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Milano
Agenzia del farmaco, i diritti Lgbt frenano la corsa di Milano
Assegnazione dell'Ema: le richieste della comunità Lgbt

Agenzia del farmaco, la voce dei dipendenti Lgbt di Ema


Che la partita per portare l'Agenzia del farmaco a Milano non sarebbe stata una passeggiata lo si era ormai capito da tempo. Palazzo Marino è ora impegnato nel massimo sforzo per aggiudicarsi l'Ema, coadiuvato dal Governo e dalla Regione. Ma alla concorrenza agguerrita di altre 18 città candidate per subentrare a Londra si aggiunge ora un elemento del tutto particolare ma che potrebbe rivelarsi determinante: il parere della rappresentanza omosessuale all'interno dei dipendenti dell'Agenzia del Farmaco stessa, che hanno fatto sentire la propria voce per chiedere che alla cosmopolita capitale inglese succeda una città altrettanto aperta nei confronti dei diritti Lgbt. L'indiscrezione giunge dalla Spagna, e dal quotidiano liberal La Vanguardia, stampato a Barcellona, proprio una delle città in lizza. 

Ema, la richiesta dei dipendenti: "Si scelga una città che tuteli i diritti"


Sulla scrivania del direttore dell'Ema Guido Rasi, spiega il quotidiano, è giunto un documento firmato ad oggi da 319 dipendenti, circa un terzo del totale. Tra essi, i 50-70 Lgbt. Nella comunicazione, si parla di un "rischio reale" che i dipendenti omosessuali si trovino ad essere "privati di alcuni diritti fondamentali" in caso l'Ema si trasferisca in un Paese la cui legislazione non riconosca pienezza di diritti civili per le persone omosessuali. Il ragionamento dei dipendenti è che qualcuno potrebbe anche scegliere suo malgrado di lasciare il lavoro, indebolendo l'Agenzia stessa dal punto di vista del capitale professionale. L'appello è quindi affinchè Bruxelles valuti attentamente le possibilità di "accesso al mercato del lavoro, la sicurezza sociale e l'assistenza medica per figli e parenti" di tutti i propri dipendenti.

Ema, Amsterdam e Barcellona avvantaggiate su Milano. E Vienna...


Come può incidere questo fattore sulla candidatura di Milano? La stessa La Vanguardia rileva che il documento dei dipendenti pare soprattutto mirato a scongiurare l'assegnazione a città di Paesi dell'Est come la Polonia, la Romania, la Bulgaria, la Slovacchia della temibile Bratislava. Bene, dunque, da un lato. Male però se si considera quanto su questo fronte siano più avanti Barcellona o Amsterdam, città nelle quali da tempo sono riconosciuti non solo le semplici unioni civili ma anche i matrimoni omosessuali. Milano potrebbe dunque pagare lo scotto di poter mettere sul piatto una legislazione meno evoluta in tal senso rispetto a quella spagnola o olandese. Stessa situazione per Vienna, la cui comunità Lgbt si è tuttavia già prodigata, riferisce il quotidiano catalano, scrivendo alla Commissione europea per elogiare l'apertura della città nei confronti dei diritti degli omosessuali. Un fattore, quello del "placet" della comunità Lgbt, che le più serie pretendenti non stanno dunque affatto trascurando. E Milano?

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