Esteri
L'Africa cambia (anche) grazie a una stufa
L'energia è sviluppo. Questa è la convinzione di Eni, che ha presentato all'Expo, in un appuntamento ospitato da Casa Corriere, due progetti che sintetizzano l'attenzione del gruppo nei confronti dell'Africa: Hinda e “stufe migliorate”.
All'incontro hanno partecipato Carlo Vito Russo, executive vice president Direzione central and south Europe di Eni; Giampiero Silvestri, segretario generale della fondazione Avsi; Fabio Inzoli, capo del dipartimento di Energia del Politecnico di Milano; Jerome Ndam Mungwe, professore della Catholic University of Cameroon e PhD al Politecnico di Milano.
Il progetto Hinda
Il Progetto Integrato Hinda è nato nel 2011(terminerà quest'anno) per migliorare le condizioni di vita delle comunità nell’area intorno al campo onshore di M’Boundi. Russo svela i risultati ottenuti fino a ora: “25 mila persone hanno usufruito dei servizi, per un investimento pari a 13 milioni”.
Perché integrato? “Perché – continua Russo – rivolge a settori diversi, dalla salute all'educazione, dall'energia all'accesso all'acqua”. Non è solo filantropia. “Sostenere il territorio facilita la nostra presenza. E poi è sempre stato un principio dell'Eni quello del dual flag. Le attività dell'azienda condividono la bandiera con quella della nazione che le ospita”.
Il progetto Hinda ha consentito la costruzione di 10 scuole, la formazione degli insegnanti. Ha aumentato i tassi di vaccinazioni e scolarizzazione primaria e avviato la costruzione di 21 pozzi.
Il progetto stufe migliorate
L'Africa ha un problema di energia. Lo si nota da un dato: nel continente vive il 13% della popolazione mondiale, che corrisponde solo al 4% della domanda di energia globale. Ecco perché sviluppare tecnologie compatibili con il sistema rurale africano è decisivo.
Occorre partire dal basso: questo è il progetto stufe migliorate. L'idea, che coinvolge anche Politecnico di Milano e Avsi, ha l'obiettivo di costruire stufe economiche, che possono essere costruite (e vendute) in sul posto in modo da migliorare le condizioni di molte famiglie. Solo con un a stufa? In molte aree, il sistema di cottura più diffuso è un semplice fuoco acceso fra tre pietre. Un sistema che comporta spreco di risorse e rischi per la salute (incidenti domestici e eccessiva produzione di Co2 in un ambiete chiuso”.
Con le ”stufe migliorate” sviluppate dal Politecnico di Milano è possibile far risparmiare il 10% del reddito annuo a ciascuna famiglia. Con la possibilità di utilizzare l'energia non solo per cuocere il cibo. L'idea è semplice, come spiega Inzoli: “Le stufe sono state progettate, sia nei materiali che nella tecnologia, per essere costruite in loco”. Non vengono però regalate. “Le vendiamo – spiega Silvestri di Avsi - anche se a un costo inferiore a quello di produzione, perché vogliamo creare un'imprenditoria locale”. La produzione della stufa costa 30 dollari. Il prezzo di vendita supera di poco i 20. E, oltre alle barriere tecniche, è questo uno dei problemi più consistenti. “Manca una mentalità imprenditoriale”, dice Inzoli.
L'impatto potenziale di progetti come questo sono stati rappresentati, in carne e ossa, da Jerome Ndam Mungwe. Mungwe ha raccontato la sua storia. Da ragazzino, percorreva 30 chilometri al giorno per andare a scuola. Oggi, dopo una laurea in fisica e una specializzazione in energie rinnovabili tra Germania e Italia, guarda al solare come opportunità per l'Africa. Sul futuro del continente, è lui il più ottimista. L'incontro si chiude infatti con una domanda: “Come sarà il continente tra 20 anni?”. Russo vede nell'Africa “il nostro presente e il nostro futuro”. Inzola pone l'accento sulla formazione. Silvestri è convinto che “tra 20 anni sarà migliore di com'è adesso”. Ma Mungwe si spinge a dire che, entro due decenni, “le migrazioni cambieranno direzione”.