Economia

Web tax dal 6 al 3%. Il governo grazia Amazon & C. Ecco perché

Luca Spoldi

Web tax/ La nuova formulazione la tassa, dimezzata (dal 6% al 3%) ma non più compensata con crediti d'imposta, evita di colpire i clienti di Amazon & C.


Cambi di nuovo la web tax "all'italiana" che nella versione presentata alla Camera dal relatore, Francesco Boccia (Pd), vede calare l'aliquota sulle transazioni al 3% (dal 6% previsto nel Ddl Bilancio approvato dal Senato), escludendo peraltro il meccanismo del credito d'imposta che la versione varata al Senato affidava alle banche (anche se non erano mancate critiche, visto che rimanevano esclusi altri gestori di servizi di pagamento come Paypal), dato che l'imposta stessa sarà prelevata applicando una ritenuta cedolare secca.

La nuova formulazione dovrebbe generare un gettito di circa 190 milioni di euro dal 2019 (anno di avvio della tassazione), rispetto ai circa 114 milioni della versione votata da Palazzo Madama: vi è dunque il rischio di un aggravio del carico fiscale sulle imprese che possa venire traslato sui consumatori? No, in quanto, come si legge nella relazione tecnica all'emendamento, l'aliquota non si applica a soggetti che "non superano il numero annuo di 3 mila transazioni digitali".

Si tratta di un punto particolarmente sensibile, perché di fatto rende i clienti del settore e-commerce esenti dalla nuova imposta, salvando gli utilizzatori "retail" di Amazon, Facebook, Google ma anche ePrice e la maggior parte delle Pmi che utilizzano la rete per le loro transazioni, mentre la tassazione si applicherà alle attività di data analitycs, cloud computing e sistemi di integrazione Ict.

In questo modo anche se la norma è formalmente applicabile a tutti i soggetti, residenti e non (per evitare l'immediata contestazione di aiuti di stato da parte della Ue), dovrebbero rimanere colpiti dal provvedimento solo giganti del web come Facebook, Google o Amazon, perché loro le 3.000 transazioni annue le superano ampiamente. Ma evidentemente anche un gruppo tricolore come ePrice (l'ex Banzai) finirà con l'essere colpita dall'imposta, sia pure meno pesante di quanto inizialmente preventivato, senza neppure poter godere di un credito d'imposta, e infatti a Piazza Affari il titolo ha chiuso in calo del 2,5%.

I colossi a stelle e strisce, dal canto loro, non sembrano preoccupati: Amazon a Wall Street guadagna mezzo punto percentuale, al pari di Facebook, mentre Alphabet (Google) sale di un punto. Reazioni dovute all'avvicinarsi della riforma fiscale Usa che abbatterà dal 35% al 21% l'aliquota sui redditi da impresa e favorirà il rimpatrio di utili finora mantenuti all'estero. Probabilmente a partire dai paesi che come l'Italia vareranno delle "web tax", da cui gli utili verranno facilmente trasferiti con partite intragruppo, così da minimizzare l'impatto della tassazione sui conti.