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Economia
Mediobanca, i jolly corporate di Nagel: così il Ceo ha risposto a Mr Luxottica

Sarà un caso, o forse no, ma la ripresa del risiko bancario italiano porta una firma “classica”, quella di Mediobanca. Mentre lo scorso anno i ricavi delle 12 principali banche d’investimento sono calati a 147,5 miliardi di dollari complessivi (-4% sul 2018), al livello più basso dalla crisi finanziaria del 2008, accelerando il ricorso ai tagli di posti di lavoro (sono stati lasciate a casa 2.900 persone, circa il 6% del personale delle divisioni di trading e investment banking) nonostante l’ulteriore rialzo dei mercati azionari mondiali, Piazzetta Cuccia sembra voler provare ad accelerare nuovamente in tale direzione.

mediobanca
 

Strategia che, guarda caso, è in linea coi “desiderata” di Leonardo Del Vecchio, socio al 9,889% di Mediobanca ma che il mercato tiene d’occhio in attesa di un’eventuale ulteriore salita sino al 20% (per la quale dovrà prima chiedere e ottenere l’autorizzazione da parte di Bce-Banca d’Italia) e che nei mesi scorsi aveva lanciato più di una frecciatina al Ceo Alberto Nagel invitandolo a riformare una governance figlia di un’epoca ormai terminata (quella di Unicredit primo socio individuale ma al tempo stesso potenziale concorrente di Mediobanca) e rilanciare l’attività storica di investment e corporate banking, accanto al wealth management e al credito al consumo.

Detto fatto a fine anno, con due fuochi d'artificio: Fca-Peugeot e Intesa-Ubi Banca. Non che finora Nagel avesse tenuto Mediobanca ai margini del “grande gioco”, almeno in Italia: nel 2019 infatti l’istituto ha partecipato a operazioni di finanza straordinaria per un controvalore totale di 16,2 miliardi di euro, staccando nettamente i più immediati inseguitori (Goldman Sachs e Kpmg, uniche ad aver raggiunto o di poco superato la soglia dei 10 miliardi di euro di controvalore). C’è lo zampino di Mediobanca, come financial advisor, in alcune delle maggiori operazioni viste in Europa.

alberto nagel
 

Tra queste vi sono state la fusione da 30 miliardi di euro tra Psa e Fiat Chrysler Automobiles, l’integrazione da 11 miliardi di euro tra Inwit e Vodafone Tower, l’acquisizione da 882 di Solvia Desarrollos Inmobiliarios da parte di Oaktree, l’acquisizione da 460 milioni di Altamira Asset Management da parte di Dobank, o l’acquisizione da 400 milioni di Offshore LNG Toscana da parte di Snam solo per citare le più importanti, per non parlare della partnership strategica tra Intesa Sanpaolo e Prelios per la gestione decennale di un portafoglio di Utp da 6,7 miliardi nominali o la fusione di Sias in Astm. Ora, il confezionamento dell'offerta pubblica di scambio di Ca' de Sass su Ubi Banca, che creerebbe un campione europeo subito sotto l'Olimpo bancario dei gruppi del Vecchio Continente.

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Per riuscirvi Nagel ha puntato da un lato su un crescente ruolo di sponsor finanziario in transazioni  che hanno coinvolto società di media dimensione, creando un team congiunto di Corporate Finance e Private Banking, dall’altro ha fornito servizi di consulenza alle società nei processi di cessione e agli sponsor finanziari per acquisizioni. Il peso dell’Europa è inoltre destinato a crescere rispetto al solo mercato italiano, grazie all’ulteriore sviluppo della partnership strategica con Messier Maris & Associés, che consentirà di unire una copertura locale all’expertise di Piazzetta Cuccia nel settore.

Se il risiko bancario italiano dovesse riprendere appieno il suo corso e lo stesso avvenisse in tutta Europa, Mediobanca potrebbe avere buone chances di rosicchiare quote di mercato anche ai grandi concorrenti internazionali e Leonardo Del Vecchio difficilmente potrebbe lamentarsi. Tuttavia il fatto che alcuni grandi nomi come Goldman Sachs o Morgan Stanley stiano ancora in questi giorni insistendo su un maggior peso del wealth management rispetto al trading e all’investment e corporate banking dovrebbe far riflettere.

Dopo tutto nell’ultimo decennio le maggiori banche mondiali hanno ridotto la loro esposizione al settore non perché non avesse margini reddituali interessanti (anzi), ma per l’estrema volatilità del business (le operazioni di finanza straordinaria sono tali, dopo tutto, perché non vengono realizzate su base ordinaria, ossia costante) e per gli elevati requisiti di capitali che comportano. Va bene non lasciar dipendere una parte consistente degli utili dai dividendi di Generali o dagli utili di Compass, ma occorrerà fare attenzione a non cadere nell’eccesso opposto. Ma di questo Nagel è certamente consapevole da anni.

 

 

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