Economia

Alitalia e la bancarotta politica

 
Di Gianni Pardo
 

Chi, per antica abitudine, è alieno dal gioire quando sono condannate a lunghe pene detentive persone che probabilmente hanno guadagnato in un anno più di quanto un cittadino normale abbia guadagnato in tutta la vita, non può essere lieto delle notizie che si leggono sul “Corriere” a proposito dei dirigenti dell’Alitalia(1). E comunque, pur non avendo letto le carte del processo, e pur essendoci nelle scarne notizie date dal giornale dei dati allarmanti (135 piloti per guidare cinque aerei!) si è assaliti al riguardo da dubbi strazianti.
Che l’Alitalia sia da molti anni un disastro; che Berlusconi abbia commesso una cattiva azione, quando l’ha “salvata” dall’acquisto di Air France (se è vero che la proposta era realistica); e che un errore abbiano commesso quelli che l’hanno salvata fino ad ora, non sono cose di cui si possa dubitare. Ma da un lato è stupefacente che, pur facendo succedere a “executive” strapagati e del massimo livello altri “executive” strapagati e del massimo livello, l’impresa non sia mai stata effettivamente risanata. Dall’altro è stupefacente l’accanimento terapeutico in favore di una società che, malgrado tutti gli sforzi, si è sempre rivelata ingestibile e parassitaria.
Tutto ciò non può non avere una spiegazione politica. È soltanto quando la politica s’immischia d’economia che si possono produrre grandi e annosi disastri. Infatti, se un’impresa privata sbaglia pesantemente, non può sopravvivere per anni continuando ad andare in rosso: inevitabilmente fallisce. La Enron Corporation è stata una delle più grandi multinazionali statunitensi, e tuttavia è fallita nel 2001. Too big to fail, troppo grande per andare in malora? No, troppo grande perché il rumore del crollo non si sentisse al di là dell’Atlantico e del Pacifico.  Solo un’impresa di riffa o di raffa statale può sopravvivere ad un eterno disavanzo: perché quel disavanzo è ripianato dall’erario.
Se nella gestione di un’azienda entra il fattore politico, non ci si può più stupire di nulla. Assumere 135 professionisti per pilotare cinque aerei cargo è un’assurdità, non ci sono dubbi. Ed è naturalmente impossibile che Cimoli o chi per lui questa assurdità non l’abbiano vista. Se, per ogni assunzione, gliene è venuto in tasca qualcosa, cali la mannaia del reato di bancarotta fraudolenta; ma se dovesse risultare che quelle assunzioni sono il frutto delle pressioni “irresistibili” di grandi politici, di ministri o perfino dei sindacati, la misura della sua colpa sarebbe discutibile.
La gestione dell’Alitalia è sempre stata fallimentare, questo è certo. Ma siamo praticamente sicuri che gli executive posti a capo dell’impresa non hanno avuto la libertà di risanarla: intendendosi con questo la libertà di farlo quand’anche i sindacati non fossero stati d’accordo, e quand’anche non fossero stati preservati integralmente i famosi “livelli occupazionali”.
Si legge che gli spartani imponevano ai ragazzi di rubare ma poi li punivano severamente se scoperti. Lo scopo era quello di renderli cauti e nel frattempo abili. Certo è difficile credere che questo sia stato lo scopo di chi agiva sotto l’egida dello Stato nei confronti di Alitalia. Siamo sicuri che i dirigenti oggi non siano puniti per avere obbedito a pressioni esterne irresistibili? Sono soltanto domande, non accuse a terzi, naturalmente.
Si può fare al riguardo un ragionamento elementare. Se si offre ad un competente l’occasione di coprirsi di gloria, si può star sicuri che egli sarebbe lietissimo di approfittarne. Per gli ambiziosi il denaro non è tutto.  Enrico Mattei, incaricato di rottamare l’Eni, la trasformò invece in una delle più grandi industrie italiane e per questo è rimasto indimenticato: è dunque ovvio che Cimoli, e chiunque altro al suo posto, sarebbe stato fiero di avere reso florida e vitale l’Alitalia. Gestendola come fosse cosa sua, avrebbe mai assunto 135 piloti per cinque aerei? E se l’ha fatto, perché l’ha fatto? C’è da pensare che Enrico Mattei e Giancarlo Cimoli si siano trovati a muoversi in contesti diversi e con limiti d’azione diversi.
Non si può fare al buio un discorso colpevolista o innocentista. Sarebbe stupido. Ma si sarebbe lieti di conoscere le tesi della difesa dei molti accusati.

pardonuovo@myblog.it

(1)www.corriere.it/economia/15_settembre_28/crac-alitalia-cimoli-condannato-vertici-risarcimenti-9708a3b6-65b9-11e5-aa41-8b5c2a9868c3.shtml