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Economia
Al via la settimana delle banche centrali. Mercati a caccia di segnali

Al via la settimana delle banche centrali. Dopo le decisioni arrivate dalla Bce, la settimana sarà ancora caratterizzata dalle riunioni delle Fed, Bank of Japan e della Bank of England. Su tutte spicca la Federal Reserve, da cui non sono attese variazioni alla politica monetaria. Gli operatori, spiegano gli esperti di IG, "cercheranno di carpire dalle parole della Yellen e dalle nuove stime su inflazione e Pil quale sarà la prossima mossa sui tassi d'interesse". In questo momento i Fed Fund Future prezzano un rialzo dei tassi solo a settembre, ma per IG non si possono escludere sorprese se i mercati finanziari e i prezzi del petrolio dovessero stabilizzarsi. "Gli investitori hanno iniziato a posizionarsi su una Fed falco", ha affermato invece Anthony Cronin di Societe Generale, e "i rendimenti potrebbero salire ancora se la Banca centrale Usa mandera' segnali per due o tre possibili rialzi dei tassi quest'anno". I molti dati macro che arriveranno dagli Usa, tra cui vendite al dettaglio, produzione industriale e inflazione, potrebbero dare qualche indicazione in piu'. "Non saranno da trascurare neanche gli appuntamenti della Bank of Japan e della Bank of England. La prima deve decidere il da farsi dopo il taglio dei tassi di gennaio e, per quanto riguarda la seconda, "gli investitori saranno attenti alle considerazioni che arriveranno dal numero uno, Mark Carney, sul tema Brexit".

Anche gli economisti di Intesa Sanpaolo fanno notare che la settimana è densa di dati e di eventi negli Stati Uniti, precisando che il focus sarà sulla riunione del Fomc: "Anche se non dovrebbero esserci novita' sui tassi, la pubblicazione delle nuove proiezioni macroeconomiche, del grafico a punti e la conferenza stampa di Yellen saranno cruciali per lo scenario di politica monetaria", spiegano gli esperti. Sul fronte dei dati invece, le prime indagini del manifatturiero a marzo dovrebbero mostrare una stabilizzazione sui livelli bassi dello scorso mese. Per febbraio, i dati dovrebbero essere moderatamente positivi: vendite al dettaglio di febbraio in aumento, nuovi cantieri ancora su un moderato trend positivo, produzione manifatturiera in modesto aumento (mentre estrattivo e utility dovrebbero calare ampiamente), e indici dei prezzi core in crescita dello 0,2% mese su mese.

Nel frattempo nell'Eurozona la produzione industriale è rimbalzata a gennaio del 2,1% su base mensile e del 2,8% a livello annuale, battendo nettamente le attese del consenso (+1,5% mese su mese). Inoltre il dato di dicembre e' stato rivisto al rialzo dal -1% m/m e dal -1,3% anno su anno al -0,5% m/m e al -0,1% a/a. "Dubitiamo che l'aumento della produzione industriale dell'Eurozona registrato a gennaio sia l'inizio di una ripresa prolungata" dell'economia, sottolinea pero' Jack Allen, economista di Capital Economics, che mette in evidenza come il rialzo su base mensile del 2,1% e' stato il maggiore in 6 anni. Nel dettaglio, spiega l'esperto, la produzione e' salita in tutti i principali settori industriali.

Le cifre, in realtà, confermano le recenti performance positive registrate da Germania, Francia e Italia. Tuttavia, puntualizza Allen, cio' non presuppone l'avvio di un maggior ciclo di produzione. Il sostegno alla domanda interna fornito dal debole andamento delle quotazioni del petrolio avrà vita abbastanza breve, sostiene l'esperto di Capital Economics. Allen, infatti, si aspetta che i prezzi del petrolio comincino a salire e che l'impatto dei precedenti cali registrati dall'euro sulla domanda esterna vada via via scemando. Nel complesso, quindi, "sebbene i dati sulla produzione industriale dell'Eurozona di inizio d'anno siano risultati positivi, non cambieremo le nostre stime sulla crescita economica", puntualizza l'esperto. Per Allen, l'economia della zona euro rallentera' dall'1,5% dello scorso anno all'1,2% nel 2016. Sempre sul fronte europeo, nei prossimi giorni l'inflazione dovrebbe essere confermata in calo al -0,2%, e, in particolare, al -0,1% in Francia e al -0,2% in Italia, concludono gli economisti di Intesa Sanpaolo.

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