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Economia
Iran, ecco i tre settori che fanno gola alle imprese

Iran, con la fine delle sanzioni imprese italiane a caccia di business

Con la fine delle sanzioni all'Iran, scattano gli affari. Le imprese del made in Italy guardano con fiducia al mercato di Teheran che apre le porte a partner internazionali (consolidando quelli con l'Italia) per modernizzare l'apparato produttivo. D'altronde sono state circa 60 le aziende di Lombardia e Triveneto che, dall'arredamento alla domotica hanno partecipato al 'Contract Made in Italy', evento organizzato da Pordenone Fiere nella capitale iraniana, all'interno di Midex, la fiera internazionale dell'arredamento nel Paese. Un appuntamento che si è svolto con successo e che trova la sua sintesi nelle parole del presidente friulano Debora Serracchiani ("pronti a rafforzare le nostre relazioni con l'Iran" non solo in campo economico) quanto a impegni futuri. Mica poco: il rilancio dell'interscambio con l'Iran, ora che non ci sono più le sanzioni, tradotto in cifre vale per l'Italia circa 3 miliardi in più di export entro il 2018, secondo la stima di Sace.

Arredamento a parte (l'Iran ha sempre guardato con attenzione al design made in Italy), a caccia d'affari ci sono tante nostre aziende attive nel settore della meccanica, della cantieristica, dei trasporti, del petrolio, della pelletteria, dell'elettronica ed elettrotecnica, del food. E non si parla solo di colossi italiani (Eni, Finmeccanica, Fincantieri, etc.) ma anche di pmi made in Italy. Come, per esempio, la Bruno Presezzi, società di ingegneria, lavorazioni e costruzioni meccaniche con sede a Burago Molgora (Milano) che non ha mai tagliato i suoi rapporti con l'Iran e che ora intende aumentare l'interscambio o come l'Italian Creation Group, la holding industriale che opera nei settori dell'home design e personal lifestyle. Le porte sono ormai aperte.

 

Un ordine di 114 Airbus in partenza da Teheran. È solo il primo segnale di come la fine delle sanzioni all’Iran possa spalancare grandi opportunità di business alle imprese occidentali. Non parliamo solo di petrolio, che ovviamente è il primo settore di interesse, ma anche di auto - con un parco circolante in gran parte da rinnovare - ferrovie, aerei. Il Paese infatti fa i conti con le sanzioni economiche dalla fine degli anni Settanta, quando furono introdotte dopo la rivoluzione khomeinista, per poi essere rinnovate nei decenni successivi, sulla scia delle violazioni dei diritti umani e dello sviluppo delle tecnologie nucleari. Nell'arco di oltre trent'anni l'Iran ha dovuto fare a meno di gran parte delle sue entrate petrolifere e di ingenti investimenti di capitali esteri. Inoltre, per procurarsi i prodotti dall'estero ed eludere il blocco commerciale, ha fatto massicciamente ricorso al contrabbando. Solo nel 2014 si stima che le importazioni illegali siano ammontate a 25 miliardi di dollari, contro un mercato legale dell'import intorno ai 60 miliardi di dollari. A rifornire il Paese durante le sanzioni sono state soprattutto Cina e Russia, ma ora la situazione è destinata a cambiare, seppure gradualmente, visto che la fine delle sanzioni, che inizia da oggi, sarà di fatto un processo piuttosto complesso.

La conseguenza immediata della revoca delle sanzioni è lo scongelamento di decine di miliardi di attività finanziarie detenute dalla Banca centrale e da altri enti governativi iraniani all’estero. Secondo fonti americane si tratta di circa 100 miliardi di dollari, la Banca centrale iraniana parla invece di 29 miliardi. Le imprese europee partono favorite su quelle americane perché gli Usa manterranno una serie di sanzioni economiche e divieti che risalgono a un periodo precedente al braccio di ferro sul nucleare. Il Tesoro Usa ha comunque annunciato che filiali estere di aziende americane potranno commerciare con l’Iran.

Un recente studio della Sace la fine delle sanzioni a Teheran, a seguito dell'accordo sul nucleare, potrebbe portare a un incremento dell'export italiano nel Paese di quasi 3 miliardi di euro nel quadriennio 2015-2018, con le migliori opportunita' nei comparti della meccanica strumentale, dell'oil and gas e dei trasporti. Dal 2006 l'Italia ha perso molte posizioni, pur rimanendo il nono Paese esportatore nei confronti dell'Iran. Il primo obiettivo di Teheran è ovviamente quello di tornare a esportare petrolio. Il suo potenziale è enorme. Nel 1979, prima della rivoluzione islamica, era arrivato a estrarre 6 milioni di barili al giorno, di cui solo 500 mila destinati al consumo interno. Poi la rivoluzione, la guerra con l'Iraq, le sanzioni e l'isolamento internazionale hanno affossato la produzione, che nel 2011 è scesa a 2,6 milioni di barili e nel 2015 si è ulteriormente dimezzata, calando a 1,4 milioni d barili al giorno.

L'altro problema è la carenza di tecnologie: l'Iran in questi 30 anni non si è potuta dotare del know how necessario per sfruttare adeguatamente i suoi immensi giacimenti, che contengono l'11,4% delle riserve mondiali provate, pari a 157 miliardi di barili. Il livello tecnologico di gran parte dei suoi siti di estrazione risale ai tempi dello Scià e va dunque ampiamente modernizzato. Da tempo Teheran sta negoziando, non solo con le società petrolifere ma anche con quelle fornitrici di servizi oil e gas, accordi per rimodernare impianti e reti e per far ripartire i giacimenti. Le società americane per un po’ dovranno stare alla finestra, poiché saranno le più penalizzate in vista della fine delle sanzioni. L'obiettivo del governo iraniano è quello di produrre 3,6 milioni di barili entro sei mesi, superare i 4 in un anno e toccare i 5,5 in 5 anni. Le major sono già in prima linea per contendersi il ricco mercato:?proprio domenica rappresentanti della francese Total e dell’olandese Royal Dutch Shell hanno in agenda un incontro a Teheran con la compagnia di Stato iraniana e con quella del trasporto di petrolio.

La riapertura degli scambi potrebbe pertanto ridare fiato alle finanze del Paese, anche se il basso prezzo del greggio e la sovrabbondanza attuale di petrolio sul pianeta non consentono previsioni particolarmente incoraggianti in termini di offerta aggiuntiva. Anche i recenti scontri con l'Arabia Saudita, dopo che Riad ha giustiziato il leader sciita Nimr Baqer al Nimr, allontanano la possibilità di arrivare in tempi brevi a un'intesa a livello Opec per ridurre le forniture globali di greggio e far risalire i prezzi. Tuttavia l'obiettivo di aumentare, entro la prima metà del 2016, di almeno un milione di barili al giorno l'esportazione di petrolio appare credibile.

Il secondo settore di opportunità per Teheran è l'automotive. L'Iran era un mercato da 1,5 milioni di immatricolazioni di veicoli all'anno nel periodo pre-inasprimento sanzioni del 2011, ora ci si attende un ritorno sopra i 2 milioni di unità all'anno. Questo soprattutto per la necessità di rinnovare un parco circolante (14 milioni di unità) molto vecchio. In prima linea ci sono le francesi Psa e Renault, già presenti con joint venture nel Paese.

Anche i trasporti offriranno buone prospettive di domanda. Le sanzioni hanno vietato all'Iran di acquistare aerei occidentali fin dagli anni '70, contribuendo a creare una flotta aerea antiquata e di scarsa qualità. L'Iran ha annunciato che una volta tolte le sanzioni comincerà il rinnovo della flotta con l'acquisto di 400 aerei. E ha già previsto di comprare 114 aerei dal costruttore europeo Airbus. Stesso discorso vale per i treni e le ferrovie. Numerosi costruttori inglesi e francesi sono in corsa per l'ampliamento e il rinnovo della rete ferroviaria iraniana.

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