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Economia
Inizia la campagna anti- Brexit . I numeri del terrore di Cameron

di Andrea Deugeni
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@andreadeugeni

Mentre si avvicina la data del referendum (23 giugno) sulla permanenza del Regno Unito in Europa e dopo l'allarme della Bank of England e nel weekend del G7, anche il primo ministro David Cameron e il cancelliere dello Scacchiere George Osborne (da molti indicato come il successore del premier) vanno all'attacco degli euroscettici per convincere gli indecisi e smontare il fronte del "leave" (lasciare, ndr) con numeri che fanno tremare i polsi. Contrattacco, spiegando le disastrose conseguenze negative della vittoria degli antieuropeisti per l'economia britannica, che sta già trovando qualche riscontro nel rallentamento di alcuni indicatori come l'andamento del Pil nel primo trimestre (sotto le attese) e degli investimenti (tipica voce chiave che in caso d'incertezza viene congelata dagli imprenditori) e che, a giudicare dagli ultimi sondaggi, sta già ridimensionando il fronte degli euroscettici contribuendo al rilancio della sterlina sul mercato valutario. Moneta ai minimi da 9 anni contro il dollaro ad inizio di maggio.

In caso di Brexit, nel giro di due anni l'economia del Regno Unito subirebbe una contrazione del 3,6% rispetto all'eventualità di permanenza nell'Unione europea (4.300 sterline di reddito perse da ogni famiglia ogni anno), fa sapere un'analisi condotta dal Ministero del Tesoro britannico, da cui si rileva che in caso di divorzio con Bruxelles, l'economia del Regno Unito andrebbe incontro a un "profondo shock", con un "marcato deterioramento della prosperità economica e della sicurezza".

"Nel giro di due anni la nostra economia, il nostro Pil, sarebbe inferiore di almeno il 3% come risultato dell'abbandono dell'Ue, ma potrebbe contrarsi anche del 6%", ha spiegato il cancelliere dello Scacchiere, in una conferenza stampa tenuta insieme a Cameron, dopo la pubblicazione del paper del Ministero del Tesoro. "Avremmo un anno di crescita negativa e questa è una recessione", ha chiarito Osborne. Per Cameron, si tratterebbe della prima recessione "che ci siamo inflitti".

Secondo il primo ministro britannico, "sarebbe come uscire dal baratro e buttarsi contro un altro scoglio. E' un'opzione di autodistruzione", ha sottolineato. Inoltre, l'incertezza riguardo alle future relazioni commerciali di Londra con gli altri Paesi potrebbe tardare la spesa e gli investimenti, mentre i dubbi sulle prospettive economiche potrebbero far salire i costi di finanziamento per le famiglie e per le imprese. Secondo quanto riferisce il Ministero del Tesoro, in due anni la sterlina perderebbe circa il 12% del suo valore in caso di Brexit, spingendo al rialzo l'inflazione. Osborne ha riferito che la divisa inglese potrebbe scendere tra il 12% e il 15%, mentre l'inflazione potrebbe salire di oltre il 2%.

La disoccupazione potrebbe poi aumentare tra le 500.000 e le 820.000 unità, mentre il livello dei salari diminuirebbe in media del 2,8%. Inoltre, il fabbisogno pubblico subirebbe un incremento di 24 miliardi di sterline. Gli euroscettici, dal canto loro, ritengono che eventuali disturbi successivi alla Brexit saranno di breve durata, mentre nel lungo periodo la performance economica britannica sarà migliore senza il peso delle regolamentazioni europee. Iain Duncan-Smith, ex ministro del Governo guidato da Cameron, ha riferito che il Tesoro ha frequentemente condotto previsioni economiche che si sono poi rivelate errate. Il Regno Unito "può riprendersi il controllo" della propria economia, ha concluso.

Secondo i principali operatori della City, inoltre, la vittoria del "leave" metterebbe a serio rischio il primato di Londra come hub finanziario europeo. Centro da dove le banche internazionali (circa 250 nel solo miglio quadrato della City) possono sfruttare i vantaggi del mercato interno per il loro business, senza dover installare una sede in ogni Stato dell'Ue, che dà lavoro a 1,4 milioni di persone e da cui proviene il 12% delle entrate fiscali annue del Regno Unito. Flusso finanziario che vale circa 28 miliardi di sterline.

Qui, i danni del Brexit, dal punto di vista occupazionale potrebbero essere immediatamente tangibili a poco dalla chiusura delle urne. Secondo Downing Street, i banker che potrebbero perdere il proprio lavoro e sarebbero costretti a dover raccogliere i propri oggetti personali in uno scatolone (riportando alla memoria scene alla Lehman Brother's) sono circa 100 mila. Stima che, invece, secondo il Guardian che allarga il discorso a tutta l'industria finanziaria, cresce fino a 285 mila unità.  

 

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