Esteri
Italia, Cina e... Vietnam. Sui social la disputa sul Mar Cinese Meridionale
Negli scorsi giorni, sui social i messaggi di ringraziamento degli italiani alla Cina sono stati intervallati da quelli anti Pechino dei vietnamiti: ecco perché
Negli scorsi giorni, improvvisamente i canali social dell'Ambasciata della Repubblica Popolare Cinese in Italia sono diventati molto più popolari tra gli italiani. Il motivo? L'arrivo del primo volo della China Eastern a Roma (a cui ha fatto seguito un altro volo atterrato a Malpensa e a cui faranno seguito altri aerei cargo) con materiale sanitario tra mascherine, tute protettive, respiratori e un team di medici. Una mossa che, dopo qualche mese di ripensamento (italiano) culminato con la chiusura dei voli diretti tra i due paesi decisa dal governo Conte bis lo scorso 30 gennaio (quando l'epicentro della pandemia era ancora Wuhan), p servito per riavvicinare Roma e Pechino, aumentando il soft power della Cina.
I profili Facebook (soprattutto) e Twitter delle istituzioni di Pechino in Italia si sono riempiti di messaggi. Per la grande maggioranza messaggi di ringraziamento da parte degli italiani, con una minoranza a sottolineare i dubbi su che cosa fosse stato donato o che cosa fosse stato invece venduto. Al di là di questo, però, in molti si saranno accorti della nutrita presenza di messaggi di utenti né italiani e né cinesi, ma vietnamiti. Come mai molti utenti del Vietnam hanno deciso di intervenire in una faccenda che non sembra riguardarli?
Dietro c'è una tensione storica tra i due paesi, Vietnam e Cina, che non si è mai sopita del tutto e che anzi sembra essersi rinvigorita negli ultimi tempi. Alla base delle nuove fibrillazioni diplomatiche (dopo la breve ma intensa guerra sino-vietnamita del 1979) ci sono le rivendicazioni sul Mar Cinese Meridionale. Rivendicazioni che coinvolgono diversi attori dell'Asia sud-orientale, tra cui Indonesia, Filippine, Malaysia e Taiwan. Ma i due "pesi massimi" (il primo più "massimo del secondo) della contesa sono proprio Cina e Vietnam.
Negli ultimi mesi, il governo vietnamita ha adottato una linea maggiormente assertiva in merito alle dispute territoriali aperti con la Cina. Lo scorso ottobre, il presidente vietnamita Nguyen Phu Trong, ha dichiarato di prepararsi per "possibili opportunità e sfide" sulle acque contese. Le accuse di violazione territoriali si sono moltiplicate nel corso del 2019, in particolare dopo il passaggio della nave di ricognizione cinese Haiyang Dizhi 8 e la sua scorta armata alla Vanguard Reef (una scogliera controllata dal Vietnam ma rivendicata dalla Cina), attraverso un blocco del colosso russo Rosneft, partner delle esplorazioni di Hanoi nell'area.
Un confronto diretto non c'è mai stato, anche perché tutti gli attori sanno che ciò spaventerebbe gli investitori e colpirebbe gli interessi di tutti. Ma il livello della tensione diplomatica si è alzato. Il Vietnam, che cerca l'appoggio di altri paesi dell'area, è diventato il perno della strategia degli Stati Uniti di contenimento della Cina nell'area. E il peso di Hanoi è aumentato anche perché nel 2020 ha la guida dell'Asean (Association of Southeast Asian nations). Anche grazie a questo ruolo, il Vietnam ha in testa di mettere le dispute marittime in cima alle priorità dell'associazione per il 2020, prima di cedere la presidenza di turno. Al centro ci sono le isole Paracelso, rivendicate da entrambi i paesi.
Il tentativo del Vietnam è quello di incassare l'appoggio degli altri paesi Asean nel confronto con Pechino. Impresa comunque non semplice, perché l'influenza (soprattutto economica) del Regno di Mezzo nell'area è rilevante. Un fedele alleato della Cina all'interno dell'Asean è sicuramente la Cambogia. E anche le Filippine, dopo la decisione di Rodrigo Duterte di interrompere la collaborazione militare con gli Stati Uniti, sembrano in avvicinamento a Pechino. La Malaysia ha appena cambiato governo dopo la caduta di Mahathir e ora si dovrà capire cosa può cambiare con il successore Muhyiddin Yassin.
L'Indonesia ha invece affermato con forza i suoi diritti sulle Natuna Islands, con il presidente Joko Widodo che ha pronunciato parole molto nette: "Non ci sono più dibattiti. De facto, de jure, Natuna è dell'Indonesia", ha detto il capo di Stato indonesiano in una visita in pompa magna nell'arcipelago, con tanto di navi da guerra. Anche se in realtà i colloqui in materia con Pechino continuavano fluidi, rendendo l'uscita di Widodo importante soprattutto a fini interni.
Si pensava che la pandemia da coronavirus potesse segnare un arretramento non solo economico ma anche diplomatico della Cina. In realtà, le misure senza precendenti del governo hanno consentito a Pechino di ridurre la portata della crisi sanitaria e di uscirne (per ora) per prima. Vero che l'episodio insegna e insegnerà ai diversi paesi dell'area (e non solo) a cercare di diversificare gli investimenti per non dipendere troppo da Pechino, ma è anche vero che quegli investimenti (con gli altri partner in crisi) potrebbero diventare ancora più importanti.