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Il salario di produttività e le novità del 2016

È noto che uno dei problemi endemici della nostra struttura produttiva consiste nella bassa produttività del lavoro, se si svolge una comparazione con quello dei nostri competitors europei.

 

La discussione sulle ragioni di tale declino sono ancor oggi oggetto di indagine. Certo è che il Governo, dopo la sospensione per l’anno 2015, torna a prevedere misure di incentivazione della produttività. La legge di Stabilità 2016 (legge 208/2015) ha quindi reintrodotto, per il solo settore privato, la detassazione sostitutiva fissa al 10% dei premi di produttività, rivisitandone però profondamente la disciplina rispetto al passato e rinviando al Decreto interministeriale del 25 marzo 2016 per le concrete modalità applicative.

 

Chiediamo all’Avv. Guido Ferradini, dello Studio Legale C-Lex, quali sono gli sviluppi sull’argomento.

 

“La nuova normativa prevede novità interessanti. Oltre al ripristino della detassazione dei premi di produttività, già previsti in passato, si è infatti proceduto ad un (seppur modesto) ampliamento della platea dei beneficiari, innalzando l'asticella dei redditi ammessi all'incentivo a 50.000 euro annui lordi.

L'obiettivo evidente del governo pare essere quello non solo di rilanciare la produttività del lavoro ma anche di permettere una crescita dei salari in un momento in cui - anche per l’introduzione del Jobs Act – si è assistito ad una loro evidente contrazione. Nel corso del 2015 infatti i salari dei lavoratori italiani hanno visto (in assoluta controtendenza con tutti gli altri paesi Ue con la sola esclusione di Cipro) un calo dello 0.5% del costo medio orario per un importo di 28.1 Euro (vedi dati Eurostat pubblicati sul Sole24ore del 4 aprile) Accanto a questo sembra che il Governo voglia incentivare la contrattazione di secondo livello e la diffusione del welfare aziendale”.

 

Ma quali sono i limiti della nuova normativa?

 

“Per fruire dei sopracitati benefici vi sono dei limiti tassativi:

a) il reddito di lavoro dipendente per l'anno precedente non dovrà, come già anticipato, essere superiore ad € 50.000;

b) il valore massimo agevolabile sarà pari ad € 2.000 (2.500 nei casi di partecipazione paritetica dei lavoratori alla gestione dell'azienda – ipotesi si osserva davvero remota);

c) si dovrà procedere alla stipula di un accordo collettivo aziendale o territoriale, cui demandare il compito di disciplinare tali erogazioni.

Uno delle novità introdotte dalla disciplina consiste nel fatto che il dipendente potrà scegliere tra un premio in denaro o un voucher per ottenere servizi di welfare aziendale (quali servizi per la famiglia, sostegno per l'istruzione, servizi ricreativi, nidi e trasporti per i figli, baby sitters, badante). In questo secondo caso la somma erogata diviene addirittura totalmente esentasse e non concorrerà alla formazione del reddito.

 Infine si prevede anche la possibilità di distribuire gli utili come premio di risultato ed anche in questo caso si applicherà il regime fiscale agevolato”.

 

In passato però questo tipo di provvedimenti aveva creato qualche problema.

 

 

“Al fine di evitare la perniciosa distribuzione “a pioggia” degli incentivi come avvenuto in passato, la corresponsione dei premi di produttività risulta legata ad effettivi incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazioni, che siano misurabili sulla base dei criteri indicati dal decreto di attuazione.

 A tal proposito il decreto interministeriale, all'art. 2, disciplina i criteri di misurazione di tali incrementi che “possono consistere nell'aumento della produzione o in risparmi dei fattori produttivi ovvero nel miglioramento della qualità dei prodotti e dei processi, anche attraverso la riorganizzazione dell'orario di lavoro non straordinario o il ricorso al lavoro agile quale modalità flessibile di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato, rispetto ad un periodo congruo definito dall'accordo, il cui raggiungimento sia verificabile in modo obiettivo attraverso il riscontro di indicatori numerici o di altro genere appositamente individuati”.

 

Il tenore della disposizione non sembra porre dubbi sulla necessaria oggettività cui ricondurre la verifica dei miglioramenti.

 

“Occorrerà definire, caso per caso, meccanismi di misurazione non suscettibili di valutazioni discrezionali. Il che fra l’altro rende tali criteri poco compatibili con accordi di tipo territoriali, preferendosi ipotesi taylor made sulle singole aziende.

 

La scheda allegata al decreto attutivo ed intitolata “Monitoraggio Contratti Aziendali e Territoriali (Art. 1, co.188, L.28/12/2015 n. 208)” offre qualche suggerimento prevedendo ben 19 indicatori (quali volume della produzione, fatturato, riduzione degli scarti di produzione, modifiche ai regimi di orario etc.), ai quali potranno aggiungersene altri confacenti alla specificità dell'impresa e del settore in cui essa opera Interessante notare altresì che le aziende che intendono accedere al beneficio alla detassazione del 10% dovranno – pena la decadenza dal trattamento privilegiato - trasmettere gli accordo al Ministero del Lavoro, al fine di consentire la corrispondenza dei criteri utilizzati a quelli previsti per legge.

Preme altresì evidenziare il dettato di cui all'art. 7 del decreto, in tema di efficacia dello stesso, potrà valere anche per i premi erogati nel corso del 2015. Al fine di permettere un effettivo controllo sui criteri applicati è onere delle aziende depositare l’intesa entro e non oltre 30 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del succitato decreto, con allegata l'autodichiarazione di conformità dell'accordo alle disposizioni sopra richiamate”.

 

Sembrerebbe corretto concludere che gli incentivi possono rappresentare un importante stimolo a rafforzare e migliorare la contrattazione aziendale. Un intervento normativo di questo tipo pare senza dubbio utile per rilanciare la produttività del lavoro. È vero però che l’esiguità dello stanziamento (pari a 430 milioni di euro) e, ancor di più, il tetto massimo di 2.000 euro per dipendente, rendono tale manovra inadeguata alle reali esigenze delle imprese e a soddisfare i fini di rilancio della produttività e delle dinamiche salariali.

 

Paolo Brambilla