Libri & Editori
In libreria Le guerre dei poveri di Raffaele Montesano (Annulli Editori)
di Alessandra Peluso
Raffaele Montesano narra un romanzo che ha odore e sapore della sua terra, quella lucana. È un romanzo popolare "Le guerre dei poveri", così lo definisce lo stesso Montesano, perché tratta del popolo con tutte le sue caratteristiche, fragilità, debolezze, genuinità, che negli anni Settanta, come forse ancora oggi, non sembra siano state intaccate dagli artifici del mondo circostante. Ed è per l'appunto la missione della casa editrice Annulli, trattare di storia locale, produrre cultura.
Si legge con occhi incantati il libro "Le guerre dei poveri". Si osservano gli abitanti di Borgo Nemone, un paesino sperduto sulle montagne lucane, si ammirano i paesaggi descritti dall'autore.
Nel paese, si sa, interessano i pettegolezzi, i vissuti di persone anonime che diventano personaggi famosi solo perchè attorno si costruiscono abilmente appassionanti fantasticherie, che si trasformano in vere e proprie "soap opera".
Ecco, pertanto, che persino le questioni nazionali come la prigionia di Moro, a Rosa, ad esempio, la protagonista della storia, non destava interesse; in fondo, alla povera gente l'unica incombenza era guadagnarsi il pane: "Rosa a malapena sapeva chi era Ado Moro, televisione non ne aveva e giornali non ne comprava. Sapeva le cose come fossero fattarieli di paese: per sentito dire. Si doveva alzare alle quatro la mattina e non aveva testa per queste vicende, tanto più che - Moro o non Moro - il latte se lo compravano lo stesso e a lei questo interessava".
Numerosi i personaggi che intrecciano il romanzo "Le guerre dei poveri": zia Tullina, Concetta, Roccuccio, don Michele, il quale assomiglia al "simpatico" don Abbondio descritto da Alessandro Manzoni.
Raffaele Montesano, l'autore, la voce narrante e alquanto generosa, si offre per dar voce al popolo lucano, anonimo, arroccato nel suo paesaggio aspro e pungente come le montagne, e al contempo attraente. Eh sì, attraggono "Le guerre dei poveri" raccontate da Montesano e il lettore si affeziona a questo mondo intimo, semplice, ma che tesse le origini e la cultura di un popolo. L'identità, in fondo, è questa, il sudore, la fatica, il cianciare delle persone che diventa "epos", la religione, le guerre tra famiglie rivali per un terreno non diviso in parti giuste. Emblema identificativo di un romanzo corale, di un tratteggio di vita del popolo lucano e del territorio, è rappresentato anche da un'"Ape Piaggio" illustrata in copertina da Luca Salce. È proprio così, infatti, un tempo l'"Ape" era un elemento di forza, di modernità di molti contadini del Sud.
Tuttavia, l'autore evidenzia parte della storia del Meridione, della Lucania in particolare, utilizzando toni pacati, con un piglio storico e con una narrazione che sa di buono, come la terra del Sud.
Sorge immediatamente all'orizzonte il pensiero meridiano di Camus, di Cassano o di Veneziani; fermamente convinto quest'ultimo della necessità di un pensiero limpido e solare per il Sud, prima ancora di un agire: "Bisogna pensare il Sud e restituirgli quel che ha perduto, la forza di specchiarsi e di narrarsi. Da qui la necessità che il Sud riprenda il suo racconto, si autorappresenti, si viva, si descriva e si pensi, su vari piani, storico e teorico, civile e ironico, sociale e sentimentale. Pensiero estetico prima che etico, e metafisico prima che estetico. Geospirituale" (Marcello Veneziani).
Con quest'ultima riflessione, il lettore come Diogene si aggira nell'Appennino lucano, lento, meditabondo, in cerca di verità e di luce; persino ne "Le guerre dei poveri" si potrà scorgere la bellezza limpida e cristallina.