Lavoro, la fuga dei manager lombardi: "Colpa di fisco e regole volatili"
L'indagine condotta da Aldai-Federmanager: solo un manager su tre ha fiducia nelle opportunità di lavoro in Italia
Non solo giovani e ricercatori: anche i manager guardano con attenzione oltre confine per cercare opportunità professionali che il nostro Paese non offre. È quanto risulta da una indagine tra i dirigenti e i quadri apicali lombardi, promossa da Aldai-Federmanager (la maggiore organizzazione territoriale del sistema Federmanager, polo di competenze e punto di riferimento per i servizi ai manager oltre che partner del sistema industriale). Rispetto alle potenzialità del mercato del lavoro, solo il 33% dei manager intervistati, infatti, nutre aspettative positive sulle opportunità di lavoro in Italia, mentre una percezione diametralmente opposta riguarda le potenzialità del mercato del lavoro estero con il 79% dichiara di intravvedere concrete possibilità di poter lavorare anche oltreconfine con una mansione dirigenziale.
“Per tornare ad essere un Paese competitivo, l’Italia deve premiare merito e competenze e rivedere il sistema fiscale che grava in modo abnorme su chi, come i dirigenti, ricopre grandi responsabilità e dichiara redditi più elevati”, afferma il Presidente Aldai-Federmanager, Romano Ambrogi.
L’ "osservatorio" fa parte di un’ampia azione di ascolto dei propri associati in cui Aldai-Federmanager e le altre associazioni territoriale lombarde hanno scelto di impegnarsi avviando un Piano di Sviluppo Associativo triennale (2016-2018) che ha visto condivisione da parte della Federazione. L’indagine, realizzata on-line, ha coinvolto i circa 18mila manager aderenti alle associazioni territoriali di Federmanager delle provincie lombarde (Milano, Bergamo, Brescia, Como, Cremona, Lecco, Mantova, Varese).
“La partecipazione a questa survey è stata molto alta – aggiunge il vicepresidente Bruno Villani, promotore e animatore del Piano di Sviluppo Associativo – questo è un dato che ci motiva a continuare in questa direzione con la massima determinazione”.
Dallo studio emerge anche un diffuso clima di sfiducia dei manager lombardi rispetto al contesto economico, sociale e del welfare pubblico italiano. Una diffidenza che nasce anche dal fatto che più di un quarto degli intervistati attivi dirige aziende in difficoltà (26%) e solo il 36% dichiara di operare in aziende che attraversano una fase di stabilità. Particolarmente pessimistiche sono le previsioni che riguardano l’andamento dei prossimi 4-5 anni del mercato domestico, che per il 36% degli intervistati subirà una contrazione mentre la maggioranza (52%) ritiene che sarà il mercato estero a crescere.
Secondo i manager lombardi, le principali leve individuate sulle quali puntare nei prossimi anni per garantire competitività alle imprese sono l’innovazione tecnologica e di processo (95%), l’internazionalizzazione (88%), il marketing e la valorizzazione dell’immagine (86%) e l’Industry 4.0 (77%). Non secondarie risultano il welfare aziendale (76%) e la CSR, responsabilità sociale d’impresa (75%).
Alla emorragia di manager dovuta alla crisi (la Lombardia, nel 2015, ha perso 2.792 manager) si aggiunge quindi anche un concreto rischio di “fuga di capitale umano manageriale” verso l’estero, più attrattivo. “Il capitale umano è il fattore più importante per lo sviluppo di aziende ed economie e all’interno del sistema Paese i manager ne rappresentano il volano. Fare il manager in Italia è più difficile e faticoso che negli altri paesi europei, specie a causa della burocrazia”, osserva il presidente Ambrogi: “Basti pensare che nella Penisola abbiamo oltre 150mila leggi contro le poche migliaia dei principali partner in Europa. Non solo, da noi le regole amministrative e fiscali cambiano ogni anno, mentre negli altri sistemi sono stabili”.
Per affrontare il cambiamento, Aldai-Federmanager e le Associazioni territoriali lombarde hanno concepito un nuovo Piano di Sviluppo Associativo triennale che prevede azioni concrete per il loro sviluppo, finalizzate alla soddisfazione delle aspettative dei soci attuali e futuri, promuovendo senso di appartenenza alla categoria e rafforzandone l’identità. Obiettivo: giocare un ruolo proattivo nei tavoli decisionali per la crescita e lo sviluppo del Paese.