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Economia
Bilancio di sostenibilità: "Servono sanzioni più soft per essere competitivi"
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Bilancio di sostenibilità e sanzioni penali, quali sono i rischi per imprese e non solo? Parla l'avvocato penalista Simbari 

Non solo numeri. In un’epoca segnata da sfide ambientali per la complessa problematica del riscaldamento climatico e l’inquinamento globale, l’adozione di pratiche sostenibili da parte delle aziende costituisce non solo una strategia aziendale, ma anche una grande necessità etica.

Uno strumento consiste in quello che di solito si chiama “bilancio di sostenibilità”, e che in realtà è un’informativa al mercato sull’impegno ambientale, sociale e gestorio di una impresa o società in forza dei principi ESG (Environmental, Social e Governance). Questo sta assumendo un ruolo cruciale, non solo per migliorare il rating bancario o rafforzare il brand, ma soprattutto per garantire un futuro più green per le generazioni future.

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In queste settimane, però, proprio il “bilancio di sostenibilità” sta preoccupando non poco le imprese, per l’estensione ad esso del sistema sanzionatorio, di natura prevalentemente penale, applicabile oggi alle informazioni contabili. Una “direttiva” impartita dal Mef contro cui si sono mobilitate ben sei organizzazioni che rappresentano le imprese, le banche, le assicurazioni e i professionisti in Italia: Abi, Ania, Assirevi, Assonime, Confindustria e il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili.

Affaritaliani.it ha interpellato Armando Simbari, avvocato penalista di Milano, per analizzare il punto di vista delle imprese, e quali possono essere le soluzioni per porre un argine alla perdita di competitività del sistema italiano.

Avvocato, c’è il rischio concreto che si rendano applicabili le norme strettamente penalistiche in caso di “irregolarità” nel bilancio di sostenibilità?

In realtà se guardiamo la struttura delle norme penali capiamo che le stesse sono difficilmente applicabili al bilancio di sostenibilità inteso come documento che contiene informazioni di carattere non finanziario.

Ad esempio, le norme sul falso in bilancio (artt. 2621-2622 c.p.) presentano elementi che non sono compatibili con un documento di carattere non contabile: la condotta di quei reati, infatti, consiste nella “rappresentazione di fatti materiali rilevanti che abbiano un impatto sulla situazione economico, patrimoniale e finanziaria”.

Che tipo di apparato sanzionatorio, dunque, si potrebbe applicare alle imprese per le irregolarità nel bilancio di sostenibilità?

Bisogna fare una premessa: con riferimento alle “informazioni non finanziarie” il decreto legislativo 254/16 che ha recepito la direttiva europea in materia prevede sanzioni amministrative nel caso del bilancio di sostenibilità che non ha correttamente applicato gli indicatori non finanziari previsti dalla legge. Il tema, più che normativo in senso stretto è di politica legislativa: occorre capire che tipo di impatto sanzionatorio si vuole avere sul bilancio di sostenibilità: soft, come sembra essere l’orientamento degli altri paesi Ue, oppure penale in senso stretto.

Le organizzazioni si sono espresse per la prima ipotesi, reclamando una legislazione coerente con quella Ue. In caso contrario, e io sono d’accordo, poniamo l’Italia in una posizione di svantaggio concorrenziale, incentivando le imprese a delocalizzare in paesi meno “duri” dal punto di vista sanzionatorio.

Ma le imprese come vivono l’obbligo di redazione di un bilancio ESG?

Il bilancio ESG non dà una rappresentazione economica, finanziaria della società, ma di quanto è virtuosa rispetto a dei parametri id governance, social, environment... . Oggi il problema è prioritario, non tanto sotto il profilo della predisposizione del docuimento, ma della concreta applicazione delle logiche ESG, in tutti i settori. Questi temi guidano le politiche di gestione imprenditoriale, riguardano la reputazione e la credibilità con il mondo esterno, anche dal punto di vista della compliance.

Simbari

 






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