Carige, l'autunno caldo sotto la Lanterna. Cresce il fronte anti-Malacalza
Malacalza all’attacco del Ceo Fiorentino è la conferma delle tensioni all’interno dell’istituto ligure, che a settembre va verso il ribaltone in Cda per l'M&A
Dall’andamento del titolo in borsa non si direbbe, ma in casa Banca Carige tira aria di ribaltone. Gli schieramenti che si fronteggiano vedono contrapposti da una parte Vittorio Malacalza, primo azionista della banca ligure col 20,6% (ma già autorizzare a salire sino al 29%) dall’altra il finanziere italo-britannico Raffaele Mincione, socio al 5,43% ma già dettosi pronto a salire al 19,9%, che cerca di fare fronte comune con Gabriele Volpi, socio al 9% e con Sga (la “bad bank” già intervenuta nelle crisi di Bpvi e Veneto Banca), socia al 5,4%.
Carige
Il Cda del 3 agosto prossimo oltre ad approvare la semestrale convocherà l’assemblea di metà settembre che dovrà rinnovare il board, finora controllato da Malacalza: Mincione è intenzionato a presentare una lista guidata dal Ceo Paolo Fiorentino, che gode dell’appoggio della Bce, Malacalza ha invece incaricato i propri legali “di esaminare documenti, condotte e fatti posti in essere dai vertici di Carige per verificare se sono identificabili elementi di rilevanza penale”. Ma perché Fiorentino e Malacalza, che pure aveva voluto lo scorso anno l’ex Chief operating officer di UniCredit quale sostituto di Guido Bastianini (a sua volta chiamato per sostituire Pietro Montani, pure lui scelto inizialmente da Malacalza), sono venuti ai ferri corti?
Perché Fiorentino, in sintonia coi “desiderata” di Mario Draghi, vorrebbe accelerare i tempi per una fusione, mentre Malacalza, che in tre anni ha investito 363 milioni di euro nella banca (di cui 100 milioni solo nell’aumento di capitale del dicembre scorso, avvenuto a 1 centesimo per azione), perdendone finora circa 260, vorrebbe prima sistemare i conti dell’istituto, così da farne risalire il valore), prima di procedere alle nozze. Il titolo Carige dovrebbe tuttavia salire almeno a 3 centesimi per azione perché l’imprenditore piacentino chiuda la partita senza perdite e la cosa sembra impossibile a breve termine e non agevole anche a medio termine.
Mincione, che punta al ribaltone in Cda, ha meno problemi perché entrato più di recente e a prezzi nettamente inferiori rispetto a Malacalza nel capitale dell’istituto, avendo investito 22 milioni con un prezzo medio inferiore a 0,8 centesimi per azione. Volpi è in bilico: ha investito 120 milioni per una partecipazione che vale ora 43 milioni e per andare a pari deve sperare di veder risalire il titolo sui 2,4 centesimi. Sga da parte sua potrebbe ugualmente essere favorevole a chiudere al più presto la pratica, mentre i grandi fondi (sono presenti con percentuali tra lo 0,15% e lo 0,60% a testa gruppi come BlackRock, Dimensional Fund, Charles Schwab e Mediolanum Fondi) potrebbero ugualmente preferire un rapido matrimonio a un lento recupero di valore.
Ma con chi potrebbe andare a nozze Carige? A inizio anno Equita Sim aveva elaborato uno “scenario” che prevedeva il coinvolgimento di Mps (tuttora controllata dal Tesoro col 68,3% del capitale), ma Bper Banca, Creval e Banco Bpm. L’ipotesi potrebbe non dispiacere al governo Lega-M5S, dato che darebbe vita al terzo polo creditizio italiano, alternativo a Intesa Sanpaolo e Unicredit. In questo caso tuttavia sarebbe un triste epilogo per Vittorio Malacalza, che dopo la fortuna guadagnata dalle attività industriali e da alcune fortunate operazioni finanziarie come l’investimento in Pirelli-Camfin, uscirebbe con pesanti perdite dall’avventura nel settore bancario.
Mario Draghi Foto LaPresse
Un settore di cui Malacalza non aveva del resto alcuna esperienza e nel quale è voluto entrare forse con eccessiva temerarietà nel momento in cui stava deflagrando la crisi dei crediti deteriorati. Crisi da cui si inizia solo ora a vedere qualche spiraglio, tanto che anche Banca Carige ha potuto procedere alla cessione di Npl e di parte del patrimonio immobiliare, anche se resta ancora in attesa di lanciare un bond subordinato da 300-350 milioni di euro riservato a investitori istituzionali.
Chissà se nei suoi incontri Fiorentino avrà anche sondato il terreno non solo per una disponibilità a investire nel debito ma a sostenere la sua linea di gestione dell’istituto, così da irrobustire ulteriormente il fronte dei propri sostenitori? Di certo sotto la quiete apparente del titolo in borsa, una tempesta autunnale è pronta a scoppiare in Banca Carige.
Luca Spoldi