L’Arabia Saudita tratta con le banche per collocare un bond
Sembra che importanti funzionari dell’Arabia Saudita siano stati incaricati di trattare con le più note banche internazionali l'emissione di quello che sarebbe il primo prestito obbligazionario internazionale del Paese, secondo un rapporto del Financial Times.
Il piano avviato per aumentare il debito estero si colloca nello scenario negativo provocato dal crollo dei prezzi del petrolio, dato che evidentemente il Paese ha utilizzato tutte le riserve in valuta estera per la spesa domestica. L'Arabia Saudita deve risolvere il problema entro la fine dell'anno, dice il rapporto, e alle banche è stato chiesto di indicare le loro condizioni per accettare l’incarico.
Per il quotidiano “La Stampa” questa operazione era “impensabile fino a poco tempo fa” e aggiunge: “Il governo dell’Arabia Saudita sta valutando di utilizzare titoli di Stato o «pagherò» per coprire una parte dei versamenti dovuti agli appaltatori, così da limitare l’impatto dei problemi di liquidità che stanno interessando il regno in seguito al crollo del prezzo del petrolio. È quanto confidano fonti bancarie saudite all’agenzia Bloomberg”.
A preoccupare sono soprattutto i conti pubblici, che dipendono in larga parte dai ricavi petroliferi.
Nel 2015 Riad ha registrato un deficit record di 97,9 miliardi di dollari, pari al 15% del Pil. Il rilancio dell’economia saudita è stato affidato al progetto «Vision 2030» che, prevede, tra le altre cose, la privatizzazione di una parte del gioiello della corona: la compagnia petrolifera Saudi Aramco.
Per il quotidiano “La Repubblica” l'emissione obbligazionaria potrebbe raggiungere i 10 miliardi e dovrebbe concludersi già nei prossimi giorni. Altre fonti indicano il mese di luglio, dopo la fine del Ramadan. La mossa arriva dopo l’emissione da 9 miliardi di dollari realizzata settimana scorsa dal Qatar, che ha attratto ordinativi per 23 miliardi. “L'iniziativa di Riad, annunciata da tempo, è dovuta alla necessità del primo esportatore mondiale di petrolio di fare i conti con i contraccolpi in bilancio a seguito dei bassi prezzi del greggio. Il regno saudita era inizialmente intenzionato a raccogliere tra i 6 e gli 8 miliardi per un prestito della durata di cinque anni. Tuttavia il ministero delle finanze avrebbe alzato il target avendo riscontrato una domanda significativa” conclude La Repubblica.
Secondo Reuters, tra le banche disponibili a collocare il prestito ci sarebbero JP Morgan, Hsbc e Bank of Tokyo-Mitsubishi. Non è escluso che anche le quotazioni del greggio finiscano ad essere modificate. Molto preoccupato il governo venezuelano: "Il prezzo scenderà ancora." D’altra parte anche altri Paesi sentono pesantemente gli effetti della crisi. L'Alaska sta reintroducendo le imposte sui redditi dei residenti dopo 35 anni di esenzioni, Oman e Venezuela prevedono di tagliare sensibilmente la spesa pubblica.
In effetti Arabia Saudita e gli altri Paesi del Golfo sono i più duramente toccati dalla crisi e sono i primi ad aver messo in atto misure di austerità. Il Sultanato dell'Oman ha annunciato un pesante calo delle spese a fronte al calo di entrate previsto del 26%.
Secondo l'agenzia russa Sputnik al meeting dell'Opec, tenutosi il 2 giugno a Vienna, cui erano stati invitati anche Russia, Oman e Azerbaigian, pur non facendo parte dell'organizzazione, l’unica nota interessante è stata la dichiarazione dell’inviato russo Vladimir Voronkov: "Credo che continuare a discutere del tema del congelamento dei prezzi del petrolio sia diventato completamente obsoleto a causa della crescita naturale dei prezzi. Questo tema riprenderà vigore nel caso di un forte calo dei prezzi". I risultati del recente incontro dell’Opec non influenzeranno i prezzi mondiali del petrolio. Lo ha sottolineato il vice primo ministro russo Arkady Dvorkovich. "No, non ci sarà alcuna influenza. Ci sono sempre problemi, quando ci sono delle aspettative e non si avverano o viceversa" ha detto.
Sembra comunque che l’Arabia Saudita stia valutando anche altre iniziative, inusuali per il Paese, come l’Ipo del colosso petrolifero Saudi Aramco o la costituzione di un nuovo fondo sovrano da oltre 2.000 miliardi di dollari.
Paolo Brambilla