Esteri

Trump, il raid può essere un passo falso. Ora "salta in aria" il Medio Oriente

Lorenzo Lamperti

Addio accordo nucleare, ricompattamento iraniano, nuovo fiato al terrorismo e spettro guerra regionale: le possibili conseguenze del raid Usa. Il ruolo di Mosca

"Per essere rieletto, comincerà una guerra con l'Iran". Questo tweet non è di una settimana fa, ma è datato 29 novembre 2011. Si riferiva a Barack Obama. E il suo autore era Donald Trump. Poco più di otto anni dopo, è proprio il magnate neyworkese ad aver ordinato un raid che potrebbe aprire la strada a una devastante guerra che dall'Iran potrebbe coinvolgere tutto il Medio Oriente. Ancora una volta, a undici mesi esatti dalle elezioni 2020. Ma la mossa della Casa Bianca potrebbe rivelarsi un nuovo errore. Se non a livello elettorale, quantomeno a livello storico. 

Basti vedere a quanto accaduto con Bush Junior. Le sue guerre in Afghanistan e in Iraq non gli costarono la poltrona, ma a distanza di anni non è rimasto quasi più nesusno a difendere il suo progetto di export della democrazia. Un'azione che ha prodotto danni incalcolabili per tutti: Medio Oriente in primis, ma anche per l'Europa e per gli stessi Stati Uniti. Dopo quasi 20 anni Afghanistan e Iraq sono più instabili che mai, al Qaeda è stata ridimensionata ma è nato l'Isis, un ondata di terrorismo ha colpito l'Europa e non solo. Due terribili guerre in Siria e in Yemen hanno prodotto un enorme numero di profughi e le tensioni regionali non sono mai state risolte. Dulcis in fundo, la Cina ha potuto continuare indisturbata la sua ascesa fino ad arrivare a insidiare la leadership globale statunitense.

Eppure è successo ancora. Trump ha ceduto ai falchi, Bolton e Pompeo su tutti, e ha deciso di uccidere il capo delle forze iraniane al-Quds, Qassem Soleimani. Il generale di Teheran sarebbe stato vicino a un'azione sanguinosa contro i militari americani, secondo quanto ha dichiarato il segretario di Stato americano. Si trattava però di una pedina chiave non solo per gli interessi iraniani ma anche per gli equilibri dell'intera regione.  Difficile pensare che quello del presidente statunitense sia stato un calcolo elettorale. L'opinione pubblica americana sembra anzi stanca delle guerre in Medio Oriente, tanto che lo stesso Trump aveva promesso il ritiro dall'Afghanistan e dalla Siria. 

Questa nuova svolta allora rischia di essere un boomerang per lo stesso presidente, che può far valere gli ottimi dati economici in vista della corsa elettorale e che poteva al massimo avere bisogno di un accordo sul piano internazionale. E invece, in un momento in cui la Corea del Nord è tornata a minacciare Washington con il nucleare, Trump ha deciso di dare luce verde a un'operazione destabilizzante per molteplici motivi.

LE CONSEGUENZE DEL RAID USA

Quali saranno le conseguenze? Ce ne potrebbero essere almeno sei. La prima, la più ovvia, è che ogni speranza di accordo nucleare con l'Iran è tramontato definitivamente. La seconda è quella di un ricompattamento del fronte interno alla Repubblica Islamica. Dopo le proteste anti regime delle scorse settimane, represse nel sangue, il clima è subito cambiato, con manifestazioni di piazza contro il "Satana" a stelle e strisce. La terza è che l'Iran non potrà stare a guardare: bisogna solo capire dove e quando, ma la reazione ci sarà. La quarta è che si darà nuovo fiato al terrorismo. In particolare in Iraq, dove una situazione già caotica è destinata a diventare incontrollabile. La quinta, indiretta, è che la Cina potrebbe beneficiare ancora una volta (in un momento critico) delle distrazioni Usa nel pantano mediorientale.

La sesta, e potenzialmente più spaventosa: lo scoppio di una guerra. E non si sta parlando di una guerra del Golfo in stile anni Novanta. No, con l'Iran la dimensione di un possibile conflitto sarebbe infinitamente più grande. Solo Israele si è schierata apertamente al fianco di Washington sull'uccisione di Soleimani. L'Iraq potrebbe diventare ancora una volta il campo di battaglia, con il parlamento di Baghdad che sembra già deciso a richiedere la ritirata delle truppe Usa, mentre Trump annuncia l'invio di nuove truppe. E le forze filo iraniane avranno gioco più semplice. sfruttando il sentimento di sovranità violata (ancora una volta), per influenzare il paese limitrofo. 

Al momento, comunque, la possibilità più concreta è una escalation di attentati e attacchi nella regione, ma non di una guerra tout court anche perché Trump non sembra essere intenzionato a farsi trascinare a un conflitto vero e proprio.

L'Iran può godere dell'appoggio di svariate milizie sciite e di Hezbollah, che tra l'altro ha appena piazzato Hassan Diab alla guida del Libano, così come di quella degli Houthi coinvolti nella guerra in Yemen. Senza contare l'amicizia del siriano Assad e della Russia. Solo qualche giorno fa le forze militari di Teheran, Mosca e Pechino sono state coinvolte in un'esercitazione comune. Elementi da tenere in considerazione. Interessante anche capire come si posizionerà proprio il Cremlino, che potrebbe essere decisivo per il contenimento dell'escalation.