Lega-Front National-Forza Italia: quando la politica è in bolletta
La politica sembra contare sempre meno in finanza e le banche iniziano a chiudere i conti ai partiti: i casi di Lega, Forza Italia e Front National
Fine anno si avvicina ed è tempo di bilanci, non solo per i mercati finanziari, le banche e le aziende, ma anche i partiti politici i cui conti spesso navigano in cattive acque o finiscono bloccati in seguito a inchieste della magistratura. In Italia si trovano in questa scomoda situazione i due principali partiti del centrodestra. La Lega, ad esempio, si è vista sequestrare in modo preventivo e provvisorio vari conti correnti di alcune sezioni regionali del partito presso sei diverse banche in Emilia-Romagna, Liguria e Trentino dopo la condanna per truffa ai danni dello stato del fondatore ed ex leader carismatico, Umberto Bossi, dei figli Renzo e Riccardo, dell’ex tesoriere del partito, Francesco Belsito, altri tre dipendenti della Lega e di due imprenditori coinvolti nello scandalo dei rimborsi ricevuti dalla Lega e utilizzati per spese personali dalla famiglia Bossi.
Trattandosi di condanne in primo grado (2 anni e 3 mesi di reclusione al “senatùr”, 2 anni e 6 mesi a Belsito e a Riccardo Bossi, 1 anno e 6 mesi a Renzo Bossi) se dovessero cadere i 48 milioni di euro sequestrati complessivamente verranno restituiti al partito, che peraltro è già in bolletta e da questa estate ha nuovamente chiesto la cassa integrazione straordinaria per i propri dipendenti, mentre l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti ha inaridito le disponibilità liquide, scese a fine 2016 a soli 165 mila euro (da 1,469 milioni un anno prima) e inciso il patrimonio netto, ridottosi a 5,671 milioni (da 6,733 milioni), a fronte di debiti saliti a 1,569 milioni (da 1,039 milioni).
Neppure Forza Italia se la passa bene: secondo quanto ricostruito dal Fatto Quotidiano, il partito di Silvio Berlusconi non paga i debitori e ha un debito di 100 milioni di euro, situazione che ha fatto scattare le prime richieste di pignoramento per circa 2 milioni. In questo caso una prima sentenza dovrebbe arrivare il prossimo 16 gennaio, quando il Tribunale civile di Roma dovrà decidere la sorte dei creditori del partito e quali beni mettere sotto sequestro, principalmente conti correnti visto che a Forza Italia non risultano intestate proprietà immobiliari.
In questo caso la vicenda verte sulle richieste avanzate da ex dipendenti a cui non è stato versato il Tfr, o che chiedono altre spettanze: se le persone fisiche avanzano richieste tra i 20 mila e i 150 mila euro a testa, le ditte fornitrici vantano crediti più consistenti, come i 490 mila euro che spetterebbero a Eginformativa Progetti Speciali Srl (che per anni si è occupata della gestione del sistema informatico della sede romana di Via dell’Anima), i 356 mila euro chiesti da Telecom Italia, o i 155 mila chiesti da Immobiliare Matisse Srl.
In tutto sono appunto circa 2 milioni di euro richiesti, ma nelle casse del partito c’è meno della metà di tale somma. Anche perché dal 2008 a oggi Forza Italia ha sempre chiuso i bilanci in perdita, con un passivo lievitato negli anni da 6 a 100 milioni (a fine 2016), 90 milioni dei quali al solo Berlusconi (che si è accollato per tale cifra i debiti di Forza Italia nei confronti di banche come Unicredit e Mps) e 5,6 milioni ai fornitori.
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