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Economia
Generali,attriti fra soci sul futuro.Nagel e i contrasti con Calta-Del Vecchio
LaPresse

Per il momento recuperano a Piazza Affari, ma l’andamento di Mediobanca e Generali potrebbe tuttavia divergere nei prossimi mesi. E' sempre più evidente infatti lo scontro neppure più troppo “sotterraneo” in corso tra i soci-imprenditori del Leone di Trieste, a partire da Francesco Gaetano Caltagirone e Leonardo Del Vecchio, e Piazzetta Cuccia, finora azionista di riferimento, riguardo la futura strategia che dovrà seguire il management del gruppo assicurativo e la composizione dei suoi vertici, in vista del rinnovo del Cda la prossima privamera.

mediobanca
 

Stando ai rumors di Borsa, Caltagirone e Del Vecchio (ormai rispettivamente al 4,54% e al 3,34%, ma pronti a salire rispettivamente entrambi sino ad un 6%-7% secondo vle indiscrezioni), ma forse anche i Benetton (soci al 3%) vorrebbero che Philippe Donnet nel nuovo piano industriale spinga sull’acceleratore della crescita, Alberto Nagel, numero uno di Mediobanca, appare molto più freddo al riguardo, ben sapendo che non tutti i suoi azionisti, già alle prese con la necessità di ridefinire un nuovo patto di consultazione in vista della decadenza, dal primo gennaio prossimo, dell’attuale patto di sindacato per l’uscita di Vincent Bolloré e dei Pesenti, sarebbero magari favorevoli a sottoscrivere pro-quota (il 13% attualmente, destinato a ridursi al 10% entro il giugno prossimo) un aumento di capitale del Leone che serva per gettare le basi di quella crescita della compagnia che i soci-imprenditori di peso vogliono assolutamente. 

Ok Ivass ad Assicurazioni Generali
 

Ai vari Del Vecchio, Caltagirone&C piacerebbe invece vedere un gruppo in grado di tornare a macinare i numeri di un tempo: nel 2007, subito prima della crisi economico-finanziaria mondiale, quando Del Vecchio portò al 2% la sua partecipazione, Generali, all’epoca presieduta da Antoine Bernheim, pagò 0,9 euro per azione di dividendi (1,269 miliardi di euro in tutto) a fronte di un utile netto consolidato di oltre 2,9 miliardi (e di un risultato operativo consolidato di oltre 4,8 miliardi). Lo scorso anno il dividendo è invece risultato pari a 0,85 euro (rispetto agli 0,8 euro dell’anno precedente), a fronte di un utile netto consolidato di 2,11 miliardi.

Del vecchio leonardo ape
 

Insomma: il pay-out (la parte di utile distribuita agli azionisti) è salito dal record storico del 63%, contro meno del 40% di 10 anni prima, ma questo non è bastato a far crescere gli utili distribuiti agli azionisti che pure avevano dovuto “pazientare” nel quinquennio 2008-2012 affinché gli effetti della crisi passassero del tutto. Soprattutto, un decennio or sono Generali era poco distante, come dimensioni, dai suoi rivali continentali, ora Allianz vale oltre 76,6 miliardi di capitalizzazione, Axa supera i 53,2 miliardi, Zurich (guidata dall’ex amministratore delegato di Generali, Mario Greco) sfiora i 40 miliardi, mentre Generali è di poco sopra i 21,5 miliardi, nonostante il netto recupero messo a segno dal titolo italiano rispetto ai suoi concorrenti esteri durante la gestione Donnet.

francesco gaetano caltagirone
 

Per questo l’editore romano e l’imprenditore veneto vorrebbero che, chiusasi con successo la lunga stagione del turnaround e delle dismissioni di asset “non core”, Generali tornasse a crescere anche per linee esterne e certamente non si accontentano di acquisizioni mirate ma di impatto limitato come quella appena annunciata della polacca Union Investment Tfi Sa o quella attesa della francese Sycomore. Entrambe le acquisizioni riguardano società di asset management, business ritenuto più redditizio di quello tradizionale assicurativo e settore che sta vedendo da mesi un flusso costante di annunci di nuove operazioni e accordi, ultimo in ordine di tempo quello tra Schroders e Lloyds Banking Group per dare vita a una joint venture per la clientela “affluent” e affidare la gestione di 80 miliardi di sterline di patrimonio dei clienti di Lloyds e di Scottish Widows agli esperti di Schroders.

benetton
 

E’ dunque probabile che se ci sarà un’intesa il top management di Generali concentrerà ulteriormente le sue attenzioni su tale settore, pur non disdegnando eventuali operazioni “opportunistiche” come quella, più volte ventilata ma mai concretizzatasi, di una crescita della partecipazione nell’assicuratore russo Ingosstrakh (attualmente pari al 38,45%). Per la verità Donnet e i suoi uomini dovrebbero già adesso avere abbastanza “munizioni” per affiancare alla crescita organica anche qualche ulteriore acquisizione mirata (tra 1 e 2 miliardi), ma il progressivo rialzo dei costi di rifinanziamento sul mercato suggerisce di procedere anche ad un graduale abbassamento del debito: Generali a fine 2017 aveva 41,14 miliardi di indebitamento complessivo (28,44 miliardi di debito operativo e 12,67 miliardi di debito finanziario), di cui in particolare oltre 9,1 miliardi rappresentato da titoli di debito subordinato.

Philippe Donnet
 

Per Caltagirone e Del Vecchio, molto liquidi e con partecipazioni tutto sommato modeste, un aumento di capitale anche da uno o due miliardi di Generali, così da portare avanti entrambe le strategie (riduzione del debito e rilancio delle acquisizioni), non sarebbe un problema, per Nagel, tra l’altro impegnato a sua volta a cercare qualche preda appetibile nel settore del risparmio gestito, potrebbe diventarlo. Così nelle prossime settimane (il Cda di Generali si riunisce a Monaco il prossimo 7 e 8 novembre proprio per fare il punto sulla elaborazione del nuovo business plan) e nei prossimi mesi lo scontro tra azionisti-imprenditori (che potrebbero arrivare a pesare attorno al 15%, non contando i Boroli-Drago, all’1,7% ma apparentemente non interessati alla partita e che comunque si sono sempre mossi all'unisono con Piazzetta Cuccia sulla partita Generali) e Mediobanca (come detto destinata a scendere al 10%) potrebbe farsi palese.

alberto nagel mediobanca
 

A meno che non si trovi un compromesso che metta tutti d’accordo e consenta di evitare spaccature in occasione dell’assemblea dell’aprile 2019 quando andrà rinnovato il Cda di Generali. In vista di tale appuntamento si dovrà anche decidere se modificare lo statuto per consentire a Gabriele Galateri di Genola (che avrà 72 anni, mentre il limite statutario per la presidenza è attualmente di 70 anni) potrà restare al suo posto o, come più probabile, lascerà la poltrona a un manager di alto profilo come potrebbero essere Domenico Siniscalco, Giuseppe Recchi o Massimo Tononi.

Se le tensioni tra soci si placheranno, si potrebbe assistere anche alla nascita, come si vocifera, di un patto di consultazione che garantisca l’unità del “nucleo italiano” (a quel punto attorno al 25% del capitale), altrimenti lo scontro per la composizione del Cda potrebbe portare alla presentazione di liste contrapposte, fatto che per Generali è quasi una tradizione.

Luca Spoldi

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