Esteri

Corbyn e il buon 'populismo di sinistra': la lezione per i colleghi Ue

Carlo Patrignani

Jeremy Corbyn mostra la via da seguire per la socialdemocrazia europea

Una speranza - a better future for young people - s'aggira per l'Europa: il fenomeno Corbyn. Il veterano leader del Labour Party dalle idee 'arcaiche' e 'polverose', perchè troppo di sinistra, pacifista ante-litteram: ieri contro la guerra in Iraq e oggi in Siria, pro-Palestina, anti-apartheid, per l'accoglienza dei migranti, e' passato in poco tempo da essere 'l'homme à abattre' al probabile Primo Ministro al 10 Downing Street.

Cosa c'è alla base di questo fenomeno oggetto di ampi reportage in Francia, Germania, nei paesi scandinavi ma soprattutto nel think tank di studi e idee progressiste, il Social Europe?

Su Le Monde la filosofa Chantal Mouffe afferma testualmente: Corbyn mostra la via da seguire per la socialdemocrazia europea. Via che la Mouffe intravvede nel 'populismo di sinistra' del leader laburista.

Il quale, a partire dalla parola d'ordine 'For the many, not the few', ha fortemente caratterizzato le sue proposte su una linea opposta alla 'Terza Via' neoliberista di Tony Blair: piano di investimenti pubblici per la ristrutturazione delle infrastrutture (alloggi sociali, scuole, trasporti); ri-nazionalizzazione dei servizi pubblici (energia, ferrovie, acqua, poste); blocco alle privatizzazioni del servizio sanitario nazionale e della scuola; abolizione delle tasse universitarie; introduzione del reddito universale di base (universal basic income) e aumento del salario orario minimo.  

Tali proposte - che non sono altro che "le riforme di struttura" tanto care al "riformismo rivoluzionario" ideato negli anni '60 in Italia - mirano a cambiare nel profondo la società costruita sul dogma 'meno Stato più mercato' teorizzato dalla Terza Via neoliberista di Tony Blair e Gordon Brown e fatta propria dai partiti socialisti e socialdemocratici europea, oggi moribondi e ovunque in agonia.

Non solo, ma il 'fenomeno Corbyn' smentisce una certa vulgata mediatica sul 'populismo' come 'male assoluto' senza tener conto che alla base dell'espansione dei 'movimenti populisti' non c'è tanto e solo l'odio razziale contro i migrati - argomento usato dai 'movimenti di destra' - quanto la mancanza di risposte, da parte dei governi di 'centro-sinistra' in Europa e dalla 'sinistra dei Bramini', quella che è stata attratta, secondo l'economista Thomas Piketty, dalle élite istruite, alle crescenti e diffuse diseguaglianze economico-sociali.

In sostanza, "se i partiti politici, in particolare quelli di centro-sinistra, avessero portato avanti un programma più coraggioso - contro diseguaglianze, declino dello status sociale e povertà, divario tra élite e cittadini comuni - forse si sarebbe potuta evitare l’ascesa di movimenti politici di destra e xenofobi", afferma su 'Project Syndicate' l'economista Dani Rodrik, docente, alla Harvard University, di Economia Politica Internazionale.

A riprova di tutto ciò c'è, infine, il report del think tank svedese Futurion: 'The true causes of populism, about automation and other changes at work' (Le cause del populismo, dall'automazione ad altri cambiamenti sul mercato del lavoro), secondo cui a far decollare e crescere i movimenti populisti sono stati i profondi mutamenti del mercato lavoro, con le perdite di posti di lavoro e pertanto con le difficoltà di trovare lavoro.

Il 'fenomeno Corbyn' è la dimostrazione che l'alternativa possibile c'è: e il primo importante atto è stato riaffermare che il Labour Party è il partito dell'uguaglianza, che Blair aveva sostituito con "la libertà di scegliere", della democrazia e della partecipazione.

Ora si tratta per Corbyn, per i 600mila iscritti al Labour, per i diversi movimenti dal basso che condividono "for the many, not the few", di organizzarsi, per lo sprint finale, e consolidarisi in 'movimento populista di sinistra' così da coronare il sogno a 10 Downing Street.