Milano
Ecco perché il Gratosoglio di Mahmood è il laboratorio politico di Milano
di Fabio Massa
E niente, alla fine adesso il Gratosoglio lo conosceranno tutti. Per qualche giorno, quantomeno. Per merito di Mahmood, pseudonimo di Alessandro Mahmoud, figlio di un egiziano. Milanese. Milanese di quei milanesi ignorati dalla fighetteria del centro, che sia di destra e di sinistra. Prototipo di quella generazione di periferia che è altro, rispetto all'immigrazione degli anni sessanta e settanta. Seconda generazione, per lui: la mamma è sarda.
E' una generazione ignorata e anche un po' ignorante, se non si sforza di emendarsi. Vi appartengo pienamente. Proprio a quei posti, io appartengo. Alle torri bianche di Ligresti, che Dio l'abbia in odio, che ha costruito formicai di degrado per due soldi in più. Alla fermata del "3", il tram che collega Rozzano, che ha il suo centro cittadino in un centro commerciale (il Fiordaliso, laddove sorgeva un tempo l'Innocenti), al centro di Milano. Alle scuole superiori, per dirne una. Poco dopo, via Saponaro, dove c'erano i profughi. Poco dopo ancora, l'ex cartiera di Verona, poi diventata cartiera Saffo. Poi diventata enorme centro di vendita di auto, pare di proprietà cinese. Ci fu un po' di polverone, con quelli di Forza Nuova ad attaccare i volantini sui pali. E poi più nulla. Perché le periferie digeriscono tutto, assimilano. Per i ragazzi cresciuti tra il Fiordaliso e via De Santis, Palmieri, Neera, Gratosoglio è tappa obbligata. A Rozzano, poco più giù, qualche anno fa ci fu una polemica sulla festa di Natale. Arrivarono tutti, da Salvini in giù. Grosse tonnare di giornalisti. Che ogni tanto si imbattevano in un immigrato che rispondeva sempre allo stesso modo: no, no, noi facciamo partecipare i nostri figli alle feste di Natale. Ma che scherziamo?
La vittoria di un cantante di origine egiziana al festival della Canzone Italiana adesso verrà usata dalle parti opposte. Per la sinistra salottiera, quella che candidamente a certe riunioni afferma che "dobbiamo andare in periferia, visto che non ci abitiamo", Mahmood è diventato improvvisamente Mozart. Per gli altri, per la Lega, uno che ha le corde vocali troppo corte. Il Movimento 5 Stelle sta zitto. Perché là, là dentro il Gratosoglio, là dentro le periferie sta germinando il loro consenso. Forte, parte dal basso. Quelli che la Lega non la voteranno, perché hanno il padre, lo zio, il fidanzato, il pusher, il vicino di pianerottolo extracomunitario. Quelli che voteranno 5 Stelle perché il reddito di cittadinanza arriverà proprio là, a chi non ha una casa e un reddito bassissimo. Quindi, le case popolari. Esempio perfetto, laboratorio perfetto.
Intanto comincia la campagna elettorale di Milano. Salvini che sale su un muretto e incita alla lotta. Beppe Sala che si arrabbia con Attilio Fontana e viceversa. E i piccoli segnali che sfuggono, come quel contatore che Stefano Bolognini, fedelissimo del Capitano, insieme al presidente di Aler (un altro Sala, ohibò, ma Angelo) ha voluto rendere pubblico sulle case sfitte. Segno che là si gioca tutto, tra reddito di cittadinanza, torri bianche, diritti, degradi. E un cantante con un cognome della cui canzone non frega un cazzo a nessuno.
fabio.massa@affaritaliani.it