Economia
Dazi, Trump minaccia le auto. Fmi: così crescita globale giù dello 0,75%
Christine Lagarde: le barriere commerciali sono "controproducenti per tutti"
Continua il balletto di dichiarazioni che dalla Casa Bianca colpiscono le sale operative dei mercati finanziari e gli analisti economici. Dopo una parziale apertura a una distensione con la Cina - in vista del G20 di Buenos Aires dei prossimi giorni - il presidente Donald Trump torna a brandire l'ascia e a colpire il commercio globale. Lo fa, come spesso gli accade, attraverso Twitter. Dal suo profilo, il tycoon fa sapere che l'amministrazione Trump sta studiando dazi sulle auto prodotte all'estero, dopo che General Motors ha annunciato il suo piano di ristrutturazione che prevede la chiusura di diversi stabilimenti negli Stati Uniti. Una minaccia condita dal monito: "Un presidente ha vasti poteri su tali questioni". Con l'introduzione di dazi sulle auto prodotte all'estero "molte più auto sarebbero state costruite qui" negli Stati Uniti "e GM non chiuderebbe gli impianti in Ohio, Michigan e Maryland", ha scritto il presidente Usa. Secondo il presidente, con dazi del 25% sulle auto importate - alla stessa modalità dei 'light truck' - la produzione interna sarebbe molto più alta. "Fatti furbo, Congresso" l'invito di Trump che ricorda che per decenni i Paesi stranieri hanno tratto vantaggio da questa posizione.
Esternazioni a favore di social network che cadono proprio mentre il Fondo monetario internazionale, in vista del G20 argentino, fa presente che gli eventuali dazi dell'amministrazione Trump sulle auto potrebbero portare a un taglio della crescita globale dell'0,75%. Un grido d'allarme sottolineato anche dalla direttrice, Christine Lagarde: le barriere commerciali sono "controproducenti per tutti. E' un imperativo stare lontano da nuove barriere e invertire quelle recenti. Abbiamo un'occasione unica di migliorare il sistema di scambi globale", afferma la numero uno del Fmi, rivolgendosi ai paesi del G20. "Liberalizzare gli scambi sui servizi può aumentare il pil del G20 di mezzo punto, o di 350 miliardi di dollari, nel lungo termine" aggiunge Lagarde. Ma non al solo commercio guarda il Fmi. Alto debito, spread in aumento ed economia in rallentamento: sono molti i fronti di preoccupazione che rilva il Fondo monetario internazionale in un documento ad hoc per il G20 argentino. Il debito sovrano è sopra ai livelli pre-crisi in diverse economie avanzate ed emergenti del G20. "Gli spread sono aumentati in alcuni paesi, inclusa l'Italia, dove i timori per l'elevato debito pubblico e slittamenti nelle politiche potrebbero innescare ulteriori reazioni negative del mercato", rileva l'organizzazione guidata da Christine Lagarde.
Proprio al Belpaese, impegnato nella partita sulla Manovra con l'Europa, si chiede uno sforzo di consolidamento. "Anche se molte economie avanzate stanno prevedendo un risanamento di bilancio, in alcuni casi sono necessari sforzi più ambiziosi. Questo è fondamentale per l'Italia, dove il debito è già alto e la crescita sopra il potenziale", dice il Fondo. "Per molte economie del G20, ora è il momento per un significativo risanamento di bilancio. Con la crescita ancora alta in diverse economie, la finestra di opportunità per ridurre il debito pubblico è ancora aperta", si spiega.
In generale, questo momento è cruciale per i diffusi segnali di rallentamento che si vedono. La crescita sta frenando in molte economie avanzate ed è "rallentata più del previsto nell'area euro, soprattutto in Italia e Germania", annota Il Fmi nel documento preparato per summit di Buenos Aires. "L'espansione globale continua, ma è diventata più disomogenea. I rischi al ribasso sono aumentati", si aggiunge.