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MediaTech
Autostrade e il flop comunicativo: come gestire una crisi nell'era populista

Da Giorgio Tedeschi, esperto e importante consulente di comunicazione specialista in gestione delle crisi, riceviamo un’acuta analisi della comunicazione di Benetton e Atlantia in occasione  del  crollo del ponte Morandi a Genova

 

La nuova grammatica della comunicazione assunta a livello di Governo ha modificato anche il modo di relazionarsi pubblicamente con le istituzioni di esprimersi attraverso i media. Quello che fino a pochi mesi fa era un linguaggio del sottobosco guardato con un po’ di disprezzo da politici e intellettuali adesso è il linguaggio del potere. Una differenza che le aziende devono tenere in conto soprattutto quando sono necessari messaggi forti nelle situazioni di crisi. Una differenza che Atlantia non ha compreso e che ha moltiplicato l’effetto degli errori commessi. Ecco cosa è cambiato con esempi concreti.

Pochi minuti dopo aver letto il primo comunicato di Autostrade ho preso carte e penna e ho scritto all’amministratore Castellucci qualche suggerimento: esprima cordoglio per le vittime, andate sul posto adesso e mostrate la presenza dell’azienda, prendete le redini dei messaggi. Attivismo e collaborazione con i soccorsi a cui dare evidenza pubblica sarà anche un freno all caduta libera in borsa. 

L’azienda ha scelto diversamente e ha seguito uno schema da vecchio manuale della gestione delle crisi che prevede di conoscere bene i fatti prima di prendere posizione. Molto ragionevole ma che si è rivelato, come previsto, del tutto inappropriato in un mondo che è cambiato. 

Quando mi sono occupato della comunicazione di crisi dell’Ilva per la famiglia Riva la prima cosa che ho fatto è stato costruire documenti informativi, dossier tematici, informazioni basate su fonti accreditate. Poi c’è stata la formazione dei manager e strumenti propri di comunicazione da affiancare ai media tradizionali. Accadeva dieci anni fa ed è stato efficace. Ha permesso di resistere a chi ne chiedeva la chiusura.

Due anni fa nella gestione della crisi di Miteni (società di Icig Group che nasce come joint venture tra Mitsubishi e Enichem), una crisi ancora in corso con epicentro nel Veneto, si è dimostrata efficace la diffusione di informazioni oggettive a contrasto di dati fantasiosi e drammatici diffusi sui social network da associazioni che operano in modo efficace e organizzato. Il linguaggio sui social è quello tipico del populismo ma di fatto chi legge i media tradizionali ne è ormai influenzato profondamente e i giornalisti ne tengono conto negli articoli. In quel contesto le istituzioni hanno conservato un ruolo formale, con comportamenti basati prevalentemente su dati di fonti accreditate. In questo ultimo anno però si è verificato un cambiamento che ha visto una progressiva rincorsa all’uso di termini forti, emotivi anche dai rappresentanti delle istituzioni.

Poi il populismo è andato al governo e tutto è cambiato. Per le dichiarazioni istituzionali non è più necessario avere informazioni attendibili per esprimere opinioni ma le opinioni esprimono quello che la gente vuole sentire. Si è arrivati al livello più elevato del potere in cui le istituzioni non sono più garanti dei fatti ma, almeno nelle dichiarazioni, rispondono prevalentemente alla logica della propaganda. Uso il termine in senso tecnico non qualitativo. La vicenda Autostrade è una dimostrazione chiara di cosa abbia comportato questo cambiamento. Alcuni ministri dopo poche ore dai fatti non solo attribuiscono responsabilità ma annunciano anche azioni istituzionali conseguenti. Non importa che poi sarà necessario rettificare, rivedere, rivalutare quanto detto nella fase di comunicazione emotiva, ciò che importa è dare una risposta immediata, forte all’esigenza di giustizia e all’indignazione della popolazione.

I difetti di comunicazione di Atlantia sono stati amplificati dal non avere considerato questo cambiamento grammaticale in cui gli aggettivi non sono più frenati dalla mediazione culturale del ruolo e della funzione ma hanno libero sfogo e tempi di rilascio azzerati. La completa mancanza di riferimenti alle vittime nella comunicazione di Autostrade è stata un errore grave di per sé ma amplificato dalle dichiarazioni istituzionali sulla mancanza di umanità da parte dell’azienda fatte dai ministri. Un commento che difficilmente un politico al governo avrebbe fatto in modo così esplicito prima di questo nuovo corso.

La completa mancanza di simboli dell’azienda sul luogo e quindi nelle riprese televisive è un esempio di un’altra grande differenza rispetto al passato. Far vedere il marchio vicino a una tragedia era un errore fino a poco tempo fa mentre oggi in un caso come questo era necessario. Rappresentare il fatto di governare le azioni è diventato più importante che correre il rischio di abbinare il proprio logo a un fatto negativo.

Poi questo nuovo mondo populista chiede di metterci la faccia e di farlo subito. Dico sempre a chi deve affrontare una crisi che prendersela con un marchio inanimato è facile ma è molto più difficile prendersela con una persona che lo rappresenta ed è ben preparata sul creare empatia. Nel caso di Autostrade l’intervento è stato tardivo e la conferenza stampa preparata in modo non adeguato. A causa dei ritardi nel prendere la parola sul tema emotivo l’unica leva su cui poteva far forza l’azienda erano i soldi che ci metteva. Ma anche su questo è stata fatta grande confusione scegliendo contenuti e contesto poco adatti alla nuova ricetta di una comunicazione che deve considerare la propaganda come un elemento sostanziale e non più complementare della comunicazione istituzionale. Fino ad ora Autostrade non ha trasmesso una vera notizia, non ha saputo creare quel messaggio basato sulla moneta sociale che le persone possono trasmettersi l’un l’altro raccontando che l’azienda ha fatto qualcosa di inaspettato e positivo. Qualcosa in più, anche piccolo ma in aggiunta a quello che si dà per dovuto. Il ministro Salvini con la sua sintesi efficace da nuovo corso ha detto che Autostrade mettendoci i soldi “ha fatto il minimo sindacale”. E con il minimo sindacale non si salva la reputazione delle aziende.

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