esaltazioni e delusioni, di cadute e di riprese e sembra segnata da un destino costituito da forze molto più grandi di lui e perciò ineluttabili.
Manfredi chiamò artisti di altissima levatura a interpretare il suo film: Lionel Stander, Mario Scaccia, Paola Borboni, Mariangela Melato e Delia Boccardo, etc. Difficile stilare una graduatoria di merito, pur se l’interpretazione di Manfredi, Stander e Scaccia sfiorano vertici d’ incomparabile maestria.