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Sul filo del coraggio (di Anthony Caruana): la recensione

Sul filo del coraggio: un thriller con un linguaggio diretto che non si nasconde dietro a fronzoli o ghirigori inaspettati

L’estate corre sul filo nero del thriller tra colpi di scena, agguati, suspense e in questa atmosfera si dipana anche la storia raccontata da Anthony Caruana, più volte vincitore di concorsi prestigiosi, si presenta al pubblico con “Sul filo del coraggio” edito da Bertoni. Un ragazzo scompare nella città di Roma: le lunghe ricerche; ma, oltre al drammatico accadimento e alla cronaca Caruana, l’Autore, pone in evidenza l’esistere del giovane e le problematiche che appartengono a un’età forse poco ascoltata. Un racconto fitto. Angoscioso. Con un linguaggio diretto che non si nasconde dietro a fronzoli o ghirigori inaspettati, con dialoghi, riflessioni, parole dette che diventano voce tonale che sa raccontare stringenti, serratissime tematiche riguardanti lo sfascio di una famiglia, il tradimento, il contrasto dei ruoli tra padre e figlio.  Allo specchio niente più si riflette allo stesso modo. Niente è al proprio posto, neppure la coesistenza spaziale e la successione temporale garantiscono un’equilibrata interazione. Si legge: «Il silenzio è fastidioso. Mai come ora desidero il rumore assordante del traffico di una Roma ubriaca di euforia e stress. Padre e figlio sono l’uno di fronte all’altro» (p. 191). Si ricercano verità. Si vogliono abbattere le menzogne ma, il coraggio e il senso di pietà devono primeggiare per nascondere i timori, accettare gli errori. E se in ambito scientifico l’errore è consustanziale alla ricerca e alla conoscenza (G. Giorello), per l’agire umano l’errore comporta delle colpe, dei castighi, pene talvolta impunibili ma che perdonare risulta un atto doloroso che richiede tempo. E il tempo alle volte cura le ferite, altre le acuisce. Tuttavia il perdono e il coraggio appaiono in netto parallelismo.     

Sul filo del coraggio” è un romanzo intervallato da disegni, oltre alla scrittura i capitoli sono indicati in modo insolito: lettere dell’alfabeto, forse a comunicare che in fondo si possono trovare le parole adeguate ad amare, nonché codici a barre a risposta rapida. Il romanzo corre veloce e Anthony Caruana è un abile podista.  Non solo. I sentimenti vissuti dai lettori saranno molteplici, così come la voglia di sapere, di avere giustizia per il protagonista Lele e ascolto per le generazioni che vivono l’era del digitale, del progresso, della non presenza di parole, di dialogo. Di comprensioni. Sembra che Caruana voglia destarci dalla “cecità morale” nella quale annaspa la nostra società che usa, consuma, getta. Anche le relazioni. L’Autore dunque, evidenzia l’aspetto contraddittorio, conflittuale, nonché tragico che riguarda l’individuo, l’umano: il bene e il male e su questo binario scorre in parallelo la storia costellata da frame dove a ogni stazione il lettore guarda augurandosi una destinazione finale.  

“Pietro si vede vecchio davanti allo specchio. Fa fatica a tenere alta la carica erotica che ha azionato il suo testosterone, implacabile nel suo corpo appena qualche minuto fa. Si piace, si è sempre piaciuto. Arriccia le labbra e si tira la pelle sotto gli occhi per far scomparire le rughe. Pur provando da tempo niente per sua moglie, l’immagine della sua innocenza lo ha spiazzato” (p. 39). In altre parole, generazioni a confronto: adolescenti e adulti in una centrifuga di emozioni. Accanto al dramma può convivere l’amore che in tal caso non si dimostra affatto “liquido”, ma ancorato al senso della relazione, dell’impegno di responsabilità assunto tra genitori e figli.   

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