Caro Matteo “petaloso” ti scrivo. La satira irriverente di I Hate
Caro Matteo,
perdonami per la brutalità di questa lettera, ma devo assolutamente chiarirti adesso quello che altrimenti rischia, un domani, di trasformarsi in problema o patologia o complesso che nel migliore dei casi ti porterà alla depressione, nel peggiore a farti diventare giornalista.
Tu, Matteo, non sei un genio. E nemmeno un esperto di parole nuove con tanta fantasia. Sei un bambino un po’ pigro, forse anche un pochino somarello, sicuramente molto furbo. Talmente furbo che invece di fare per bene l’esercizio che la maestra con quegli improponibili capelli ti ha assegnato – scrivere una frase composta da un nome e un aggettivo, roba che nemmeno quando eri all’asilo – e correre a guardarti i cartoni animati alla tele hai buttato li la prima parola che ti è venuta in mente. Una parola banale, senza guizzo, esattamente come banale e senza guizzo è la faccia dei politici che vedi alla TV quando i tuoi guardano il tggì (anche quando erano piccoli mamma e papà i politici avevano la faccia banale e senza alcun guizzo: ma ora ancora di più).
Il fatto è che viviamo in tempi difficili, tempi in cui abbiamo tanti e tali problemi che se dovessimo davvero pensare a quello che rischiamo ogni giorno ce ne staremmo in casa paralizzati dalla paura. Pensa a tutti i soldi che mamma e papà guadagnano con il sudore della fronte: lo sapevi Matteo, che dall’oggi al domani, quei soldi potrebbero sparire, puf!, come dopo una magia di Mago Merlino? E’ successo a tanti bambini che vivono in un posto chiamato “Etruria” e che adesso sono molto tristi, e i loro genitori pure. E questo, caro Matteo, è solo un problema tra i tanti.
E così, Matteo, questi signori adulti cercano – ogni giorno – di inventarsi delle stupidate di cui parlare, proprio come quando tu e i tuoi compagni, prima di un compito in classe, cercate di allontanare la tensione e di farvi coraggio raccontandovi le barzellette. Hanno paura, Matteo.
L’altro giorno, per puro caso, è successo che si sono messi a parlare di te, e di quell’errore che hai fatto per finire presto un compito. E’ stato un caso: proprio come quando, per caso, apri un ovetto Kinder e ci trovi dentro la sorpresa che volevi. Non sei stato bravo tu, è stato solo un caso. Ogni tanto parlano del traffico e delle macchine che ci avvelenano, altre del campionato di calcio altre ancora dei fidanzati di qualche bella signorina famosa. Ieri è toccato a te e al tuo errore.
E come hai visto, questi adulti sono così impauriti e – diciamocelo – così stupidini che finiscono per credere alle loro stesse bugie, più ne parlano e più ci credono. Così, il tuo errore è arrivato fino alle orecchie del più spaventato di tutti, un signore che si chiama come te e fa il Presidente del Consiglio e che ogni giorno, per lavoro, pensa “come faccio oggi a distrarre le persone per non dire loro come stanno veramente le cose?”.
Insomma Matteo, questi “stupidosi” ti hanno preso tutti in giro. Ma tu, che sei molto furbo, devi prendere in giro loro. Non convincerti di essere, come ti stanno dicendo tutti, un bambino speciale. Non lo sei. O meglio, lo sei come tutti gli altri, come tutte quelle migliaia e migliaia di bambini che ogni giorno si inventano per gioco una parola copiata dalle pubblicità in TV, senza che nessuno vada da loro a fargli l’applauso.
Quelli non normali, Matteo, sono gli adulti, a cominciare dalla tua maestra, che ora ti esibisce davanti alle telecamere come un trofeo, come se tu fossi un tacchino che certifica quanto brava sia lei. Quelli si che hanno qualcosa di davvero speciale: la loro voglia di apparire a tutti costi.
Dimostragli che da loro sei diverso, Matteo. Torna a fare la tua vita di bambino che voleva semplicemente levarsi dalle scatole un compito un po’ stupido. Diglielo: non sono un genio, volevo solo correre a giocare! E se continuate a rompere, invece che inventarmi una parola, vi grido quella parolaccia parolacciosa che tutti conoscete!