Medicina
Diabete, allarme epidemia diabete urbano: 1 malato su 2 vive in città
Allarme epidemia diabete urbano: oltre il 50% degli italiani affetti da diabete vive nelle 14 città metropolitane, colpa dello stile di vita
DIABETE URBANO, COLPITO 1 MALATO SU 2: LA NUOVA EPIDEMIA SI DIFFONDE NELLE CITTÀ ITALIANE COLPA DEGLI STILI DI VITA
E' stato definito "diabete urbano" perché' è un male che colpisce prevalentemente chi vive in città. si stima infatti che in Italia le persone con diabete siano 3,27 milioni, di cui il 52 per cento risiede nelle 14 città metropolitane. Questo e' quanto emerso in occasione del congresso Nazionale della Società Italiana di Diabetologia (Sid), che si svolge a Rimini fino al 19 maggio. "Il problema del diabete urbano - ha spiegato Giorgio Sesti, presidente della Sid - è un problema globale. L'International Diabetes Federation (IDF) prevede che nel 2045 i tre quarti della popolazione diabetica vivranno nelle metropoli o in citta'. Inoltre, si sta assistendo ad un incremento dell’obesità in coloro che vivono in aree urbane rispetto a quanti vivono in ambienti rurali. Per sensibilizzare le istituzioni e i cittadini la Sid ha aderito al progetto Cities Changing Diabetes allo scopo di promuovere stili di vita virtuosi". La colpa di questa emergenza urbana, secondo gli esperti, sarebbe dei cattivi stili di vita. Da un'analisi condotta sulla città di Roma, infatti, emerge che nei distretti a piu' alta prevalenza di diabete e' piu' alta la percentuale di soggetti che si muovono con mezzi privati, mentre e' risultata inferiore la quota di residenti che si muove a piedi o in bicicletta.
ALLARME DIABETE: È EPIDEMIA DI DIABETE URBANO, 1 MALATO SU 2 VIVE IN CITTÀ
Questa osservazione ha evidenziato la forte correlazione tra diabete e stili di vita e l'importanza dell’attività fisica per contrastare l'aumento dei casi di diabete nelle città. Per esempio, nei distretti dove si riscontra una minor percentuale di persone con diabete (5,9 per cento) oltre il 20 per cento delle persone si muove a piedi o in bicicletta e il 52 per cento utilizza un trasporto privato (automobile o motorino). Dove invece si riscontra una maggior percentuale di persone con diabete (7,5 per cento) la percentuale di persone che si sposta a piedi o in bicicletta scende al 12 per cento e sale al 62 per cento quella delle persone che utilizza un mezzo privato. Inoltre, i distretti con più alta prevalenza di diabete si caratterizzano per un più elevato tasso di disoccupazione e una piu' bassa percentuale di laureati/diplomati, ma anche per un più basso indice di vecchiaia. "Questi dati sottolineano come, in un ambito urbano, il basso stato socioeconomico rappresenta un fattore importante di vulnerabilita' per il diabete", ha detto Antonio Nicolucci, Direttore Coresearch - Center for outcomes research and clinical epidemiology." Considerato che l’età rappresenta assieme all’obesità il principale fattore di rischio per il diabete, è importante enfatizzare che nonostante il più basso indice di vecchiaia di tipo 2, i distretti più svantaggiati dal punto di vista socioeconomico presentano una prevalenza più elevata di diabete. Questo vuol dire che in condizioni di vulnerabilità socio-culturale, il diabete non solo e' piu' frequente, ma insorge anche più precocemente nel corso della vita", ha aggiunto.
DIABETE: RICERCA ITALIANA AL TOP, MA FONDI SONO SCARSI
La ricerca italiana in diabetologia e' tra le piu' quotate del mondo. Ma i fondi sono molto pochi. Anche questo dato è emerso in occasione del congresso Nazionale della Societa' Italiana di Diabetologia a Rimini. I circa 500 ricercatori impegnati nelle universita' e negli ospedali hanno prodotto dal 2000 ad oggi oltre 5 mila pubblicazioni su riviste internazionali, spesso sulle piu' prestigiose del settore. Le agenzie che censiscono e valutano la ricerca collocano la ricerca italiana in diabetologia al primo posto nel mondo, quando i suoi prodotti vengono rapportati ai magri finanziamenti pubblici. Si stima una media di circa 8 mila euro all'anno per singolo ricercatore. La Fondazione Diabete Ricerca Onlus, spin off della Societa' Italiana di Diabetologia, nata nel 2000 e affiancata dalla omonima Associazione Onlus, ha la mission di raccogliere fondi per la ricerca in diabetologia dal settore privato e di distribuire finanziamenti ai ricercatori su base competitiva. Grazie a importanti contributi non condizionati ricevuti da MSD Italia ed Eli Lilly Italia, la Fondazione negli ultimi anni ha potuto distribuire numerose borse di studio a giovani ricercatori e assegnare rilevanti finanziamenti a diversi progetti di ricerca nel campo del diabete. "Si tratta di contributi - ha detto il presidente della Fondazione professor Enzo Bonora - che speriamo in futuro di ricevere ancora e possibilmente anche da altre aziende farmaceutiche e da aziende e istituzioni non necessariamente legate al mondo della sanita' e del diabete in particolare. E speriamo di meritare donazioni dal grande pubblico. La Fondazione e l'Associazione ricevono ogni tanto contributi da privati cittadini ma si tratta ancora di pochi benefattori, nulla a che vedere con la amplissima schiera di sostenitori su cui possono contare le associazioni che finanziano la ricerca sui tumori o sulle malattie genetiche o neurologiche". Ma qualcosa si sta muovendo. Negli ultimi mesi, sulla scia di alcune campagne di sensibilizzazione condotte in rete e sulla carta stampata e grazie a spettacoli di beneficenza organizzati in alcune città, sono stati raccolti più fondi che in passato. "Abbiamo i ricercatori migliori del mondo - ha concluso Bonora - ed è un peccato che siano poco sostenuti dal pubblico nonostante il diabete riguardi 4 milioni di italiani e causi ogni anno oltre 100 mila decessi. Abbiamo bisogno che tante persone ci aiutino nella nostra sfida quotidiana alla malattia. Il diabete, come scriviamo anche nella nostra campagna, è un bastardo e va arrestato proprio con la ricerca".
DIABETE: MORTI PIÙ BASSA TRA PAZIENTI SEGUITI DA CENTRI
Per molte persone con diabete essere seguiti da un centro diabetologico puo' fare la differenza tra la vita e la morte. Lo dimostra una recente metanalisi di studi italiani, pubblicata sullalla rivista Nutrition, Metabolism and Cardiovascular Disease, e presentata in occasione del congresso Nazionale della Societa' Italiana di Diabetologia. La ricerca si basa su dati prospettici raccolti in Lombardia (7 ASL), Veneto (Verona) e Piemonte (Casale Monferrato) e ha evidenziato che le persone con diabete assistite anche presso i centri diabetologici presentano una mortalita' per tutte le cause ridotta del 19 per cento. Un dato che emerge anche dopo aver apportato gli opportuni aggiustamenti statistici per sesso, eta' ed alcune variabili potenzialmente confondenti. Ne consegue che basta assistere solo 17 pazienti per 10 anni presso un centro diabetologico per prevenire un evento fatale. "Si tratta di un dato molto rilevante, perche' sovrapponibile o addirittura migliore di quello osservato in prevenzione secondaria usando le statine per ridurre il colesterolo, oppure gli ACE-inibitori per ridurre la pressione arteriosa", ha detto Enzo Bonora, past-president della Societa' Italiana di Diabetologia e primo autore dell'articolo. "Statine e ACE inibitori sono considerati farmaci 'salvavita' e, analogamente la visita presso il centro diabetologico dovrebbe essere a pieno titolo considerata un 'salvavita'. L'addestramento alla gestione della malattia (al quale contribuiscono infermieri e dietisti esperti, che affiancano i diabetologi nei centri), lo screening e la stadiazione delle complicanze, l'uso delle tecnologia piu' moderne per il monitoraggio, l'utilizzo di tutto il vasto armamentario terapeutico a disposizione del diabetologo, l'esperienza maturata nell'assistere migliaia di persone, sono fattori - ha aggiunto - che nel loro complesso possono spiegare perche' chi viene assistito anche presso i centri diabetologici presenti una ridotta mortalita'". La legge 115 del 1987 e il Piano Nazionale Diabete raccomandano che la cura delle persone con diabete in Italia comprenda anche delle visite periodiche presso i centri diabetologici (sono oltre 500, distribuiti in tutta ltalia). E i risultati di questo studio avvalorano e supportano questa raccomandazione. "Al momento attuale - ha detto Giorgio Sesti, presidente della Societa' Italiana di Diabetologia - solo la meta' delle persone con diabete frequenta i centri diabetologici. Visti questi risultati, sarebbe raccomandabile che anche gli altri cominciassero a frequentarli, nella piena applicazione della gestione integrata fra medici di famiglia e centri specialistici, che e' il modello assistenziale propugnato dal Piano Nazionale Diabete".
DIABETE, ARRIVA IL MICROSENSORE SOTTOCUTANEO PER MONITORARE LA GLICEMIA FINO A 6 MESI
Sempre in occasione del congresso Nazionale della Società Italiana di Diabetologia di Rimini, Roche Diabetes Care Italy ha annunciato l’arrivo di Eversense XL, il primo sensore impiantabile per il monitoraggio continuo della glicemia (CGM), progettato per la rilevazione continua dei valori di glucosio nel sangue fino a 180 giorni. Eversense XL viene inserito durante una seduta ambulatoriale di pochi minuti. Il sensore viene impiantato a livello sottocutaneo sulla parte superiore del braccio. È sufficiente un’incisione millimetrica per l’inserzione del sensore e l’impianto è eseguito in anestesia locale. “Le persone con diabete eleggibili all’utilizzo di questo sistema potranno tenere sotto controllo i valori glicemici in qualsiasi situazione, in modo completamente automatico e fino a 180 giorni”, ha commenta Massimo Balestri, Amministratore Delegato di Roche Diabetes Care Italy